“L’imprenditore è una persona che si assume un rischio, che mette in gioco le sue capacità e talenti per sé e per gli altri. Sono queste le ragioni per cui deve essere sostenuto e non penalizzato come troppe volte succede in questo Paese”. Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere, ha con questa frase introdotto i lavori dell’incontro “Sostenere l’imprenditorialità” a cui hanno partecipato Giorgio Guerrini, presidente nazionale di Confartigianato, Ferruccio Dardanello presidente di Unioncamere, Carlo Fratta Pasini presidente di sorveglianza del Banco Popolare, Giuseppe Mussari, presidente Abi oltre che del Monte dei Paschi di Siena e Raffaello Vignali vice presidente della commissione attività produttiva, commercio e turismo della Camera.
Guerrini ha ricordato come il progetto di Rete Imprese Italia, partito tre anni fa fra tutte le associazioni di categoria, anche di diverso orientamento ideologico, nasceva per difendere gli interessi delle piccole e medie imprese italiane nei confronti del legislatore. Il progetto aveva anche l’ambizione di cambiare la cultura del nostro paese, che vede spesso il successo imprenditoriale in maniera negativa, come se non fosse generato dal lavoro e dal sudore della fronte, ma dalla furbizia.
Nonostante ben quattro milioni di imprenditori, una cifra che la dice lunga sulla diffusione della cultura dell’intraprendere in Italia, il nostro paese è fra il settantacinquesimo e l’ottantesimo posto nella classifica mondiale per la facilità di fare impresa. Guerrini ha ricordato che la nostra burocrazia costa 16 miliardi di euro alle nostre imprese, pari all’1% del Pil: una burocrazia che spesso serve solo “per mantenere il posto ai controllori”. La politica – ha inoltre affermato – è rimasta passiva sulla legge del Made in Italy nei confronti delle istituzioni europee e questo è un grave danno per la nostra piccola e media imprenditorialità.
Dardanello ha riaffermato che il nostro non è solo un paese di “santi, poeti e navigatori” ma anche di imprenditori. “Dobbiamo ringraziare la presenza dell’associazionismo – ha affermato – se ancora abbiamo un tessuto così diffuso di piccola e media impresa, perché proprio l’associazionismo ha supplito alle loro fragilità e le ha difese dalle pretese dello Stato”. Il modello di impresa famigliare, ha ricordato il leader di Unioncamere, è stato inoltre vincente perché la donna, oltre che la famiglia, ha sostenuto il lavoro nell’impresa grazie al suo genio femminile.
“Dobbiamo aiutare l’internazionalizzazione delle imprese – ha proseguito Dardanello – abbiamo già delle eccellenze in settori come l’agroalimentare o la carpenteria leggera ma dobbiamo fare di più per agevolare altri soggetti ad entrare nei mercati internazionali, perché essi non richiedono solo prezzi bassi ma qualità e innovazione”.
Carlo Fratta Pasini da parte sua concorda sul fatto che bisogna sostenere l’imprenditorialità delle imprese e delle banche: “Dal lato delle imprese bisogna educare i giovani all’imprenditorialità perché oggi vogliono tutti fare i dipendenti per paura di fare gli imprenditori, in quanto hanno paura del rischio e il modello culturale che conoscono è ancora quello della grande impresa”. Un altro aspetto negativo, ha proseguito, “è che abbiamo insegnato a valutare le imprese solo su quanto guadagnano, sminuendo di fatto la funzione complessiva dell’impresa all’interno della società”. Le banche da parte loro – è il pensiero di Fratta Pasini – devono recuperare l’imprenditorialità dando fiducia ai direttori di filiale, i quali sono il front-office della banca nei confronti dell’impresa e quindi assegnare loro poteri decisionali di affidamento e non riducendoli a semplici burocrati di una organizzazione che decide dall’alto.
Il Presidente dell’Abi Giuseppe Mussari ha parlato della positiva collaborazione avviata tra banche e imprese nei primi due anni della crisi. “Questo lavoro – è il suo parere – dev’essere continuato ora che siamo nella fase di ripresa perché essa si velocizzi o perderemo opportunità”. Occorre perciò ragionare con le imprese sugli strumenti di garanzia, già esistenti o nuovi, al fine di sostenere le imprese in questa fase. “Le regole di Basilea 2 si sono create dall’esterno, ossia senza i soggetti (banche e imprese) a cui quelle regole si applicavano – ha poi osservato Mussari – per cui ora queste regole complicheranno la vita alle nostre imprese e alle banche che comunque le devono applicare. I problemi che ci troviamo ad affrontare possono tuttavia essere risolti con responsabilità e linearità. Ognuno deve dare il meglio di sé e affrontare i problemi per trovare possibili soluzioni comuni”.
Raffaello Vignali ha poi parlato dello statuto delle piccole e medie imprese, in procinto di essere varato entro l’anno dal Parlamento. “Partendo dalla ricerca su sussidiarietà e piccole e medie imprese – ha spiegato l’ex-presidente della Compagnia delle Opere – ci si è accorti che l’Italia è uno dei paesi in cui è più difficile fare impresa. Lo statuto è un tentativo di risposta a questa difficoltà. A 40 anni dallo statuto dei lavoratori, lo statuto delle piccole e medie imprese nasce per garantire loro un corpus di diritti che fino ad adesso sono stati disattesi e passare dalla logica del sospetto nei confronti degli imprenditori alla stima per chi fa impresa”. Vignali infine ha ripreso una frase del ministro Sacconi che ne parafrasava una classica che si applicava alla Fiat: “Quello che va bene ai piccoli imprenditori va bene all’Italia”.
(A.S.)
Rimini, 23 agosto 2010