Scioccante, drammatico, violento, toccante: questi aggettivi descrivono bene il video di History Channel proiettato alle 19 in sala A4 dal titolo “Notte di terrore a Mumbai”, che ricostruisce gli attacchi terroristici alla megalopoli indiana avvenuti il 26 novembre del 2008 che hanno causato più di duecento morti.
Il video, della durata di circa 45 minuti, racconta le drammatiche 48 ore in cui si è scatenato l’inferno a Mumbai a causa degli attacchi terroristici compiuti da un commando di dieci terroristi provenienti dal Pakistan che, a due a due, hanno compiuto attacchi simultanei presso bar, ristoranti, stazione ferroviaria e hotel nel centro della città indiana uccidendo a caso le persone presenti in quei luoghi. Le immagini sono molto crude e in molti casi sono quelle delle telecamere fisse a circuito chiuso che in diretta hanno ripreso quei momenti drammatici.
La caratteristica principale del video è riportare le testimonianze di molti dei sopravvissuti a diversi attacchi ma, soprattutto, riportare i dialoghi tra i terroristi e i loro mandanti grazie alle intercettazioni telefoniche compiute dai servizi segreti indiani. Lo scoop del reportage consiste proprio nell’individuare, tra queste intercettazioni, membri dei servizi segreti deviati pakistani tra i mandati degli attacchi.
Al termine dell’incontro Gian Micalessin, scrittore, giornalista ed esperto di reportage in contesti di guerra ha spiegato il contesto sociale e politico in cui gli attacchi si sono svolti: “Dal 1948 c’è un conflitto in atto tra India e Pakistan, da quando il Kashmir (territorio a maggioranza musulmana) è stato assegnato all’India e non al Pakistan che lo rivendicava. Da quel momento si sono susseguiti scontri violenti e conflitti tra i due Paesi, causati anche dall’obiettivo del Pakistan di diventare una potenza atomica. L’obiettivo del Pakistan è destabilizzare il governo indiano”.
Micalessin descrive un quadro molto critico del Pakistan attuale. “Il Paese sta crollando sotto gli attacchi dei terroristi, supportati anche da una parte deviata dei servizi segreti pakistani. Il clima culturale diffuso è quello di un Paese in eterno conflitto, un Paese in cui lo stato è spesso assente. Anche in caso di calamità, come durante le inondazioni di questi giorni, gli aiuti sono gestiti dai gruppi fondamentalisti mascherati da associazioni umanitarie”.
Rispondendo alle domande del pubblico e di Roberto Fontolan, curatore assieme allo stesso Micalessin di questa serie di incontri, il giornalista ha espresso il suo punto di vista su cosa fare nel prossimo futuro: “Occorre continuare con le operazioni in Afghanistan e con le forti pressioni internazionali sul Pakistan per impedire che in questi Paesi si continuino ad addestrare i terroristi”.
(M.C.)
Rimini, 23 agosto 2010