Il ministro degli Esteri Frattini, alla conferenza stampa convocata alle 13.30, ha rivolto un severo richiamo ai 26 partner europei, perché facciano il proprio dovere nei confronti delle migliaia di profughi che sbarcano nel nostro Paese. “L’Europa – ha detto il titolare della Farnesina – ha fatto molte dichiarazioni di principio ma non ha risposto alla domanda di fondo: ‘cosa succede quando gli emigrati arrivano alle porte dell’Europa, cioè in Sicilia?’”. Secondo Frattini, i profughi vanno aiutati e distribuiti in tutta Europa e “non possono essere soltanto un problema del Paese dove sbarcano, sia esso l’Italia o Malta o la Grecia. Su questo, spiace dirlo, ma l’Europa è davvero mancata”. Quanto all’ultima tragedia dei profughi eritrei, il ministro ha ribadito che “i cinque disperati li abbiamo salvati noi e l’Italia non è responsabile di quanto è successo. Starà alla magistratura stabilire eventuali omissioni, anche a livello internazionale”. Frattini ha colto l’occasione per invitare la repubblica di Malta ad accettare un negoziato per il controllo internazionale di una vasta area di mare di 250 mila kmq intorno all’isola. “Se ne parla da 10 anni – ha ricordato – ma da Malta non c’è ancora nessun segno di disponibilità”. Prendendo spunto dagli ultimi fatti di cronaca, il ministro ha rilanciato la proposta italiana per affrontare il problema dei profughi. Oltre all’invito ai 27 Paesi d’Europa, perché ci si divida il peso fra tutti, Frattini ha detto che bisogna garantire ai paesi di provenienza, soprattutto quelli dell’Africa subsahariana, delle reali alternative a questa emigrazione “causata dalla fame e della disperazione”. “Bisogna collaborare con i Paesi di provenienza e di transito – ha specificato il ministro – per regolare questi flussi. Altrimenti la gente disperata continuerà a finire nelle mani dei nuovi negrieri del XXI secolo, magari pagando fino a 1.500 dollari per poi finire annegata”. Le proposte di Frattini sono state accolte con favore dagli altri due ospiti della conferenza stampa di oggi: Alhaji Abu Bakarr Sidique Sam-Sumana, vice presidente della Sierra Leone e Raila Amollo Odinga, primo ministro del Kenia. Odinga ha ricordato l’appello lanciato da Benedetto XVI, nel suo recente viaggio nel Continente, per una collaborazione più stretta fra Nazioni africane e Paesi occidentali, “appunto per creare le condizioni perché la gente non fugga più”. Ma non ha mancato di criticare il G8 per l’esiguità dei fondi stanziati per il prossimo triennio in favore dell’Africa. “Venti miliardi di dollari – ha detto – sono poca cosa rispetto agli 800 miliardi previsti da Obama per aiutare l’economia americana o ai 200 miliardi di sterline che il governo inglese ha stanziato per il proprio Paese”. Ha comunque assicurato che “questa volta i soldi non si perderanno in un pozzo senza fondo ma serviranno a far restare la gente in Africa dove, tra l’altro – ha concluso con una battuta – è anche più caldo”. Il vice presidente della Sierra Leone ha poi elencato le priorità del suo Paese, uscito da pochi anni “dalla peggiore guerra civile del pianeta”. Innanzitutto la “governance” dello stato e delle singole regioni. Quindi il lavoro (60% dei giovani sono disoccupati) e l’economia che “chiedono di coniugare energie umane e risorse naturali”. Infine la sanità. “La mortalità infantile è molto diffusa – ha documentato – Su mille bambini ne muoiono 101. Due anni fa, il dato era di 140 morti su mille”. Problemi analoghi anche in Kenia e negli altri Paesi africani, rappresentati qui al Meeting da una dozzina di esponenti di governo e di uomini delle istituzioni (inusuale per il Meeting un tale seguito di cronisti, cameraman e uomini della security africani, come i politici rigorosamente vestiti all’occidentale). Odinga ha voluto precisare che il cammino africano dalle dittature militari alla democrazia non è facile e non basta il multipartitismo a garantirlo. “La situazione è disastrosa a causa di siccità ed alluvioni – ha spiegato – Turismo ed esportazioni sono crollati e così le rimesse degli emigrati. Ma non abbiamo bisogno di beneficenza bensì di investimenti”. A questo proposito, Frattini ha assicurato che entro l’anno il governo italiano manterrà gli impegni presi al G8. Il ministro italiano ha parlato anche della Libia, ribadendo che bisogna continuare a mantenere aperto il dialogo. “Con Gheddafi noi, che abbiamo rotto definitivamente con il colonialismo, abbiamo rapporti di collaborazione nel Mediterraneo e questo è un fatto politicamente importante per tutta l’Europa”. Frattini ha concluso ricordando come il recente vertice del G8 a L’Aquila abbia chiuso definitivamente un’epoca. “Basta con pochi Paesi ricchi, alle cui decisioni gli altri debbono adeguarsi. I Paesi africani debbono diventare protagonisti sia nella soluzione dei loro problemi sia nella politica internazionale come, ad esempio, la prossima riforma dei compiti e degli organismi delle Nazioni Unite”.