163. Storie dal mondo

Press Meeting

La proiezione di due video ha caratterizzato l’ultimo appuntamento di questo ciclo di incontri dedicati ai reportages internazionali. Il primo ha descritto la difficile situazione che vivono i cristiani in Turchia attraverso la testimonianza di religiosi e di laici cristiani, dai quali emerge una condizione molto dura per i pochi cristiani presenti nel Paese, come testimonia l’uccisone di don Andrea Santoro avvenuta nel 2006. Il video è stata anche l’occasione per ricordare monsignor Luigi Padovese, il vicario apostolico per l’Anatolia ucciso a sua volta lo scorso giugno che è stato intervistato in questo video. Nonostante formalmente in Turchia ci sia libertà religiosa, in realtà gli attacchi ai cristiani stanno aumentando, creando notevoli difficoltà alle piccole comunità cristiane presenti sul territorio nella vita di tutti i giorni.
Situazione ancora più drammatica quella descritta da Monica Maggioni, giornalista del Tg1, e da Gian Micalessin, giornalista e autore di reportages in contesti di guerra nel documentario che hanno girato la scorsa primavera nel nord dell’Iraq relativo alle persecuzioni subite dai cristiani. Il video testimonia le violenze e gli attacchi di cui i cristiani sono oggetto a partire dal 2003, dalla caduta del regime di Saddam Hussein. Con la fine della dittatura e la crisi di potere venutasi a creare, i cristiani hanno cominciato ad essere oggetto di vere e proprie persecuzioni che rendono la vita quotidiana molto difficile se non impossibile. Molto significative le testimonianze di tante persone costrette a fuggire dalle proprie case ma che non rinunciano testimoniare la fede cristiana che li anima. Nel video sono descritte anche le rischiose condizioni di vita dei religiosi presenti sul territorio e l’obbligata scelta di alcune comunità di “blindare” i propri villaggi con posti di blocco e milizie armate per difendersi con ogni mezzo dai continui attacchi.
Nel corso del dibattito seguito alla proiezione dei video, la Maggioni ha sottolineato che “il ritiro dall’Iraq degli americani è troppo affrettato e comporterà un aggravarsi della situazione per i cristiani presenti nel Paese. Questo ritiro segue logiche di politica interna americana e non quella della situazione irachena che rimane attualmente caotica e senza un governo stabile”.
All’incontro ha partecipato anche padre Joaquin Allende, presidente internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre, secondo il quale “questo dramma umano si può sopportare solo affidandosi alla testimonianza dei molti martiri che nel storia hanno affidato la loro vita al Signore perdonando i propri nemici: questi sono i veri testimoni e quelli iracheni sono come loro”. Allende non si esime da giudizi specifici sulla situazione irachena: “La strage dei cristiani in Iraq non è un evento naturale, come un terremoto, è figlia della libertà dell’uomo e ci sono anche delle chiare responsabilità politiche come quelle dell’ex presidente Usa George W. Bush”. Molto apprezzato dal sacerdote il reportage della Maggioni e Micalessin, “perché i giornalisti possono aiutare a far emergere la verità dei fatti”.
Per chiarire ulteriormente la situazione Micalessin ha spiegato che “la situazione in particolare di Mossul è molto difficile, perché questa città è sempre stata quella dove erano presenti sia la parte più bellicosa degli estremisti sunniti sia, nei dintorni, i curdi. I cristiani si sono trovati in mezzo ed il colpirli è sempre servito ad entrambi i gruppi per creare un’instabilità che fa comodo ad ambedue: in particolare se i cristiani fuggono lasciano terreni che possono essere occupati”. Esprimendo un giudizio complessivo sull’intervento degli Usa in Iraq, la Maggioni ha osservato che “l’intervento ha prodotto a fasi alterne risultati buoni e meno buoni: purtroppo molte speranze sono state disattese”.
Molto chiara l’ultima considerazione di monsignor Alliende: “C’è un disegno politico per cacciare i cristiani dall’Iraq”. “Il senso del nostro lavoro è fare vedere quello che di solito non si vede”, è la chiusura di Monica Maggioni. “In Iraq ci sono storie di fede e di umanità che dovevano essere raccontate, per questo abbiamo fatto il reportage”.

(M.C.)
Rimini, 27 agosto 2010