L’esperienza non è un puro e semplice provare e la conoscenza non consiste in un astratto esercizio accademico, un’attività fra le tante, che corre in parallelo alla vita. Mettere in contrapposizione conoscenza ed esperienza significa consegnarsi a chi governa reazioni ed opinioni. Dunque la conoscenza è indispensabile all’esperienza perché permette di accedere al significato delle cose e, don Giussani docet, esperienza non è il semplice fare ma il capire.
Questo pomeriggio, almeno 15 mila persone (10 mila in auditorium e il resto in giro per la fiera, davanti agli schermi) hanno ascoltato la conferenza di Carmine Di Martino, docente di Gnoseologia all’Università Statale di Milano, dedicata proprio al titolo del Meeting “La conoscenza è sempre un avvenimento”. Una relazione di oltre venti cartelle, introdotta dal presidente del Meeting Emilia Guarnieri, che ha richiesto molta attenzione a quanti lo ascoltavano, ma che con gli indispensabili riferimenti filosofici ha dato ragione di una posizione culturale come quella di don Giussani, decisiva per il mondo contemporaneo. Una posizione che non riguarda qualche élite salottiera ma interpella chiunque: dall’accademico a quello che magari non ha in tasca neanche la licenza media.
Di Martino, ovviamente, ha tenuto come costante riferimento le opere di don Giussani (il titolo del Meeting è tratto da uno dei suoi tanti libri), tenendolo in continuo rapporto con alcuni maestri del pensiero occidentale, da Cartesio a Kant. La modernità, di cui Cartesio è considerato il padre, ha operato uno squilibrio nel rapporto fra individuo e realtà. Nel voler valorizzare il primo, ha finito per ridurre la seconda, subordinandola totalmente all’individuo stesso. Cartesio estende il dubbio a tutto ciò che gli uomini ritengono vero e reale. L’unica cosa che resiste al dubbio è la stessa ragione umana che dubita. Dunque: “Se penso, allora esisto”. Così la certezza e la verità si appoggiano interamente sui poteri conoscitivi del soggetto. Una posizione questa che, secondo Di Martino, è arrivata fino ai nostri tempi e che permea di sé correnti filosofiche come il costruttivismo o il cognitivismo o le stesse neuroscienze: la realtà è ciò che l’uomo pensa e proietta come oggetto della propria conoscenza.
Don Giussani, senza censurare l’esigenza di affermazione dell’io propria della modernità, la supera e mentre la rilancia recupera al tempo stesso il valore della realtà come “dato”, come fatto non riducibile al soggetto che la conosce. “La conoscenza per don Giussani – spiega Di Martino – è l’avvenimento di un incontro fra un’energia umana e la presenza della cosa. Realista per don Giussani è chi non sopprime nessuna delle due componenti della conoscenza. La filosofia moderna, invece, mette capo alla tesi secondo cui il soggetto precede di diritto l’oggetto e gode di un’evidenza ad esso superiore”. Di Martino individua nella parola “esperienza” la vera e propria cifra del realismo di don Giussani, secondo il quale, appunto, l’esperienza è sorgente di conoscenza. “Uno scienziato – scrive il fondatore di Comunione e Liberazione – conosce una stella lontana ed ignota agli antichi se essa entra nell’esperienza”. E questo, chiosa Di Martino, vale per tutto, Dio compreso. Allora avevano ragione Cartesio e Kant? “No – distingue Di Martino – perché per Giussani l’esperienza è il luogo di rivelazione della realtà, come una città senza altre mura che non siano quelle fissate dalla realtà stessa”. “Nella nostra esperienza – afferma Giussani – la realtà non si costruisce si rende evidente come una cosa che già c’è”.
Su queste basi, Di Martino ha individuato tre significati del titolo del Meeting. Il primo è che senza l’avvenimento non c’è conoscenza: una posizione che sottrae l’esperienza alla riduzione cartesiana e a quella empiristica che pensa all’esperienza come una somma di sensazioni prive di significato. Il primato dell’avvenimento, ribadito da altri filosofi del nostro tempo, come il francese Marion, ci dice che l’atto di conoscenza è sempre risposta ad una iniziativa che lo precede. Tra conoscenza e donazione c’è un’asimmetria: la prima dipende dalla seconda. L’avvenimento quindi, questa novità che irrompe nell’orizzonte umano, sconvolgendo l’esistenza dell’individuo, porta con sé una domanda sulla propria origine. L’uomo non si ferma al dato puro e semplice. Il dato non si è fatto da solo, è un segno che rimanda alla sua spiegazione.
Il secondo significato del titolo individuato dal relatore è che “la conoscenza è sempre un avvenimento in quanto l’avvenimento dell’incontro con l’altro rappresenta la condizione necessaria all’emergenza di quella capacità di coscienza della realtà che chiamiamo ragione”.
La conoscenza stessa, infine, è un avvenimento, sostiene il docente della Statale, perché nel fatto di averla ottenuta vi è un “di più” che ci sorprende, un carattere di avvenimento. Richiamandosi al filosofo americano Peirce, Di Martino ha spiegato che l’uomo passa dal dato al segno per un’inesorabile quanto misteriosa tendenza alla verità.
“Se l’avvenimento è fonte (di conoscenza) e occorre che esso accada perché il nuovo avanzi, qual è – si è chiesto Di Martino – la forma umana del rapporto con l’avvenimento? La ragione può rispondere solo con una domanda, perché l’avvenimento non può essere anticipato, prodotto dalla ragione stessa: ‘Vieni’. Come dice il testo di una canzone spagnola: ‘Vieni, non lasciarmi mai, tu…’ Questo grido è la stoffa della nostra ragione”.
“Il lungo applauso finale era rivolto non solo al relatore ma anche a don Giussani”. Lo ha esplicitato al termine Emilia Guarnieri, indicando l’atteggiamento di Giussani di fronte alla realtà come un’ipotesi interessante per stare al mondo anche oggi. In apertura la stessa presidente del Meeting aveva ricordato l’augurio fatto dal Papa nel messaggio inviato al Meeting: “Vi auguro di continuare a cogliere la sfida che i tempi propongono”.