Educazione: un compito da svolgere per attuare una vera giustizia. Su questa tesi, con espresso riferimento al mondo carcerario, c’è stato il consenso di tutti gli intervenuti alla tavola rotonda svoltasi alle 15 nella sala Mimosa e che ha visto la partecipazione di Salvo Andò, rettore della Libera Università Kore di Enna, Nicola Boscoletto, presidente del Consorzio sociale Rebus, Ettore Randazzo, avvocato, già presidente delle Camere penali, Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà e docente di Statistica metodologica presso l’Università di Milano Bicocca, Paolo Sciumè, avvocato e direttore della rivista “Non Profit”. A moderare l’incontro Andrea Simoncini, docente di Diritto costituzionale all’Università degli studi di Firenze e coordinatore scientifico della stessa rivista. Trattenuti da impegni di lavoro, non sono intervenuti Guido Brambilla e Giovanni Maria Pavarin, entrambi Magistrati di sorveglianza, il primo del Tribunale di Milano, il secondo di quello di Padova, i quali hanno fatto pervenire tuttavia i propri interventi scritti, di cui Simoncini ha letto i passaggi fondamentali. Negli stessi si sottolineava l’importanza di prevedere strutture alternative al carcere per gli indagati in attesa di giudizio (c.d. “carceri leggere” sul modello spagnolo). Tale preoccupazione è stata condivisa e ripresa negli interventi di altri relatori, soprattutto dell’avvocato Randazzo, preoccupato della natura di pena anticipata della custodia cautelare, applicata a persone che per la nostra Costituzione sono in realtà presunti innocenti e che potrebbero restare tali anche dopo il giudizio.
Vittadini, nel primo intervento del pomeriggio, aveva denunciato un clima giustizialista, che accomuna parte della società civile e dei partiti politici, per il quale l’importante è che il colpevole paghi per quello che ha fatto, senza necessità di una rieducazione, prevista invece dall’art. 27 della nostra Costituzione. Proprio alla luce di tale disposizione costituzionale, il lavoro di enti non profit nella rieducazione dei carcerati offre una risposta concreta, importante per una ripresa della dignità umana.
Una testimonianza relativa al rapporto instaurato con i carcerati quella di Boscoletto, che ha evidenziato che non c’è bisogno di aspettare nuovi interventi legislativi per poter incominciare a rispondere al bisogno vero dei carcerati di recuperare il senso della propria vita, pur dopo il male fatto. “I detenuti cambiano più per gesti veri di gratuità e di carità ricevuti, che per migliori servizi, pur auspicabili, nella struttura della vita carceraria”: questo il giudizio dato da Boscoletto dopo aver letto la lettera scrittagli da un detenuto, a seguito di un incontro tenutosi nel carcere di Padova con Rose Busingye, responsabile del Meeting Point di Kampala ed altri amici della comunità cristiana ugandese.
Andò, già esponente di spicco del partito socialista, si è soffermato sulle difficoltà della politica di attuare una riforma della giustizia e sui frequenti conflitti che si sono avuti, nel tempo, tra politica e mondo della giustizia, a cominciare da quello che avevi visti coinvolti il defunto presidente Cossiga ed il Csm. “La legalità – ha concluso polemicamente – è diventata oggetto di conflitto e di scambio politico, per cui ognuno si prende un pezzo di Costituzione” .
(M.B. – A.M.)
Rimini, 22 agosto 2010