72. Fondazioni per un mondo che cambia

Press Meeting

Il primo a parlare è stato il cardinale Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio consiglio Cor Unum, che ha presentato una relazione dal titolo “Opere di carità della Chiesa”. “Per molti contemporanei, la Chiesa si identifica con l’aiuto alle persone che si trovano nel bisogno e nella miseria”, ha esordito monsignor Cordes. “Ma se questo amore per il prossimo non è contestato quasi da nessuna parte dell’opinione pubblica, tanto che ci sono neobuddisti e neoinduisti che hanno incominciato a farlo a imitazione dei cristiani, la Chiesa deve salvaguardare la sua identità e le sue convinzioni anche nel fare il bene”. Per questo il cardinale mette in risalto alcune differenze tra caritas e filantropia raccontando la genesi dell’enciclica di papa Benedetto XVI “Deus caritas est”.
Il dicastero Cor Unum aveva preparato per papa Giovanni Paolo II una bozza di documento, ma la malattia del pontefice ne ha impedito la visione e quindi la morte ha fermato la stesura. Papa Benedetto ha richiesto subito la bozza, ma, ha aggiunto il cardinale Cordes, “il papa, tuttavia, nella sua redazione del testo, ha capovolto lo schema della mia bozza. Comincia con l’affermazione fondamentale: ‘Dio è amore’. Così facendo egli afferma la priorità assoluta di ‘Colui che ci ha amati per primo’”. Così il papa corregge “un grave malinteso nella Chiesa, che oscura la sua natura”. Il cardinale si è poi soffermato alcuni attimi sulla sua visita a due mostre, quella sugli affreschi di Siena e quella su Ulisse: “Si arriva a Dio anche con l’opera dell’uomo, ma occorre guardare più in là”. Gesù Cristo ha unito i due precetti ebraici dell’amore per Dio e per il prossimo in un unico comandamento “e nei suoi miracoli ha sempre sottolineato che guariva sì il malato, ma ne sottolineava anche la necessità che fosse salvato”. “Questo legame indissolubile dell’amore di Dio e del prossimo – è la conclusione – è l’appello più attuale per le opere di carità della Chiesa”. Il cardinale ha poi concluso citando un brano della meditazione teologica che papa Benedetto ha pronunciato alla presentazione dell’enciclica.
Ha preso quindi la parola Christoph Böhr, esperto di Scienze politiche e direttore della Commissione valori della Cdu (Unione cristiano democratica tedesca), presentando due osservazioni. La prima è “il fatto che non ci sono dubbi sul cambiamento della società nel senso che più nessuno è disposto ad ascoltare le autorità”. Ma senza un’autorità che società è? Si cade nel relativismo. E l’opinione pubblica ascolta solo chi parla forte e chiaro. Se prima le sedi di dibattito sui temi riguardanti la società erano i parlamenti, le chiese, le associazioni, “ora in Internet c’è uno scambio di opinioni che molte volte formano l’opinione pubblica, alla quale spesso la politica obbedisce”.
La seconda osservazione verte sul fatto che, “se la società vuole autodeterminarsi senza autorità, occorre ripensare al tipo di società nel quale si vuole vivere”. Il parere di Böhr è che occorra costruire una società che rispetti la dignità dell’uomo e che ognuno possa vivere con il lavoro delle proprie mani “che non è, come dice il dogma marxista, alienazione, ma che, come ha detto papa Giovanni Paolo II, dà dignità all’uomo”, perché grazie al suo lavoro l’uomo diventa più uomo. Sono perciò necessarie nuove politiche economiche che non si basano sui capitali per rivalutare il lavoro. Come uscire da questa situazione? “La crisi ha mostrato che l’economia ha perso l’equilibrio tra capitale e lavoro – è la risposta del relatore – noi come cristiani siamo chiamati a pensare a un nuovo modo di fare economia”.
La parola è andata poi a Rocco Buttiglione, vicepresidente della Camera dei deputati, con accenti di nostalgia per i Meeting a cui aveva partecipato e riconoscendo che il Meeting e lo spirito di don Giussani sono ancora ben vivi. Ha iniziato a commentare il titolo: il cuore desidera cose grandi, ma la cultura greca vedeva questo desiderio come una sciagura perché il fare cose grandi implicava tragedie per gli altri, la ybris che scatenava l’ira degli dei. Nel cuore che ha grandi desideri, ha proseguito con tono accattivante, c’è un che di demoniaco: i grandi uomini hanno sempre provocato grandi catastrofi, l’uomo che vuole la libertà assoluta produce terrore. Invece “ciò che salva il cuore che ha grandi desideri è l’incontro con colui che dà la risposta adeguata, Gesù Cristo”. Esempio? Miguel Maňara dell’omonima opera dello scrittore dei primi del novecento Milosz, che con la penitenza incontra la via dell’amore. Questo desiderio grande poi diventa storia, per esempio nel Movimento cristiano democratico che poi ha perso la sue origini ideali e di conseguenza è decaduto. “Ora, in Europa, anche se nessuno lo dice – è il pensiero di Buttiglione – i cristiani stanno crescendo di numero, ma sono senza rappresentanza e i nuovi ponti tra la società e la politica sono le fondazioni, che mi sforzo di costruire”. Anche secondo il filosofo e politico pugliese ci vuole una nuova economia che non metta al centro i capitali per ridare valore al lavoro e così “costruire forme nuove e più umane di società”.
Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, con il suo intervento ha tirato le conclusioni. “La crisi non è solo tecnica, ma antropologica. È la conseguenza della concezione dell’uomo come homo homini lupus per cui lo Stato deve controllare tutto, perché il privato in questa concezione è cattivo ed egoista e quindi l’economia deve essere libera perché l’egoismo fa produrre di più e l’optimum per sé diventa il meglio per tutti”. La realtà però dice proprio il contrario e le crisi del 1929 e quella attuale lo dimostrano. Per costruire una nuova economia e una nuova società occorre partire dal concetto che l’uomo è un soggetto di relazioni (“creato a immagine trinitaria di Dio”) che costruisce il bene comune nel rapporto con Dio e con l’altro. Se non c’è questo punto di partenza, perché un imprenditore deve andare in fabbrica ogni mattina? Gli converrebbe vivere di rendita. “La crisi è stata una crisi di fiducia che non nasce dall’egoismo ma da un rapporto. Siamo all’inizio di una svolta della storia con una nuova antropologia che segna il ritorno dell’uomo cristiano, che secondo gli insegnamenti dei papi e di don Giussani costruisce un mondo equilibrato”.

(A.B.)
Rimini, 24 agosto 2010