28. Più società, meno stato. L’esperienza del dono nella tradizione italiana

Press Meeting

Ricchissima di spunti, osservazioni, riflessioni ed episodi di vita è stata la tavola rotonda “Più società, meno Stato. L’esperienza del dono nella tradizione italiana”, alla quale hanno partecipato Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione per il Sud, Luigi Campiglio, pro rettore e docente di Politica economica all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, e Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali.

Ha coordinato l’incontro il direttore del Banco Alimentare onlus Marco Lucchini.
Quasi una lezione universitaria quella di Luigi Campiglio che ha iniziato con una definizione del concetto di dono: è un atto personale, privato, non gesto di pietà, ma di solidarietà, che avviene nell’ambito sociale. I più grandi doni avvengono nell’ambito familiare (si pensi per esempio alle donazioni di immobili nello scorso anno, tra 300 e 350mila).

Campiglio ha detto, citando Aristotele, che dare è una virtù… ma è complicato. Ha poi citato l’esempio americano dove la filantropia è molto diffusa: più di 40 miliardari si sono impegnati con una promessa solenne a donare almeno il 50% del proprio patrimonio in opere filantropiche, favoriti anche da una fiscalità che agevola molto le donazioni.

In Italia il livello delle donazioni è ben al di sotto dell’esempio americano, ma rispetto agli States esistono anche differenze di tipo culturale. Il dono avviene all’interno della famiglia, esiste la disponibilità a contribuire per l’ambiente e fare donazioni per estranei (ne è un esempio il Fondo per la famiglia e il lavoro istituito dalla Diocesi di Milano). Infine, ha aggiunto Campiglio, “una diversa fiscalità sarebbe un vantaggio anche per lo Stato”.

“In Italia non ci sono i 40 miliardari, ma esistono esperienze interessanti che hanno qualche cosa da dare”, ha ripreso Lucchini, invitando Borgomeo a raccontarle. Il presidente della Fondazione per il Sud si è rifatto alla sua esperienza poliennale di attività nel Mezzogiorno per spiegare cosa significhi “più società e meno Stato”.

A suo parere sono molteplici le iniziative e opere di valore, che occorre anche però individuare e saper raccontare: “Ho scoperto esperienze e generosità nascoste, mentre del Sud si parla spesso solo per stereotipi. Invece ci sono meno incendi grazie all’opera di avvistamento di volontari, è stata costituita un’orchestra classica nel Rione Sanità, esistono cooperative che gestiscono i beni confiscati alle mafie ed è operante la lotta contro l’abbandono scolastico.

Ci sono associazioni che strappano uno a uno i ragazzi alla criminalità organizzata”. Tutte scintille che fanno nascere una società positiva, che attraverso il dono genera legami sociali. “Perché la cosa più difficile – ha commentato Borgomeo – è vincere la sfiducia iniziale che fa dire: questo che cosa vuole in cambio?”
Il manager ha continuato poi citando il Libro bianco del ministero del Lavoro e delle politiche sociali che disegna un nuovo modello di stato sociale. Entrando poi nel merito della Fondazione per il Sud di cui è presidente, ha ricordato che l’erogazione di finanziamenti implica sempre che i progetti non siano presentati da singoli, ma da un gruppo di partner e che abbiano una certa dose di innovazione. Questo perché non ha più senso chiedere finanziamenti dello Stato come è stato fatto finora: “È meglio che i soldi non girino in certe aree, ma è necessaria un’educazione allo sviluppo”.

È un fiume in piena il ministro Sacconi, che con toni appassionati apre vari squarci sul tema dell’incontro. “Ora è possibile operare una rivoluzione nella tradizione”, è questa l’idea base. “La crisi ha generato cambiamenti irreversibili facendo nascere una diffidenza verso il debito pubblico, il debito sovrano che non è più visto come una realtà inesorabile contro cui non si può combattere. È la fine dello stato Leviatano prospettato da Hobbes secondo il quale lo Stato è la regola di tutto, mentre paradossalmente si apre a libertà private nei campi dell’aborto, del sesso, della morte”.

Il governo attuale, ha affermato il ministro, ha messo in discussione questo modello avviando riforme come il federalismo fiscale e proponendo un nuovo modello sociale sussidiario, che muove da un’antropologia positiva che riconosce il valore della vita. Punto quest’ultimo fondamentale, perché “anche in Cina hanno riconosciuto che era una follia la politica di controllo della nascite che ha provocato squilibri impensabili”. Con il federalismo lo Stato deve essere strategico (cioè deve occuparsi delle grandi linee e dei grandi obiettivi), federale (l’organizzazione dei servizi deve essere più vicina ai cittadini) e relazionale (cercare il bene comune della persona attraverso i rapporti tra le persone). In questa stessa linea va lo sforzo di Giulio Tremonti per realizzare una riforma fiscale che tenga conto dei nuovi strumenti per realizzare la ricchezza. Ogni riforma però non può che partire da un presupposto: l’esistenza di persone “libere e forti” che sappiano costruire una nuova società solidale.

Il ministro ha concluso l’intervento riprendendo il contenuto del Libro bianco, con un lungo elenco di caratteristiche proprie del lavoro, “che è sì fonte di sopravvivenza, ma che non è lo scopo per cui l’uomo vive e che è suggerito dal cuore”.

(A.B.)
Rimini, 23 agosto 2010