Rimini, martedì 21 agosto 2018 – Dopo la realizzazione dei primi dialoghi con esperti e protagonisti del ‘68, è stata la volta dell’incontro con alcuni esponenti politici italiani che a vari livelli si son con-frontati sul tema: “68 e oltre. Da ‘tutto è politica’ all’antipolitica: è ancora possibile impegnarsi per il bene comune?”. I due deputati, l’on. Anna Ascani (PD) e l’on. Augusta Montaruli (Fratelli d’Italia), il Consigliere comunale di Milano Matteo Forte (Milano Popolare) e l’Assessore al Comune di Venezia (Infrastrutture, Coesione sociale, Sanità, Politiche giovanili) Simone Venturini, hanno interloquito tra loro e con il pubblico prendendo spunto dalle domande del moderatore, Francesco Magni, Assegnista di Ricerca all’Università di Bergamo, ma soprattutto reagendo alle provocazioni suscitate dalla mostra sull’omonimo tema, allestita nei padiglioni del meeting. A cominciare il dialogo, la domanda formulata da Magni sulle motivazioni che hanno spinto ciascuno degli ospiti, tutti giovani politici, a intraprendere tale cammino: “Com’è nato in voi il desiderio di impegnarvi in politica? Perché scendere in campo in un momento storico in cui tutto sembra dire il contrario?”.
Variegate sono state le risposte, ciascuna legata alle particolari circostanze e sensibilità degli ospiti, ma secondo un tratto comune, quello cioè di voler rispondere, ‘idealmente’ in prima battuta, alle realtà e ai bisogni della società sia locale che nazionale. Così alla sfida lanciata dal padre dell’on. Ascani “di non accettare la proposta di candidatura al Consiglio Comunale” della loro città, la deputa-ta avrebbe risposto: “lo faccio! Anche se non sapevo bene a che cosa sarei andata incontro”; l’on. Montaruli ha parlato del suo desiderio di far politica “a partire dal bisogno di voler raccontare delle foibe, tema assente nei miei libri di storia”; così come Matteo Forte ha raccontato “dell’esperienza che avevo vissuto a casa mia quando a tavola discutevamo con i miei genitori dei fatti di cronaca che avevano fatto nascere in me la passione per la politica” e per concludere l’assessore Venturini ha sottolineato “quanto sentita fosse la mia esigenza di voler rispondere ai bisogni concreti del quartiere di periferia nel quale vivevo”.
Dopo questo primo giro di battute sulle ‘forze’ che muovono a impegnarsi in politica, è stata la volta di un secondo momento di dialogo e di verifica delle azioni realizzate, non astrattamente, ma in concreto, per il bene comune. Così Magni ha chiesto loro: “come si può perseguire oggi il bene comune, a partire dal contesto in cui siete? Potete dare qualche esempio di questi vostri tentativi?”. Le risposte hanno messo in evidenza alcuni interventi che nello specifico hanno interessato il miglioramento, e in alcuni casi un inserimento ex novo, “della trasparenza nelle amministrazioni pubbliche” (come sottolineato da Montaruli), “l’assegnazione di unità abitative per famiglie in difficoltà” (ricordato da Ascani) o l’istituzione “di Commissioni per l’accompagnamento delle famiglie nel Comune di Milano” (Forte), fino a toccare temi riguardanti il lavoro, come “il caso della riapertura della fabbrica del vetro a Marghera”, presentato da Venturini. Sullo sfondo di queste azioni concrete si è fatta strada la comune esperienza, nonostante la diversità di orientamento politico, di riconoscere nell’incontro con l’altro da sé la possibilità di una “soddisfazione”, come ricordato da alcuni degli ospiti, di poter realizzare a piccoli passi il bene comune.
La tavola rotonda si è conclusa con l’ultima delle tre domande di Magni riguardo “le sfide che ogni politico è chiamato ad affrontare”. Ciò ha permesso di ridefinire il ruolo dei giovani e della necessità di un ricambio generazionale tra le fila della classe dirigente. Liberati dalla sterile retorica del “giova-ne a tutti i costi”, Montaruli ha posto tra le sfide politiche del domani “la ricerca di personalità com-petenti, capaci e disponibili al cambiamento”. In modo affine e complementare, gli altri tre ospiti hanno richiamato l’attenzione sulla sfida che rappresentano “l’altro da sé, le esigenze del popolo, la costruzione del bene comune” all’interno di un orizzonte che scongiuri il pericolo di una cultura dell’odio e favorisca il dialogo democratico e civile proteso alla ricerca del bene comune. Il tutto fuori da un equivoco, che “il bene comune non è appena qualcosa da costruire – come affermava in una delle sue risposte Forte –, ma è un bene che già c’è e chiede di essere servito”.