Il Meeting 2010 dedica una bella mostra alla scrittrice americana Flannery O’Connor, la cui vita è al centro della piéce teatrale rappresentata stasera al teatro D2 e che verrà replicata mercoledì 25 agosto. Il testo (del 2003) è di Maria Francesca Destefanis, e le è valso il XXXI premio Flaiano per il teatro under 35. Sua anche la regia, mentre in scena, unica interprete, Tamara Bartolini.
La vita di Flannery O’Connor è raccontata attraverso l’amicizia, prima epistolare e poi reale, tra la scrittrice ed una studentessa universitaria. In scena solo questo personaggio, in un monologo di oltre un’ora cui è affidato il non facile compito di introdurre, rievocare, narrare, leggere, commentare e in definitiva di far emergere la figura umana ed artistica della scrittrice americana.
Riesce assai bene in questa fatica Tamara Bartolini, con ricchezza di toni e varietà di registri espressivi che non stancano mai lo spettatore.
Il che non è poco, per un monologo di un’ora e venti minuti. E mentre la figura di Flannery comincia ad emergere dalle rievocazioni e dal racconto, viene introdotto il personaggio simbolico centrale: il pavone storpio, una zampa falciata dal trattore, che accoglie prima con diffidenza e poi con una stupenda ruota l’amica che per la prima volta si reca in visita alla scrittrice.
La non lunga vita della O’Connor c’è tutta: la sua infanzia e la lotta con l’angelo custode (paragonata nel testo alla lotta di Giobbe), la malattia, vissuta più con ironia che con rassegnazione, il viaggio in Europa, Lourdes e il Papa.
Ma soprattutto la sofferta e impopolare aderenza al vero nell’invenzione delle storie e la sua saldissima fede, condensata nella battuta “Il cattolicesimo… Flannery andava al sodo”.
Poi, il declino fisico e la morte, sottolineata dal pavone storpio che accoglie nuovamente l’amica con la diffidenza della prima volta ed ancora con la bellissima ruota fatta su una sola zampa, a testimoniare allo spettatore il punto emergente dalla vicenda umana della O’Connor, che la bellezza ed il limite convivono, e che questo limite ha la misura dell’infinito.
(Ant.C.)
Rimini, 24 agosto 2010