Dialogo costruttivo, impegni reciproci e giudizi chiari, questo pomeriggio, nella sala Neri, fra il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, e il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, nell’ambito dell’incontro su “Liberiamo il lavoro”, coordinato da Dario Odifreddi, presidente della Fondazione La piazza dei Mestieri. Un’intesa operativa che ha avuto anche un suggello culturale. I due relatori hanno messo sotto accusa il nichilismo occidentale “che – secondo Sacconi – dal ’68 in poi è stato sparso a piene mani nel nostro Paese, generando un clima di sfiducia e di individualismo”.
Il primo impegno concreto lo ha preso Bonanni. “Entro il 30 settembre – ha promesso – la Cisl chiuderà l’accordo con la Confindustria, costi quel che costi”. La ragione l’ha dichiarata lo stesso Bonanni: “Non voglio prestare il fianco a chi cerca un pretesto per non mantenere quanto promesso in Finanziaria e cioè la detassazione del salario di produttività. Tremonti si è impegnato e dovrà aprire i cordoni della borsa”. Bonanni, su questo ed altro, ha trovato buona sponda nel ministro. Il quale, oltre a ribadire la detassazione degli straordinari, ha rilanciato l’idea di un modello fiscale “che, invece di penalizzare il lavoratore dipendente, privilegi le componenti variabili della retribuzione, che si collegano al profitto d’impresa”. Per Sacconi, oggi, i lavoratori non sono giustamente pagati e vengono espropriati degli incrementi di produttività delle loro aziende. Su questo argomento, Bonanni, di rimando, ha ripreso l’idea di un azionariato diffuso, che permetta ai lavoratori di partecipare al profitto delle imprese ed, entro certi limiti, di entrare nella governance delle stesse. Per far questo, ministro e sindacalista si sono detti d’accordo sulla contrattazione decentrata, che superi l’attuale sistema contrattuale ormai vetusto. Bonanni, poi, ha insistito nel chiedere al governo che, in caso di aumento del Pil, i lavoratori e i pensionati abbiano indietro parte delle ritenute praticate alla fonte.
Su un altro punto molto delicato, il ministro è stato chiaro: la formazione. “In questi anni – ha denunciato, guadagnandosi gli applausi della sala – abbiamo speso l’iradiddio per la formazione, ma possiamo dirci soddisfatti?”. Domanda retorica, alla quale il ministro ha risposto con la promessa di una rottura con il passato. Una politica della formazione, quella di Sacconi, che farà dell’impresa “il luogo privilegiato della formazione stessa”, che provvederà alla valutazione sostanziale delle competenze acquisite, abbandonando le certificazioni formali, e che metterà fine “al formalismo e all’autoreferenzialità del perverso mondo della formazione”. Il ministro, al riguardo, ha detto esplicitamente di guardare con attenzione e simpatia all’esperienza della Piazza dei Mestieri di Torino.
Ministro e sindacalista si sono intesi anche su un’altra questione: la delega alle parti sociali, promessa da Sacconi, per la gestione dei servizi alla persona in età di lavoro: collocamento, formazione mirata e apprendistato, sicurezza, sussidi di disoccupazione. Sulla sicurezza, Sacconi ha ricordato che gli infortuni sul lavoro non si evitano solo con l’inasprimento delle sanzioni, ma facendo crescere una cultura della responsabilità attraverso interventi di formazione e informazione, e ha annunciato una campagna di sensibilizzazione promossa dall’Inail, che partirà proprio dal Meeting di Rimini.
L’incontro era stato aperto dal professor Pierpaolo Donati, docente di Sociologia all’Università di Bologna. Donati dopo aver sancito la fine dell’epoca utopistica della liberazione dal lavoro, ha detto che oggi entrano in conflitto due visioni del lavoro. Una, secolarizzata, che vede il lavoro pur sempre come un fatto negativo, a cui ci si sottopone per necessità; e una, umanistica, secondo la quale il lavoro è necessario per lo sviluppo delle virtù umane. “L’uomo, dice la Bibbia, è creato per lavorare – ha ricordato Donati – e il lavoro, nella concezione cristiana, non è più una cosa servile ma dignitosa”. Il sociologo ha dichiarato la fine del modello Lib-Lab (un po’ di socialismo combinato ad elementi liberali) invitando a non considerare più il lavoro come merce ma come “un bene della persona, che vive in un contesto di relazioni”.
(D.B.)
Rimini, 25 agosto 2008