Rai Uno farà un film su don Giussani. Lo ha detto il direttore della rete ammiraglia, Mauro Mazza, intervenendo questo pomeriggio alla presentazione del libro di Massimo Camisasca “Don Giussani, la sua esperienza del mondo, dell’uomo, di Dio”. Mazza, che ha già ottenuto l’approvazione del direttore generale della Rai, Masi, considera questo film un “doveroso riconoscimento ad un genio umano e della fede come è stato don Giussani, che va collocato di diritto in un ideale Pantheon della cultura italiana del secondo Novecento”. Il giornalista, “inviato” al Meeting fin dalle prime edizioni, ha conosciuto don Giussani, o meglio la sua voce, proprio qui a Rimini nel 1985, quando gli fu impossibile vederlo per le migliaia di persone che riempivano l’auditorium e i piazzali della vecchia fiera. Poi, da direttore del Tg2, chiese al fondatore di Cl due editoriali per la sua testata: uno nel Natale del 2002 e l’altro nel novembre dell’anno dopo, in occasione dei funerali di Nassirya. Mazza ha messo il Meeting, Cl, la Compagnia delle opere “fra i buoni frutti dell’albero di Giussani”, capaci di rigenerare la realtà con cui essi vengono a contatto. “Ricordo – ha spiegato – quando al Meeting venivano grandi uomini come Giovanni Testori oppure Augusto del Noce. Fuori, le loro opere e i loro scritti erano sbeffeggiati da chi controllava la cultura di quegli anni, erano ostracizzati, facevano scandalo. Ebbene, io, lì a Rimini, li vedevo rifioriti e confortati a contatto con il Meeting e con don Giussani”. A Giussani, Mazza ha riconosciuto il merito di aver combattuto tre grandi battaglie: contro le incrostazioni dogmatiche (“e gli costò caro anche nella Chiesa: nel ’65 alcuni ambienti della diocesi di Milano lo cacciarono negli Usa e fecero morire la sua prima creatura, Gioventù studentesca”), le barriere ideologiche e le inerzie culturali. “Giussani ha sempre educato alla libertà – ha commentato il direttore di Rai Uno – e all’utopia, che mieteva consensi fra i cattolici del post Sessantotto, ha sempre opposto la forza della presenza di un cattolicesimo vivo e reale, della comunità come luogo di costruzione della persona”. Per Mazza, il sacerdote lombardo è stato un grande riformatore, “un innovatore nel valorizzare la libertà e l’esperienza e un conservatore nel recuperare parole come autorità e tradizione”. “Ha ragione Camisasca – ha concluso il giornalista – a dire che Giussani è stato soprattutto l’amico che avresti voluto accanto a te nel viaggio della vita”. La presentazione del libro, secondo Alberto Savorana, portavoce di Comunione e liberazione, è stata l’occasione per “dare un nome all’antefatto senza il quale l’idea stessa del Meeting non sarebbe stata nemmeno possibile, il nome di don Luigi Giussani”. Un personaggio, secondo Savorana, con il quale non si potrà non fare i conti quando si dovrà scrivere la storia della Chiesa del secolo scorso. Un’affermazione condivisa tanto da Mazza quanto dall’altro giornalista presente, Aldo Cazzullo del Corriere della Sera. Cazzullo, travolto da un clamoroso applauso, ha esordito salutando il collega Renato Farina, seduto in prima fila, “vittima di un’infame persecuzione”. Poi ha tessuto un elogio del Meeting (“mai visto, in Italia, coniugare umanità ed accoglienza con una simile efficienza”) e manifestato la sua sorpresa per tanti giovani alla presentazione di un libro (“sono abituato a platee con un’età media intorno ai 102 anni…”). Quanto a don Giussani, Cazzullo ha detto di averlo capito proprio grazie a Camisasca e ai suoi libri. Di Camisasca gli aveva parlato il suo direttore Mieli, ebreo di origine, che per capire il cristianesimo si era rivolto proprio a lui. “Giussani lo avevo sentito a Torino, da universitario, nel 1985 – ha raccontato – e i suoi timori verso il marxismo non mi avevano convinto. Poi, appunto, con Camisasca ho capito le sue ragioni”. I primi tre libri di Camisasca sulla vita di Cl, Cazzullo li ha comandati in particolare ai giovani del movimento. L’ultimo volume, secondo lui, ha un tocco particolare: quello dell’amicizia fra l’autore e Giussani stesso, il pensiero e il carisma di un uomo raccontato attraverso una storia. E, d’altra parte, Camisasca, anche lui presente all’incontro, non ha esitato a riconoscere la sua propensione a narrare storie, definendosi per questo “uno storico mancato”. Il giornalista del Corriere ha sottolineato la sintonia fra don Giussani e Giovanni Paolo II, “due giganti, due leoni, uniti anche nelle vicende personali della malattia e della morte”, e ha ricordato l’unità fra Giussani e il cardinal Ratzinger, che papa Wojtyla inviò personalmente ai funerali del sacerdote milanese. “Giussani e Ratzinger – ha raccontato Cazzullo – si incontravano a Roma, in casa di Camisasca e di Scola, oggi patriarca di Venezia, e discutevano di teologia”. Camisasca ha rivelato di aver scritto questo libro “per un grande debito di riconoscenza verso don Giussani, un grande uomo che ho avuto la fortuna di incontrare e che ha cambiato la mia vita”. L’autore si dice sicuro che davanti al suo libro il lettore conoscerà non solo il protagonista ma anche se stesso “perchè Giussani, parlando, rivelava e implicava sempre il suo ascoltatore. Lui ha spalancato migliaia di esistenze chiuse su se stesse e incanalato verso grandi obiettivi le energie di animi arditi che altrimenti si sarebbero perdute”. Dal libro emerge un uomo che non ha avuto paura della contemporaneità ma ne ha accettato e rilanciato le sfide, opponendo il suo realismo creativo ai miti delle utopie e alla fuga nella “reazione”. Non ha avuto mai paura, convinto della perenne capacità del cristianesimo di essere risposta alle domande dell’uomo. Alla contemporaneità che tende alla manipolazione dell’io fin nelle sue radici naturali, Giussani ha risposto che l’uomo può vivere solo se riconosce di essere fatto da Chi è la sua origine. Camisasca ha citato una riga di una lettera di Pirandello a Marta Abba, in cui il grande drammaturgo dice alla donna: “io non sono altro che tu”. “Quaranta anni dopo –ha concluso – Giussani, nel Senso religioso, ha scritto: ‘io sono tu che mi fai’”.
(D.B.)