60 anni dopo. L’Europa che c’è già. L’Europa da riguadagnare.

Press Meeting

Rimini, 21 agosto 2017 – «Il tema Europa da sempre ha trovato spazio al Meeting. E lo trova pure oggi che si presenta così debole e a rischio divisione. Quale Europa ci interessa? Quella che c’è già». Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, ha introdotto così l’atteso incontro con Enrico Letta, presidente del Jacques Delors Institut, e Antonio Tajani, presidente del Parlamento Europeo. La conferenza ha avuto inizio alle ore 17.00 in Auditorium Intesa Sanpaolo B3. Due testimonianze di «fatti in atto» hanno preceduto l’intervento dei relatori.
Se si pensa all’Europa che c’è già, non può non venire subito in mente l’esempio del CERN e del progetto LHC ad Alta Luminosità, di cui il professor Lucio Rossi è direttore. Nel suo intervento, il fisico ha ricordato che due sono state le spinte che hanno portato alla nascita del centro di ricerca nel 1954: da una parte, la convenienza data dal mettere assieme le forze e le risorse dei vari stati, usciti indeboliti dal conflitto mondiale, dall’altra, «il riconoscimento che gli scienziati europei formano a tutti gli effetti una comunità, contraddistinta dalla consapevolezza unica che la conoscenza ha un valore in sé». Rossi ha poi continuato: «Il CERN è un centro così forte e potente, capace di attrarre quasi 5000 scienziati extraeuropei, non solo perché ha mezzi e organizzazione, ma, anche e soprattutto, perché ha questa precisa identità», che si mantiene non custodendola in un vaso, ma esportandolA in tutto il mondo.
Il secondo esempio virtuoso di Europa che c’è e funziona è l’Erasmus. Giorgia Covio, studentessa in marketing management presso l’Università Bocconi, ha testimoniato quale «grande passo di crescita sia stata questa esperienza, sia come persona che come studentessa». Ha quindi affermato: «L’Erasmus è stata l’occasione di aprire lo sguardo verso il mondo, conoscendo realtà molto diverse dalle mie, che ho imparato ad apprezzare e che mi hanno aiutato a riscoprire la ricchezza che già possedevo in Italia».
«Torno volentieri al Meeting dopo quattro anni», ha esordito Letta, «e trovo consonanza tra il titolo scelto e la responsabilità che oggi ciascuno di noi ha: riguadagnare ciò che i padri dell’Europa ci hanno regalato per farlo rivivere. Dobbiamo capire che cosa sta succedendo, pena il buttar via ciò che abbiamo ereditato». Profondi sono i cambiamenti che nello spazio di una generazione l’Europa ha vissuto e vivrà; in termini di densità demografica e di rapporto con i numeri di Asia, Africa e America. Quale Europa dobbiamo pensare? «Quella che vedranno gli occhi dei nostri figli e nipoti; è questo il criterio che ci permette di continuare a considerare l’Europa al contempo “un insieme unico di valori” e l’unico spazio in cui tutti quegli stessi hanno trovato applicazione». È necessario il protagonismo di tutti i Paesi. Le ultime e attuali vicende di Francia e Germania ci costringono a cogliere la sfida della costruzione: «Se noi non ci saremo, faranno senza di noi». A cosa guardare in questo preciso momento? «Valorizziamo al massimo chi ci rappresenta, attraverso ruoli istituzionali strategici, riproponendo l’Italia quale interlocutore indispensabile per l’unità e la pace». In conclusione Letta rimette al centro il valore e il ruolo dell’educazione: comunicare la certezza che l’italiano porta con sé quelle caratteristiche di adattabilità che tutti cercano.
Sul presente e sul futuro dell’Europa si è concentrato infine Tajani: «L’Europa deve ripartire da tre valori fondanti – la libertà, la centralità della persona e il principio di sussidiarietà – per far fronte alle tre sfide di oggi: il terrorismo, l’immigrazione e il lavoro». Il presidente ha poi aggiunto: «Sicuramente la politica deve dare forti risposte in tal senso: da una parte, serve un maggior coordinamento tra gli Stati per combattere il terrorismo e far fronte all’immigrazione, dall’altra è necessario impegnarsi sempre più seriamente per integrare e per dare un’eredità agli europei di seconda generazione. L’Europa», ha concluso, «deve avere una sua politica industriale, per risolvere il problema del lavoro. Non possiamo indebolire il nostro tessuto industriale, disperdendo le energie in battaglie ormai superate tra nazioni europee: i nostri competitors sono altri».
Per Vittadini la sintesi di quanto è emerso dall’incontro sta in punti ben precisi che mostrano quale sia l’identità che interessa al popolo del Meeting: stima nelle istituzioni sussidiarie europee, il confronto per una ragionevolezza delle soluzioni, che richiede anche tempi lunghi e il valore delle testimonianze di ciò che è già in atto.
(G.L.-E.P.)

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