64. Il futuro del Welfare

Press Meeting

“La crisi del welfare è una crisi legata al suo successo, non al suo fallimento” Così, con una citazione di Lester M. Salamon, vate americano della ricerca di nuovi strumenti di governo, Marco Biscella, caporedattore de Il Sole 24 ore ha introdotto l’incontro sul futuro del welfare. Relatori il ministro Maurizio Sacconi, il vicepresidente del Senato Vannino Chiti e Lorenza Violini, docente di Diritto costituzionale all’Università Statale di Milano. Il sistema, ha spiegato Biscella, è entrato in crisi per due fattori: il calo demografico e le esigenze di stabilizzazione della finanza pubblica e ha proseguito chiedendo ai tre relatori di confrontarsi sul futuro del welfare e la sussidiarietà partendo dal Libro bianco “La vita buona nella società attiva” edito dal Ministero delle Politiche sociali. Il vicepresidente del Senato ha sostenuto che il modello di welfare va cambiato non solo perché non è più sostenibile finanziariamente ma in quanto la società è cambiata “e quindi ha bisogno di risposte diverse che un welfare risarcitorio non è più in grado di dare, mentre una welfare society è più adeguata, purché si mantenga l’istanza universalista”. Lorenza Violini da parte sua ha affermato che si può parlare con realismo del futuro del welfare, perché in diverse parti d’Italia c’è una ricchezza di esperienze e di riflessioni in atto che permette di affrontare la complessità senza paura. D’accordo anche il ministro. Secondo Sacconi “la riforma del welfare delineata nei suoi principi dal Libro Bianco nasce come ogni riforma in una storia ed in una tradizione, per cui è importante coniugare questa riforma con i valori portanti di un popolo. La riforma dovrà essere fatta nel rispetto della stabilità della finanza pubblica per garantire la stabilità anche sociale e la fiducia della comunità finanziaria internazionale”. Occorre incrementare il capitale umano – è la ferma convinzione del ministro veneto – e per far questo “dobbiamo promuovere e difendere la vita per limitare il calo demografico e far ridare all’Italia quel vitalismo economico e sociale che è stata la spinta essenziale della crescita del Paese dagli anni Sessanta in avanti”. Le difficoltà sono note a tutti. “In primo luogo – ha continuato il ministro – bisogna colmare il gap fra Nord e Sud del Paese, che è una vergogna per tutti noi e questo è possibile farlo attraverso un federalismo responsabile che non lasci il Sud da solo, ma lo renda responsabile dei propri atti”. Conseguenza inevitabile, ad esempio, il commissariamento delle Aziende Sanitarie inefficienti e non virtuose, dove siamo accertati casi di malasanità: “interverremo per non essere complici”. “Inoltre – prosegue Sacconi – ci incontreremo con le parti sociali per trovare soluzioni alla conciliazione fra tempi di lavoro e tempi della famiglia, non avendo più a che fare con strutture lavorative di tipo fordiste”. Capitolo formazione: “Dovrà continuare per tutta la vita, per assistere il lavoratore durante le pause forzate dall’attività”. Per questo va decentrata la contrattazione per stabilire pochi indirizzi generali a livello centrale e decidere invece a livello decentrato il costo della vita e la produttività.
(A.S.)