58. Conferenza stampa delle ore 13

Press Meeting

Alberto Savorana, portavoce di Comunione e Liberazione, è intervenuto inizialmente per spiegare la ragione per la quale il movimento di Cl, che anima e sostiene il Meeting, ha deciso di invitare Aharon Appelfeld e Michael D. O’Brien, due scrittori protagonisti del panorama culturale internazionale. “Li sentiamo consoni con ciò che primariamente ci sta a cuore, cioè la difesa dell’oggettività e universalità dei bisogni e desideri presenti in ogni uomo, ciò che don Giussani definisce ‘esperienza elementare’. Abbiamo bisogno di incontrare e di vedere persone che vivono una passione così acuta per la propria umanità da generare una capacità di giudicare le cose”. Savorana ha precisato che “un uomo da solo non ce la fa: organizziamo il Meeting per incontrare l’umanità di testimoni che vivono il reale, generando cultura, che è uno strumento di conoscenza della realtà stessa”.
Appelfeld ha brevemente introdotto il contenuto del suo intervento previsto in serata. “Parlerò della mia vita – ha affermato – nella quale mi è capitato tutto il male possibile. Dopo essere sfuggito dai campi nazisti sono andato in Israele a 13 anni dove sono passato alla lingua ebraica, la lingua di Dio, e questo è stato un evento centrale nella mia vita. Come riconoscere Dio in una situazione così drammatica? Dio è presente nei dettagli, nelle piccole cose e il mestiere dello scrittore è proprio quello di descrivere e raccontare questi dettagli, non le generalizzazioni. Bisogna lottare contro le generalizzazioni”.
O’Brien, che in questi giorni ha firmato moltissimi libri, si è dichiarato pienamente d’accordo con Appelfeld sul fatto che lo scrittore descrive i dettagli ed ha descritto il suo impatto con il Meeting. “Qui ho percepito la presenza del Mistero, una comunione che non è la somma dei partecipanti al Meeting, è qualcosa di più, di spirituale. Si vede che qui c’è qualcosa d’Altro presente ed evidente. L’esperienza descritta da Appelfeld testimonia che c’è qualcosa nel cuore di ogni uomo che può cogliere il bene anche in esperienze drammatiche”.
Interrogati sul loro rapporto con la bellezza, i due scrittori hanno espresso chiaramente il loro punto di vista. “In passato la bellezza si identificava con l’armonia – ha affermato Appelfeld – ma oggi non è più così, bisogna ricercare la bellezza nelle contraddizioni, che possono portare allo scetticismo ma anche a capire meglio l’uomo. La contraddizione fa emergere il dramma di ogni uomo nella sua ricerca del bene. Comunque bellezza è un termine che viene usato spesso impropriamente: a volte sarebbe meglio stare in silenzio, come suggerisce la Bibbia”. Secondo O’Brien, “stupirsi della bellezza è segno che viviamo, che riconosciamo una realtà più grande di noi: siamo mistero per noi stessi e davanti alla bellezza non possiamo che stupirci per la presenza di un Altro. La bellezza è strumento di questo riconoscimento misterioso, come i grandi compositori e artisti della storia hanno testimoniato con le loro opere”.
In merito alla possibilità di dialogo tra le diverse religioni, O’Brien ha individuato in un confronto vero e senza ambiguità l’unica possibilità di incontro tra persone diverse, “un dialogo che affermi con decisone chi si è. Non ci si può limitare ad un dialogo intellettuale – ha affermato riprendendo un concetto espresso dal Papa nel discorso pronunciato a Regensburg – bisogna implicarsi con chi si incontra, essere testimoni reciproci di un amore vicendevole”.
Su questa questione Appelfeld ha riportato la propria drammatica esperienza di appartenente al popolo ebraico oggetto della persecuzione. “Il nostro popolo ha dovuto combattere contro il diavolo. Io sono stato fortunato e a otto anni e mezzo sono riuscito a sfuggire ai campi, ma mi sono sempre chiesto che cosa avessi fatto di male per essere perseguitato, che cosa avessi che non andava. Queste domande sono ancora presenti in me, è una ferita sempre aperta e non ho una risposta”.
In ultimo O’Brien ha risposto ad una domanda relativa ad un concetto espresso nel suo ultimo libro. “Ho cercato di esprimere un paradosso – ha detto – cioè che la sofferenza è dura da sopportare ma è necessaria perché solleva domande sulla vita alle quali ogni uomo deve rispondere. La sofferenza fa crescere la responsabilità”. Riprendendo un altro suo passo ha dichiarato che “oggi è sotto attacco la paternità spirituale che Dio ha sulla vita di ogni uomo. Tante ideologie e forme di potere hanno tentato e tentano di negare questa evidenza, che l’uomo è rapporto con il Padre creatore. Senza una paternità riconosciuta l’uomo è in balia di se stesso e può cedere alla violenza, mentre il riconoscimento di un Padre buono genera amore”.

(M.C.)
Rimini, 26 agosto 2008