25. E pluribus unum. Identità e convivenza

Press Meeting

A dibattere i fondamenti della convivenza umana sono stati chiamati in Sala Neri, con inizio alle ore 11.15, Miguel Diaz, ambasciatore Usa presso la Santa Sede, e Andrea Simoncini, docente di diritto Costituzionale presso l’Università degli studi di Firenze.
Un teologo prestato alla politica, così ha definito l’ambasciatore Roberto Fontolan, direttore del Centro internazionale di Comunione e Liberazione, che ha moderato l’incontro, e attraverso le citazioni di Saint-Exupéry, San Tommaso e Parmenide Miguel Diaz ha confermato la sua natura di profondo studioso oltre che di politico, attento nel riportare il pensiero e le iniziative del presidente Obama in tema di rapporti tra Stati, ma prima ancora di rapporti tra le culture e gli uomini che ne sono interpreti, anche all’interno degli stessi Stati Uniti.
L’ambasciatore si è detto votato, nello svolgimento del proprio incarico, ad un lavoro di “costruzione di ponti” tra uomini e culture, avendo appreso l’insegnamento della volpe saggia de “Il Piccolo Principe” circa quello che è il segreto della vita: “L’essenziale è invisibile agli occhi e non vediamo bene se non attraverso il cuore. Ed i cuori degli uomini devono pulsare assieme per poter affrontare le sfide del mondo di oggi” – ha detto Diaz – così come il presidente Obama sollecita a fare, quando invita tutti ad abbattere i muri delle differenze etniche, sociali, religiose, al fine di poter condividere anche gli oneri per una costruzione della democrazia, del progresso e della pace”.
“Gli States – ha proseguito l’ambasciatore – sono l’esempio proprio della traduzione in realtà del principio ‘e pluribus unum’, risultando forgiati proprio da tante culture ed avendo avuto come criterio anche dell’azione politica quel principio (come, ad esempio, nel voto alle donne, nella unità tra i braccianti agricoli ed in tanti altri campi). Riconciliare le differenze umane, questa è la questione culturale di sempre, che rimane attuale. Occorre smettere di vedere l’altro innanzitutto come nemico, perché lo sviluppo può aver luogo solo attraverso una rete di relazione tra uomini, avendo il cuore un desiderio innato di amare e di rapportarsi agli altri”.
Diaz ha concluso richiamando ancora il pensiero di Obama, espresso nell’assise internazionale de Il Cairo e nel discorso alle Nazioni Unite: “Occorre fare agli altri quello che si vorrebbe fosse fatto a sé. Una strategia di sicurezza nazionale ed internazionale richiede una interazione tra popoli e nazioni in nome del bene comune. Occorre una rete di soggetti e di nazioni ‘responsabili’, soprattutto nella promozione dei diritti umani. L’apporto in tale opera delle comunità religiose, ebraiche, cristiane, musulmane è assolutamente essenziale. Tutto questo può prevenire i conflitti e promuovere la crescita economica nel mondo”.
Simoncini è invece partito dall’analisi del contesto (negativo) che sembra opporsi alla possibilità di una convivenza pacifica tra gli uomini, guardando al “disorientamento” di cui parlava Heidegger e che sembra descrivere il mondo di oggi. Il docente ha preso in esame quello che ha chiamato il relativismo multiculturale, che sembra imperante, secondo il quale l’io coincide con il gruppo cui appartiene ed i gruppi sono “non confrontabili”, per opporre a tale visione quella per la quale, secondo l’insegnamento di don Giussani, la storia umana è una storia fatta da incontri.
“Il relativismo multiculturale non spiega – ha detto Simoncini – la natura interrazziale propria degli Stati Uniti ed è contraddetto proprio dal modo con cui è nata la Costituzione dello Stato italiano. Essa è stata dovuta all’apporto di uomini di diverse culture ed ideologie, che avevano saputo ritrovare una unità di intenti a partire dal riconoscimento della centralità dell’uomo e della necessità di “garantire il libero sviluppo della persona”, come sottolineato da Togliatti.
“Oggi – ha sottolineato Simoncini, riprendendo un’espressione usata da Diaz – la dimostrazione che è possibile creare dei ‘ponti’ è data proprio dal Meeting, che ha a tema il cuore dell’uomo e che riafferma il valore culturale, sociale e politico della categoria dell’incontro”. Riprendendo infine le vesti di docente di diritto costituzionale, Simoncini ha sottolineato che le costituzioni degli Stati Uniti e dell’Italia dimostrano che c’è qualcosa che viene prima del diritto e che il diritto non può che riconoscere e rispettare: tra queste cose c’è il “fenomeno religioso”, irriducibile allo Stato. Il relatore ha concluso il suo intervento con le parole di don Giussani, ricordando, per un verso, che “il dialogo è proposta all’altro di quello che io vivo e attenzione a quello che l’altro vive, per una stima della sua umanità e per un amore all’altro” e, per un altro verso, che il dialogo è possibile anche tra chi porta ideologie diverse perché “fra le ideologie diverse ciò che è in comune è proprio l’umanità degli uomini”.
(A.M.)
Rimini, 23 agosto 2010