È stato il racconto di un’amicizia, nata dal riconoscimento di avere lo stesso cuore e la stessa domanda d’infinito e di avere la stessa preoccupazione – quella per la perdita del senso religioso nell’uomo – cui si legava la passione educativa perché potesse riemergere la domanda di senso, propria dell’essere umano. È l’amicizia tra don Giussani e il professor Shodo Habukawa, eminente personalità religiosa buddista del Monte Koya, quella che è stata raccontata. Un’amicizia nata da quando, il 29 settembre 1987, don Giussani incontrò Habukawa in Giappone, coltivata poi negli anni con la partecipazione assidua, dal 1989 al 2000, al Meeting di Rimini da parte del monaco buddista. Il legame con l’esperienza di Cl è stato mantenuto negli anni successivi attraverso le visite costanti di don Ambrogio Pisoni al professore presso il Monte Koya. Oggi il ritorno in Italia per partecipare di nuovo al meeting e per andare a pregare sulla tomba di don Giussani.
L’intervento di Habukawa è stato preceduto da quello dello scultore Etsuro Sotoo, che, dopo l’incontro con Cl, nel 1991, ha ricevuto il Battesimo. Storia interessante la sua, storia di una continua ricerca finché emerge una risposta, che tuttavia ti rilancia sempre a nuove domande e sempre a nuove risposte: “Prima di lavorare la pietra, cercavo, ma non sapevo cosa: lavorare la pietra è duro, difficile, ma un po’ alla volta mi sono sentito sicuro, sapevo che c’era quello che stavo cercando e così sono andato avanti, certo che avrei trovato la risposta. A Barcellona ho incontrato Antonì Gaudì e la sua Sagrada Famiglia, dove ho lavorato a partire dal 1978, fino a completare, nel 2000, i quindici angeli della facciata della natività. È Gaudì che mi ha per così dire ‘presentato’ don Giussani e mi ha mostrato dove dovevo arrivare. Guardandomi indietro vedevo che avevo percorso una strada sicura, non un sentiero tortuoso, ma restava ancora la domanda. “Il senso religioso” mi ha aiutato a trovare la risposta. Arte e scienza mi hanno aiutato a trovare la verità che cercavo. In Giappone come in Europa la domanda è la stessa. Mi auguro che la traduzione in giapponese del libro di don Giussani possa aiutare i miei connazionali a porsi la stessa domanda e trovare la stessa risposta. Dal mio canto posso dire che il mio cammino è stato un cammino luminoso.”
È stata quindi la volta dell’intervento del prof. Habukawa, che ha ricordato innanzitutto la presentazione de “Il senso religioso” in lingua giapponese, avvenuta all’Istituto di cultura italiana di Tokio l’11 giugno scorso, mentre “dal palco, lo sguardo vivido, capace di penetrare il cuore degli astanti e pieno di profondo amore del ritratto di don Luigi Giussani riempiva l’intero spazio avvolgendo i partecipanti”. Il monaco buddista ha quindi ripercorso i punti fondamentali del libro. Il primo: “La dignità attribuita alle miriadi di fenomeni del mondo fa risplendere la ragione dell’essere umano. Sulla base della natura originaria della ragione, pura e integra come la luce delle stelle nel cielo notturno, veniamo guidati al ‘cuore dell’esperienza religiosa’ – titolo giapponese del libro -. La premessa che fa risplendere la ragione è aprire il proprio cuore alla miriade dei fenomeni”. Ma, “per comprendere la loro autenticità originaria dobbiamo liberarci dei pregiudizi derivanti dal nostro eccessivo amore di noi stessi”. Occorre “avere rispetto e venerazione per tutti gli eventi quotidiani”. Altro punto fondamentale è quello per il quale “penetrando negli strati più profondi dell’essere diventa visibile la natura universale originaria che si trova in ogni singolo essere. Per questo il centro del pensiero di don Giussani è l’ecumenismo. E da quegli strati profondi inizia a parlarci la nostra natura originaria, che in tal modo arriviamo a conoscere. La rivelazione è propriamente questa chiamata della divinità, la sua epifania, la preghiera”. Attraverso questa, “noi esseri dall’esistenza limitata, riceviamo il beneficio di partecipare ad un livello spazio-temporale infinito”.
A conclusione, sono stati eseguiti dal vivo “Torna a Surriento”, il canto napoletano più amato da Habukawa per la sua malinconia, riflesso dell’infinito – la cui conoscenza stupì don Giussani nel loro primo incontro – ed un canto popolare giapponese da parte di una cantante lirica.
(A.M.)
Rimini, 25 agosto 2008