168. La terra dei diritti: l’europa che verrà

Press Meeting

Una delle testimonianze più toccanti di questo Meeting ci è stata proposta proprio prima dei titoli di coda, forse perché possa rimanerci più impressa. Salih Osman, premio Sacharov 2007 (onorificenza riconosciuta dal Parlamento Europeo per chi si distingue nella promozione e difesa dei diritti umani) ha parlato, dal palco del padiglione D7, della situazione del Darfur, la sua terra, e del ruolo fondamentale dell’Unione Europea nel rispetto e protezione dei diritti umani.

Grande assente il presidente della Commissione Europea Josè Manuel Barroso, causa la convocazione straordinaria del Consiglio Europeo per fare fronte all’aggravarsi della crisi in Georgia. Nel suo videomessaggio di saluto, proiettato all’inizio dell’incontro, Barroso ha dichiarato: “L’Europa è lo spazio in cui possiamo realizzare il nostro potenziale in un contesto di valori condivisi. Mi rendo conto che questi valori voi li condividete tutti e il Meeting è la prova del vostro entusiasmo in favore dell’Europa e di un’unione più stretta fra i popoli”. Soprattutto, ha continuato, è fondamentale inquadrare la parte che recita l’Unione davanti al mondo intero: “Il progetto europeo non è solo economico ma è un progetto a favore della pace e del rispetto della dignità dell’uomo. Ecco perché oggi abbiamo bisogno più che mai di Europa, non solo per noi ma anche per il resto del mondo”.

Ha concluso elogiando il ruolo svolto dal Meeting in questo senso: “Il 2008 è l’anno del dialogo interculturale europeo ed eventi come il Meeting, che in quanto tale è fenomeno interculturale, assumono particolare importanza in Europa”.
Dopo avere ringraziato il Meeting e i suoi organizzatori per l’opportunità, Salih Osman ha raccontato la sua storia. “Dal 1982, quando sono diventato avvocato, ho passato buona parte della mia carriera a spendermi per la tutela dei diritti umani nel mio paese, il Sudan, difendendo gratuitamente chiunque, soprattutto i più poveri, fosse vittima di crimini efferatissimi quali stupri, torture, omicidi, violenze. Da quando però nel 1989 è andato al governo, con un colpo di stato, il partito dell’attuale presidente Al-Bashir, tutti coloro che non condividevano la linea filoaraba e islamista dei detentori del potere sono stati perseguitati”.

Nel 2003, anno in cui è cominciato il conflitto in Darfur, sono cominciate anche le persecuzioni personali, a causa del lavoro svolto in favore delle vittime del genocidio e della raccolta di prove che ha effettuato per incriminare il presidente Al-Bashir di fronte alla Corte Penale Internazionale. “Sono stato imprigionato tre volte, senza avere commesso alcun tipo di reato, una volta perfino nella ‘Ghost House’ (prigione così chiamata perché coloro che vi entrano vengono sottoposti a torture umane e psicologiche inimmaginabili) e lì mi era negato tutto, anche di vedere i miei familiari”.

Ma è stato proprio in qual carcere che ha capito di non dover arrendersi: “Quando sono uscito ho scoperto di avere ricevuto cinquemila lettere di solidarietà da tutto il mondo che mi dicevano che non ero solo”. Poi nel 2005 la sorpresa: “Il mio partito mi ha chiesto di candidarmi in parlamento. Non è stata una decisione facile ma alla fine ho accettato e sono stato eletto”.
A conclusione dell’intervento, un appello verso l’Europa: “Bisogna che la Corte Penale Internazionale abbia la giurisdizione su questi crimini e che chi li ha commessi sia punito.

Dobbiamo lavorare insieme in nome dei valori che condividiamo”.
Al termine Mario Mauro, vicepresidente del Parlamento Europeo, ha proposto un’analogia fra la cattedrale della Sagrada Familia a Barcellona e l’Unione Europea: “Come la meravigliosa cattedrale di Gaudì secondo alcuni studi dovrebbe essere già crollata da un pezzo, anche l’Europa unita è una costruzione apparentemente folle dove però sta accadendo qualcosa di straordinario. Bisogna seguire il progetto dei padri fondatori e restare attaccati alle origini senza farsi condizionare da chi vuole trasformarla in ‘unione di repubbliche socialiste europee’.

Tutte le cifre del Darfur, i morti, i feriti, gli sfollati, dicono che c’è bisogno di un soggetto internazionale forte, che contribuisca al mantenimento e al rispetto dei diritti umani”. E questo ruolo può interpretarlo soltanto l’Unione Europea.

(G.Z.)
Rimini, 30 agosto 2008