Per il ciclo “testi & contesti” è stato presentato presso il Caffé etterario D5, alle ore 19, “Occidente: l’ineludibile incontro” (ed. Cantagalli). Introdotti da Camillo Fornasieri, direttore del Centro culturale di Milano, erano presenti l’autore, Javier Prades Lòpez, decano della Facoltà Teologica San Damaso di Madrid e Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano. Gli ospiti, seppur da fronti opposti, hanno descritto un libro che offre delle categorie profonde legate al tema della convivenza. Nell’introdurre il suo intervento Parsi ha definito il libro “spagnolo” ed ha affermato che “la convivenza è un bene sempre ed oggi più che mai è indispensabile l’incontro tra credenti e non”. I temi cruciali del libro, ha continuato, esplicitati nel libro attraverso i binomi uomo-comunità, tradizione-modernità, fede-ragione, vengono risolti in maniera ampia dall’autore grazie al messaggio cristiano. Altro tema, strettamente legato alla convivenza, che Parsi ha scorto nel libro è quello della cittadinanza. Questo punto, ha continuato, è diventato “una pietra filosofale” che amplifica la separazione in atto tra la politica e la religione e il caso Italia ne è un’evidenza storica. “Se siamo liberali – ha spiegato – dobbiamo consentire che l’esperienza religiosa ritorni dopo cinquecento anni nella sfera politica senza alcun timore”, chiedendosi poi come mai un Dio che fa tutto nel privato, nel pubblico risulta un problema. In conclusione del suo intervento ha poi esposto tre considerazioni: la separazione tra Stato e Chiesa come parte della tradizione storica; la deriva idolatra dello Stato compiuta in quelle società dove la democrazia e liberalità sono aspetti determinanti; la difficoltà di far entrare la religiosità in politica, in conseguenza del fatto che le due istituzioni, stato e chiesa, sono “tipicamente occidentali”. Prades ha dedicato il suo intervento a una risposta alle provocazioni lanciate da Parsi, di cui si è detto estremamente contento. “Tutti abbiamo a che fare con persone che provengono da tradizioni diverse rispetto alle nostre – ha esordito il sacerdote spagnolo – e il desiderio, è che la ragione non si fermi alle ragioni “penultime”(politiche, di legiferazione, ecc.)”. “La ragione, ha proseguito, è costretta a non accontentarsi di fronte alla domanda: ha un senso la convivenza con queste persone diverse alla luce del disegno di Dio?”. Proprio questa è la dimensione che è stata cancellata dalla vita pubblica e “sono persuaso del fatto che la convivenza è un bene, altrimenti l’esperienza normale diventa quella del terrorismo in Spagna”. “La nostra responsabilità – ha proseguito – è tenere insieme la mia tradizione e la capacità di riconoscere il valore universale dell’umano di chi non è come me”. Il problema allora diventa proporre una antropologia che nel dire “noi” non escluda nessuno, ed in questo sta tutta la pretesa del libro in cui risulta evidente che la sola a portare una risposta esaustiva al problema è la Chiesa. In definitiva è emerso dall’intero dibattito che il testo di Prades, diviso in tre saggi – Multiculturalità, tradizione, meticciato; Libertà di coscienza nel dialogo interreligioso; L’uomo cristiano di fronte al terrorismo nichilistico – rappresenta un approccio innovativo al problema e costituisce una viva testimonianza al “rendere ragione della speranza che è in noi”.