Emma Neri, giornalista, ed Eugenio Gotti, consulente della Regione Lombardia, hanno scelto come titolo del loro libro una frase estratta dalla “Lettera ad una professoressa” di don Milani: “Erano ridotti a desiderare l’officina”. Gli autori hanno raccolto le storie di ragazzi impegnati nell’istruzione e nella formazione professionale anche a seguito delle riforme susseguitesi in breve tempo: la riforma del mercato del lavoro e la riforma del sistema dell’istruzione professionale, come ricorda il moderatore Massimo Ferlini, vicepresidente della Compagnia delle Opere.
Gianni Rossoni, assessore alla cultura della Regione Lombardia, chiamato dal pubblico, esalta il lavoro degli autori come “un libro di vita vissuta che racconta dei bisogni e di chi si è fatto carico di questi bisogni”. Come sottolineato da Diego Sempio, direttore del Centro di formazione professionale Canossa di Lodi, il titolo non intende svalutare il desiderio di lavorare in officina. “Lo spiego con la mia esperienza. Da quando nel 1997 sono attivo nel campo della formazione professionale, ho riscontrato in atto una riduzione del desiderio perché questi ragazzi non erano messi in grado di desiderare nulla di più”. Racconta poi la difficoltà vissuta nel 1999 a causa della riforma Berlinguer ed ricorda, invece, il respiro di sollievo per la valorizzazione di tale percorso professionale da parte del ministro Moratti. “Seguire questi ragazzi è il lavoro più bello del mondo perché si assiste di continuo a miracoli”. Una nota di fiducia percorre le parole di Sempio che dice di chiedere molto a questi ragazzi della formazione professionale “che molto possono offrire”.
La parola passa all’autrice: “Ho avuto il privilegio di guardare quello che accadeva in Lombardia; ho scritto non per esaltare le opere (l’In-presa di Carate Brianza, la Cometa di Como e tante altre), ma mi è stato chiesto di verificare se un metodo basato sulla valorizzazione della persona offrisse un valore aggiunto. Le esperienze di formazione professionale mi hanno commosso profondamente, ho visto gente che cerca di rispondere al bisogno delle persone”.
Come testimonia Jacopo Vignali, presidente della fondazione In-presa di Emilia Vergani, si sono cercati dapprima degli imprenditori che potessero insegnare il mestiere ai ragazzi. “L’esperimento è riuscito. I ragazzi dell’In-presa si diplomano e ricevono molte richieste di lavoro. Si tratta di scommettere su loro e rischiare; il risultato non lo si può prevedere”. Stupisce che alcuni arrivino a chiedere di poter aver nelle loro aziende i ragazzi dell’In-presa perché “educando loro educo me”.
Roberto Albonetti, direttore generale della direzione Istruzione, formazione e lavoro della Regione Lombardia, sottolinea che queste fondazioni e cooperative “fanno fronte ad un bisogno di una persona che è unica nel suo desiderio, per cui sono ugualmente valide l’istruzione e la formazione professionale”. Per rispondere ad un tale bisogno diversificato sul territorio bisogna valorizzare le relazioni sociali e le offerte che sono già in atto. “Visto che lo stato non sostiene più il percorso della formazione professionale, la regione Lombardia risponde con risorse proprie a un bacino di richiesta molto ampio di richieste, circa 70 mila ragazzi”.
(L.A.)
Rimini, 25 agosto 2008