“Ciò che privilegiamo è portare a Rimini chi esprime un’ansia per il destino del mondo”. Così oggi Mario Mauro, vice presidente del Parlamento Europeo, ha inaugurato l’atteso incontro “Le condizioni per la pace”. Sono intervenuti Franco Frattini, ministro degli Esteri, Amre Moussa, segretario generale della Lega degli Stati Arabi e il cardinale Jean Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso.
“Parlare di pace vuol dire chiedersi che cosa vuol dire la parola pace: non solo l’assenza di un conflitto ma la garanzia dell’accesso di tutti al godimento dei diritti fondamentali della persona”. Apre così il suo intervento il ministro Frattini, che continua sottolineando la necessità di “ripartire dal concetto di persona umana e dai suoi diritti, ricostruendo l’etica della pace”. Tema che risuonerà più volte nel corso della serata. Con accenti diversi tutti i relatori hanno sottolineato il dialogo interreligioso e l’educazione dei giovani ai diritti e valori fondamentali come strada comune da percorrere per realizzare la pace tra i popoli.
“Il dialogo non si impone – continua Frattini – ma presuppone la capacità di capire le ragioni dell’altro e di avere coscienza, conoscenza ed orgoglio dei propri valori. Educando a questo le giovani generazioni è possibile combattere il pensiero debole che ci fa dimenticare che l’uguaglianza fra uomini e donne, la famiglia e la vita sono diritti inalienabili”.
Anche Amre Moussa è dello stesso avviso: “Non possiamo accettare due livelli nei diritti umani, ma devono corrispondere all’interesse di tutti e per tutti”. Altro argomento scottante affrontato dal segretario della Lega Araba è stato lo scontro fra civiltà: “Credo che esista, ma che si attui solo fra le ali estreme; non fra i semplici credenti, che vogliono un presente e un futuro migliore”. Moussa ha poi affermato di essere contento di potere parlare di temi così importanti di fronte a tanti giovani, che rappresentano il futuro del pianeta.
Frattini da parte sua ha descritto le proposte italiane per arrivare a una risoluzione del conflitto israelo-palestinese: “La pace in questa terra è il punto a cui dobbiamo arrivare ora; non credo che abbia ragione chi dice che è necessario essere da subito d’accordo su tutto”. Fondamentale a suo parere cercare un compromesso su un vasto e almeno potenzialmente duraturo piano di pace. Il ministro ha poi annunciato, riguardo alla crisi del Caucaso, la sua prossima visita a Mosca e Tiblisi per portare avanti il ruolo di mediazione dell’Italia che ha raccolto apprezzamenti da entrambe le parti.
Sulla questione palestinese si è espresso anche Moussa chiedendo che gli Stati Uniti possano tornare ad essere un mediatore imparziale ma soprattutto che sia rispettata la promessa del presidente Bush di dare vita allo stato palestinese entro la fine di questo anno: “Gerusalemme è la città di tutti i fedeli e dev’essere libera. Bisogna pensare a questa città come alla capitale di tutti e due gli Stati. La parte araba è pronta ai negoziati.”
Anche il cardinale Tauran ha speso parole sul conflitto fra civiltà e quindi fra religioni: “Più che parlare di religioni e pace, si dovrebbe parlare di “credenti e pace”, perché le religioni non fanno la guerra. Anzi c’è chi fa la guerra in nome delle religioni”. Cosa può offrire da questo punto di vista la Chiesa al mondo di oggi? “Una pedagogia della pace. Sappiamo che nel cuore di ognuno di noi ci sono pace e guerra; i responsabili religiosi hanno il dovere di indicare la via giusta”. Pedagogia che si realizza soprattutto nell’attenzione alla giustizia e nel primato del diritto sulla violenza. Il cardinale ha poi ricordato l’importanza della Chiesa nell’incentivare il dialogo fra le diverse religioni attraverso strumenti come la dottrina sociale, la giornata annuale di preghiera per la pace (che si tiene il primo gennaio) e il complesso ruolo svolto dalla diplomazia vaticana, che ha sempre avuto cura di agire in armonia con i seguaci di altre religioni, come avvenuto negli incontri di preghiera ecumenica ad Assisi. Il cardinale ha poi concluso citando Giovanni Paolo II: “La pace sarà l’ultima parola della storia!”
“Voler instaurare la pace senza Dio, senza tener conto del fattore religioso, vuol dire agire contro l’uomo”, è la sintesi finale di Mario Mauro, perché se l’uomo rifiuta di includere Dio in questo processo si ricade nell’ ideologia, innescando così la logica della violenza.
(G.Z., A.P.)
Rimini, 25 agosto 2008