Per capitale umano si intende propriamente l’insieme delle conoscenze e competenze che la persona acquisisce col suo lavoro. Esse possono essere misurate e apprezzate per essere impiegate e così concorrere alla capacità produttiva e allo sviluppo di un’impresa.
Con questa opportuna precisazione sul titolo, Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere, ha avviato l’incontro tra rappresentanti di aziende di produzione di beni e di servizi, invitati a un concreto confronto, partendo dalla loro esperienza, sull’importanza di questo fattore per la vitalità imprenditoriale.
Hanno partecipato Manuela Kron, direttore corporate affaire del gruppo Nestlé in Italia, Francesco Bombelli, presidente del consorzio Hcm di Milano, Federico Vitali, presidente di Faam, oltre al presidente dell’Istituto per il commercio estero (Ice) Umberto Vattani.
L’esperienza di Francesco Bombelli, oggi alla guida di un consorzio che conta oltre 2.100 operatori del comparto sociale ed educativo, è iniziata nel 2005 rilevando una cooperativa sociale milanese di oltre cinquecento addetti, prevalentemente educatori e psicologi ma in condizioni economicamente problematiche e senza reali condizioni di mutamento degli assetti gestionali. “Spirito di libertà e relazioni di familiarità nei rapporti interpersonali con dirigenti e operatori sono state le condizioni del cambiamento, che ha portato ai positivi risultati gestionali ed occupazionali di oggi”, ha evidenziato Bombelli.
La storia della sua impresa gli permette di affermare: “Non esiste il capitale umano in natura, ma quando l’uomo inizia a spendere il suo tempo per un’opera, allora lì inizia a crearsi il capitale umano”.
Un esempio di crescita industriale fondata su un’autentica cultura del lavoro, sotto il profilo della positiva espressione della personalità individuale, è stato illustrato da Federico Vitali nel tracciare la storia della Faam, fabbrica di accumulatori da lui fondata trentasei anni fa nelle Marche, progredita con la realizzazione di altri stabilimenti in Italia, con trecento dipendenti e altre cinquecento unità nel mondo.
Rifiutando forme di impresa assistita per l’industrializzazione del Mezzogiorno e anche superando pessimismi sulla raggiungimento di risultati di buona produttività in contesti fortemente sindacalizzati, a metà degli anni Novanta la Faam ha aperto una nuova unità operativa in Puglia, raggiungendo ottimi risultati nella formazione di operai locali attraverso la trasmissione di competenze a cura dei colleghi più esperti. I primi sono divenuti a loro volta i formatori del personale nella fabbrica recentemente aperta in Cina. “È una cultura del lavoro che investe anche le modalità per la selezione del personale – ha sottolineato Vitali – che deve cercare di cogliere il desiderio del cuore della persona nel momento in cui si dispone al lavoro”.
Manuela Kron ha spiegato che essere manager significa gestire qualcosa che ti viene dato dall’azienda per un certo risultato: i beni come le persone. “In una multinazionale occorre impostare delle regole minimali che valgano in qualsiasi stabilimento per dare un senso di appartenenza ai lavoratori”, ha ricordato la relatrice. “I dipendenti infatti per formazione o altro possono viaggiare nei diversi paesi nei quali siamo presenti ed accorgersi di trattamenti diversi”. Non si tratta ovviamente di una pratica facile in contesti spesso culturalmente assai diversi.
“La Nestlé ha incrementato la presenza femminile all’interno del gruppo dirigente passando nel contempo dalla cultura della presenza in ufficio alla cultura della performance”. “Inoltre l’attenzione ai dipendenti l’abbiamo manifestata – dice ancora Kron – con due progetti per offrire loro tempo e serenità famigliare. Il primo l’abbiamo chiamato progetto 90 giorni.
Serve alle famiglie quando chiudono le scuole non solo in estate ma anche durante l’anno scolastico e dà la possibilità ai genitori di portarsi i figli in ufficio durante l’orario di lavoro affidandoli ad un’organizzazione interna”. Il secondo progetto è il telelavoro che consente in alcuni periodi a certe figure lavorative, non di livello alto, di fare il lavoro da casa senza spostarsi per raggiungere l’ufficio per conciliare esigenze famigliari con tempi di lavoro.
“Sono due esempi di attenzione al dipendente – è la conclusione – il quale si sente stimolato a dare il meglio di sé e a portare valore aggiunto all’impresa.
L’ambasciatore Vattani ha messo in evidenza che in Italia, su 4 milioni di imprese che producono ricchezza, solo 190mila effettuano vendite nei mercati esteri. Da questi dati si evince che dobbiamo aiutare le nostre imprese a rafforzare la loro presenza all’estero. “L’Ice con i suoi 116 uffici in 86 paesi esteri aiuta gli imprenditori a rafforzarsi tramite lo scambio di informazioni, contatti, ricerca di partners commerciali.
Ora ci siamo spostati nel campo della formazione per avere giovani appena usciti dalle università che possano essere formati sul commercio internazionale per aiutare le imprese ad affrontare i mercati esteri”. La ricetta quindi è semplice: “Occorre investire sui giovani per aiutare il nostro paese a crescere”.
(A.S., M.B.)
Rimini, 23 agosto 2010