In sala A4 si è svolto il secondo della serie di incontri intitolati “Storie dal mondo”, nei quali vengono presentati reportage e documentari internazionali. In questa occasione è stato presentato un documentario, intitolato “Domenica alle cinque”, prodotto dalla Bbc (e presentato in collaborazione con Sky) inerente il conflitto nordirlandese a dieci anni dagli accordi di pace tra le parti.
Il documentario, lungo circa un’ora, attraverso immagini e testimonianze di alcuni dei protagonisti ha raccontato la vicenda del conflitto tra la popolazione protestante e cattolica in Irlanda del Nord a partire dalla fine degli anni Sessanta. In particolare i racconti di rappresentati delle due diverse fazioni hanno permesso di avere un quadro complessivo dei fattori scatenanti del conflitto, delle conseguenze che esso ha generato e delle diverse opinioni sull’accordo di pace raggiunto.
Al termine della visione il giornalista Gian Micalessin, coordinatore con Roberto Fontolan del ciclo di incontri, ha chiesto a John Waters, editorialista del quotidiano The Irish Times, una sua opinione su questa drammatica vicenda e sull’accordo di pace stipulato il Venerdì Santo del 1998: “Questo è un conflitto complesso – ha esordito Waters – rispetto al quale io farei attenzione a parlare di guerra tra confessioni religiose, perché lo scontro era tra due diverse comunità, non tra due diverse dottrine”. Waters ha poi esposto il suo punto di vista, secondo il quale “il conflitto emerse per ragioni di democrazia: la minoranza (diventata poi maggioranza) protestante trapiantata in Irlanda del Nord cominciò a governare in modo non democratico, a proprio vantaggio, rendendo difficile per i cattolici la vita di tutti i giorni, anche la ricerca di un posto di lavoro”.
Waters ha poi sinteticamente ripercorso le tappe principali di questa vicenda e le caratteristiche dei diversi attori che vi hanno partecipato: “Io sono irlandese e cattolico e spesso mi sono trovato d’accordo con le posizioni dell’Ira, anche se non ne condividevo i metodi. Nel tempo però mi sono reso conto, e altri come me, che in realtà esso non era il movimento di liberazione che professava di essere. Ad oggi il Sinn Fein (braccio politico dell’Ira) ha visto calare di molto il proprio consenso”.
Il giornalista ha concluso con un preciso ammonimento: “Grazie alla volontà condivisa dei leader politici di quel periodo (in particolare quello di Tony Blair) è stato possibile risolvere il conflitto, ma la pace non va mai data per scontata. Nuove provocazioni possono riaccendere la scintilla, occorre mantenere alta l’attenzione”.