L’autore Francesco Salvarani per ragioni di salute legate all’età era assente, e così la figura e l’opera di Santa Teresia Benedicta, al secolo Edith Stein, raccontate nel volume “Edith Stein. La grande figlia di Israele, della Chiesa, del Carmelo” (ed. Ares), sono state illustrate al Meeting da padre Ulrich Dobhan, provinciale dei Carmelitani della Germania, teologo e traduttore dell’opera di San Giovanni della Croce e di Santa Teresa d’Avila, curatore dell’opera omnia in 16 volumi di Edith Stein. Il testo è un percorso biografico che mette in luce i molteplici aspetti della sua vita, della sua inesausta curiosità intellettuale, che la portò a divenire assistente a Gottinga di Husserl, il padre della fenomenologia, fino alla conversione alla Chiesa Cattolica, lei che era di nascita e di formazione ebraica. Morì martire nel Carmelo olandese di Echt, perché rincorsa dall’odio ideologico e razzista dovuto al fatto che fosse cristiana ed ebrea. Un cambiamento profondo avvenne in lei, ha posto in evidenza padre Dobhan, che fece cadere quello che considerava “il muro” dentro di lei, fatto di autosufficienza e arroganza intellettuale. Protestante, rimase colpita che le chiese cattoliche non fossero frequentate solo per il culto ma anche per la preghiera. Decisiva fu anche la lettura di pagine di grandi mistici, come santa Teresa d’Avila. Il 2 agosto 1938 fu catturata dai nazisti, che avevano deciso di compiere un gesto di vendetta, arrestando tutti gli ebrei cattolici, nei confronti dei vescovi che avevano fatto leggere nelle chiese una lettera contro la deportazione degli ebrei. Una ricerca dell’assoluto, ha infine sottolineato Camillo Fornasieri, che fu un profondo desiderio di conoscenza, un grido contro la disperazione della condizione umana vissuta senza Dio. È quindi toccato al giornalista Gian Micalessin presentare il suo “Afghanistan, ultima trincea” (Boroli Editore). Inviato de “Il Giornale”, Micalessin ha iniziato giovanissimo la sua attività professionale proprio in questo martoriato Paese, all’epoca dell’invasione sovietica. Questo reportage ne illustra la situazione dopo un viaggio compiuto esattamente un anno fa. L’ultima trincea, ha affermato, è quella della cedibilità dell’Occidente e dei valori che proclama, dopo che è rimasto sostanzialmente indifferente, dopo il ritiro dei sovietici, all’instaurarsi del “medioevo talebano”, aprendo gli occhi per paura solo dopo l’11 settembre 2001, facendo al popolo afghano una serie di promesse di cambiamento rimaste pressoché inattuale per far risorgere il Paese, a partire dal necessario addestramento di un esercito afgano, e di un aiuto alla popolazione, portato ora finalmente dai nostri soldati nei villaggi, che sia il segno di una presenza. “Impaludato, fermo, l’Afghanistan resta in bilico sull’orlo del terrore. Se abbassassimo la testa, compiremmo un errore fatale”.
(M.T.)