“È necessario che in questo periodo di crisi teniamo al centro la persona che esprime i suoi bisogni e la sua volontà di essere attiva all’interno della società”. Potrebbe essere questa osservazione di Massimo Ferlini, vice presidente della CdO, la sintesi dell’incontro tenutosi in una gremita sala Mimosa B6. Al workshop realizzato in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, hanno partecipato Stefano Colli-Lanzi, presidente e Ceo di GI Group, Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà di Confcooperative, Gianni Rossoni, assessore all’Istruzione, formazione e lavoro della Regione Lombardia e Francesco Verbaro, segretario generale del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
“Quando si parla di politiche attive del lavoro – ha esordito Colli-Lanzi – c’è una questione fondamentale da cui partire: il fatto che la crisi ci rimette davanti a tutte le risorse che abbiamo, concependole come possibilità per stare meglio”. Trovandoci in un paese un po’ decadente, perché “abbiamo molte risorse ma sfruttate male”, risulta chiaro che “la cosa più semplice è dare sussidi”. “Questo tipo di logica non regge più – ha continuato il manager – perché i sussidi finiscono mentre le politiche attive del lavoro favoriscono l’occupabilità, cioè l’iniziativa della persona”.
Secondo Colli-Lanzi gli strumenti necessari per affrontare questo particolare frangente sono la “formazione intesa come costruzione di competenza ed il funzionamento del mercato, cioè l’attività di supporto per i disoccupati a trovare lavoro nel momento di difficoltà”. Per l’esperienza condotta nel campo, ha sottolineato che, mediamente, sia nel pubblico che nel privato la ricollocazione avviene in cinque o sei mesi. Colli-Lanzi in conclusione del suo intervento ha auspicato “una maggiore trasparenza del mercato, in quanto la figura dell’intermediario non è del tutto visibile e maggiori investimenti e riforme che costringano le aziende che licenziano a finanziare i lavoratori per un percorso di ricollocazione” ed ha citato i bonus della regione Lombardia e quelli previsti dall’ultima finanziaria come la strada da seguire per abolire i sussidi e premiare coloro che aiutano i lavoratori nel percorso di ricollocazione.
Anche Guerini ha parlato della sua esperienza nel campo delle cooperative sociali e più in particolare di quelle che si occupano di persone con disabilità. “Attualmente con noi lavorano 184mila persone e nonostante la crisi le nostre cooperative hanno tenuto sul versante occupazionale, pur registrando un fatturato inferiore”. Guerini poi, ricordando un passaggio del precedente incontro tenutosi questo pomeriggio in auditorium, ha detto che “la responsabilità di un gruppo in cui la politica attiva del lavoro è un paradigma e non solo un vuoto discorso è la chiave del successo della sua esperienza imprenditoriale”. Pur non volendo risultare filo-governativo, Guerini ha affermato che “il piano triennale per il lavoro risulterà interessante nella misura in cui sarà inteso non come il piano del governo ma il mio” ed ha individuato alcuni punti sui cui puntare per uscire dalla crisi: nuove condizioni strutturali (federalismo nelle politiche attive del lavoro); costruzioni di reti di collaborazione tra i soggetti coinvolti; capacità di integrare strumenti diversi (non solo la formazione); nuove condizioni amministrative e vantaggi fiscali.
Rossoni nel suo intervento ha descritto i passaggi che hanno consentito nella Regione Lombardia una tenuta complessiva del sistema sociale annoverando come modello il sistema di tutele messo in atto da Governo e regioni e “la dote” quale strumento privilegiato di attuazione di tale modello. “Entrambi – ha dichiarato – hanno dato garantito la tenuta sociale grazie ad un lavoro di responsabilità di tutti i soggetti chiamati in causa”. Rossoni ha poi citato alcuni dati significativi tra cui i “112 milioni di euro dedicati alle politiche attive, utilizzati per pagare il 30 per cento delle indennità ai lavoratori per la cassa in deroga”. “Oggi – ha continuato – sono circa 80mila le persone in cassa integrazione in deroga che hanno avviato percorsi di riqualificazione o di reimpiego. Tra questi risulta che l’86 per cento si dichiara soddisfatto del percorso realizzato ed il 51 per cento di essi risultano rientrati al lavoro nella propria azienda o hanno trovato altra occupazione. Solo il 9.5 per cento risulta disoccupato”. In conclusione del suo intervento Rossoni ha affermato che “guardando al futuro occorre tracciare un percorso di sviluppo a partire dalle esperienze fatte e dalle lezioni apprese, lanciando dei piani di lavoro territoriali avendo come obiettivo il reimpiego dei lavoratori in uscita dalle aziende, un’attenzione particolare ai giovani e l’istituzione dei contratti di apprendistato per assicurare la transazione verso l’occupazione”.
“Un nuovo modello di welfare a partire dalla crisi che investe l’intera vita della persona in tutte le fasi di transizione” è il punto su cui si è basato l’intervento di Verbaro. “Occorre – ha sottolineato – sostenere una politica di capitale umano non più basata sul percorso studio-formazione-lavoro, ma l’introduzione al lavoro a partire dal corso di studio”. Verbaro ha poi sottolineato la necessità di passare da un welfare statico (leggi sussidi) ad un welfare dinamico che collochi le politiche attive del lavoro in modo diverso, facendole dipendere dal buon funzionamento dei soggetti che cooperano tra loro. In conclusione del suo intervento, parafrasando l’Ulisse, ha dichiarato che “occorre superare i nostri Mediterranei”.
“Si è assistito ad un ottimo dibattito in cui è stato evidente – ha concluso i lavori Ferlini – che la risorsa più nuova della società è costituita da uomini adeguatamente motivati ad offrire risposte agli infiniti bisogni propri e degli altri”.
(G.F.I.)
Rimini, 24 agosto 2010