Grande attesa nell’auditorium B7 della fiera di Rimini per il penultimo incontro del Meeting nel suo giorno conclusivo, 28 agosto. La kermesse chiude i battenti con l’intervento del neuroscienziato Giacomo Rizzolatti, docente di Fisiologia umana e direttore del dipartimento di Neuroscienze all’Università degli studi di Parma. Insieme a lui è intervenuto anche il veterano del Meeting Giancarlo Cesana, docente di Igiene nell’Università di Milano Bicocca. Ha introdotto Giorgio Bordin, medico internista e direttore sanitario dell’ospedale Piccole figlie di Parma: “La neurofisiologia moderna sostiene che il meccanismo tramite cui conosciamo non è solo intellettuale ma anche affettivo. Evidenza ed affezione sono dunque in un legame reciproco”.
La novità apportata dalla scoperta dei cosiddetti neuroni mirror, o neuroni a specchio, è proprio l’aver dimostrato con dati biologici che la nostra conoscenza passa attraverso il rapporto con l’altro ed è affettivamente legata a un tu. “Il modello del cervello come una monade elaboratrice di dati ed informazioni è superato. Il comportamentismo nacque con Pavlov e Skinner, si evolse poi nel cognitivismo con Watson negli anni Cinquanta e Sessanta, ma questo tipo di modello aveva dei limiti: postulava infatti che il nostro cervello fosse un semplice ‘cassetto’ che incamerava informazioni, con meccanismi di rielaborazione non molto chiari. La nostra teoria è molto più ampia. Il corpo che prova sentimenti ed agisce è elemento essenziale del nostro essere”.
Prendendo in esame alcune scimmie si è notato che le scariche di alcuni particolari neuroni, quelli mirror appunto, si attivano non solo quando il soggetto compie l’azione, ma anche quando la scimmia osserva la medesima azione compiuta da un altro animale, anche nel caso in cui semplicemente presagissimo l’atto senza vederlo del tutto realizzato. Tale dinamica funziona anche a livello di intenzioni e non solo di azioni. La capacità di cogliere negli altri un’esperienza mia si chiama empatia ed ha notevoli riscontri in campo sociale. La stessa cosa accade nel cervello dell’essere umano, più ampio e articolato. L’empatia affettiva infatti pervade la vita umana poiché permette di riconoscere, oltre alle intenzioni motorie, le emozioni dell’altro: se una persona sta male, in noi si attivano i medesimi neuroni, così che “avvertiamo il dolore come nostro”.
La società contemporanea non favorisce lo sviluppo di questa facoltà affettiva che rende in grado di comprendere empaticamente l’altro. Questo porta a una profonda infelicità nelle persone che si sentono così isolate. “Disturbi quali l’autismo stanno aumentando attualmente anche perché sono cambiati i rapporti sociali, a partire dalla famiglia. L’autismo, per definizione, è determinato da una grave ed insanabile compromissione del riconoscimento del pensiero dell’altro. Esistono famiglie molto generose, che hanno cercato e cercano tuttora di prendersi carico delle persone autistiche, e ciò costituisce un fattore relazionale e terapeutico molto importante”. Non basta saper risolvere il teorema di Pitagora; la nostra mente non è strutturata solo per compiti cognitivi, bensì per vivere bene nel mondo, e per vivere bene la vita con l’altro. E non è un imperativo morale, è la biologia ad insegnarcelo!
“Non parlo come medico, né come esperto, ma da uomo generico”, così Cesana ha proseguito l’incontro. La scoperta dei neuroni a specchio ci ha dimostrato che “la vita dell’uomo è affetto, attaccamento. Affetto è essere colpiti e colpire”. Torna dunque quel binomio inscindibile io-tu che ha dato nome all’incontro. Viviamo solo all’interno di rapporti, il nostro stesso essere è da concepire come relazione. San Tommaso d’Aquino non conosceva i neuroni a specchio, ma ne fu un grande precursore, quando ne parlò del dolore: chi vede una persona soffrire, prova dolore. È l’empatia, l’avvicinamento all’altro, il capire non solo il pensiero dell’altro, ma anche ciò che prova l’altro”.
Don Giussani fu, per Cesana, un grande previsore delle moderne teorie neuro-psicologiche: “l’esperienza che noi facciamo, determina il nostro agire. Noi agiamo nel mondo, viviamo con l’altro, cresciamo con l’altro. Perciò il nostro essere nel mondo non è solo un binomio io-tu. L’uomo è nel mondo ed più dei neuroni, più degli impulsi elettrici che determinano la trasmissione il pensiero. Il fatto stesso che noi oggi riflettiamo sul nostro pensiero e sul nostro pensiero è una chiave di lettura importante del nostro modo di essere nel mondo”.
(E.M., F.P.)
Rimini, 28 agosto 2010