In Italia, per l’energia elettrica, ci sono 130 operatori. In Francia, l’EdF (Électricité de France) opera praticamente in regime di monopolio, coprendo l’80% del mercato. Allora, come mai, da noi, l’energia elettrica costa il 30% di più? A cosa serve liberalizzare il mercato se la concorrenza non va incontro al consumatore? Sono alcune domande che, questo pomeriggio, Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, ha posto ai suoi due ospiti: l’economista francese Jacques Attali e l’amministratore delegato dell’Enel, Fulvio Conti.
Per Conti la risposta è semplice: la differenza la fa il combustibile usato per produrre l’energia elettrica. “In Francia hanno il nucleare e noi, per via dell’emotiva decisione referendaria del 1988, no – ha ricordato l’ad dell’Enel – però, in compenso, il 15% dell’energia elettrica che consumiamo è prodotta dalle centrali nucleari francesi e slovene. Un altro 65% lo produciamo con il gas russo e algerino, ed ecco spiegata la bolletta dei consumatori italiani”. Ma il problema non è solo questo. Attali ha messo in evidenza una differenza strutturale fra il sistema politico-decisionale francese e quello italiano.
“In Francia – ha spiegato – la nazione si è costruita intorno allo stato, da voi no. In Francia tutto parte dal centro e la nostra forza è la centralità. Da voi è il contrario, voi avete un sistema decentrato. Per vincere la sfida energetica e far decollare il nucleare dovete dotarvi di strumenti nazionali ma, vedendo l’esperienza di Napoli, è difficile pensare ad una strategia italiana in campo energetico”. A proposito delle liberalizzazioni, Attali non crede affatto nei loro effetti benefici: “l’ideologia della liberalizzazione e della concorrenza è un disastro”.
L’economista francese ha insistito sulla mancanza di un ‘centro’ politico decisionale. “In Europa si sta uscendo dall’idea nazionale ma senza costruire una centralità europea – ha avvertito – Occorre invece un vero e proprio governo europeo che stabilisca una strategia energetica”. Dello stesso avviso Conti, che ha fatto notare come i 27 Paesi della comunità europea, in materia energetica, procedano ciascuno per la propria strada.
Conti ha rilanciato il tema del quadro legislativo di riferimento di cui aveva parlato Attali, richiamando la pubblica amministrazione alle sue responsabilità. “L’Enel non ha mai abbandonato gli studi sul nucleare – ha assicurato – e lo prova il fatto che operiamo in questo settore in Francia, Slovacchia e Spagna. Il nostro problema non è la tecnologia e la professionalità, il problema è di natura politica”. Conti ha parlato di “assurdità della burocrazia italiana”, di conflitti all’interno della stessa pubblica amministrazione, di una pluralità di livelli decisionali, spesso in contrasto fra loro, “che per un’autorizzazione impiegano tre anni laddove, in Francia o in Gran Bretagna, si impiegano tre mesi”. La soluzione? “Riportare al centro quello che è stato delegato alla periferia e nel dibattito sulle scelte da fare, ricercare il consenso della maggioranza dei cittadini e non quello delle minoranze vocianti”.
Sul nucleare, Attali ha suggerito delle condizioni, partendo dall’esperienza francese, ed ha indicato tre punti: il Paese deve aver fiducia dei suoi ingegneri e dei suoi scienziati; massima trasparenza nei confronti dell’opinione pubblica, senza nascondere problemi ed eventuali incidenti; avere una macchina statale convincente e un sistema legislativo specifico. “Ci abbiamo messo trent’anni e per arrivare a questi risultati abbiamo adottato una pedagogia politica di grande rilievo”.
Secondo Conti, l’Enel, in materia di nucleare, può recuperare lo svantaggio accumulato nei confronti degli altri Paesi, basta avere “un corretto quadro legislativo che getti le basi di un nuovo sistema nucleare e che dia garanzie per tutta la filiera, dal trattamento dell’uranio fino alla distribuzione dell’energia”. “C’è bisogno di regole e leggi condivise, sulle quali la pubblica amministrazione deve dialogare con le imprese”.
Le scelte, in campo energetico, devono comunque essere fatte in tempi ragionevolmente brevi. Attali ha fatto presente che abbiamo soltanto quarant’anni di energia da combustibili fossili e che in questo stesso arco di tempo la popolazione mondiale passerà da sei a nove miliardi di persone mentre il consumo energetico raddoppierà. L’energia costerà di più e, secondo lo studioso francese, bisognerà cominciare ad affrontare lo choc del trasferimento di un terzo della ricchezza dal nord al sud del pianeta. “Occorre risparmiare energia – è la ricetta di Attali – e soprattutto reperire altre fonti. Oltre al nucleare, anche il sole e il vento. E questo vale soprattutto per l’Europa, che dipende totalmente dai Paesi del Golfo e dalla Russia, che è il nostro primo fornitore di gas e secondo di petrolio”. Analisi e prospettive totalmente condivise da Conti, che ha aggiunto un altro dato: in trent’anni passeremo da 17 a 40 miliardi di tonnellate di petrolio equivalente. L’amministratore delegato dell’Enel ha concluso dicendo che tante resistenze e obiezioni al nucleare verranno meno al prossimo picco del prezzo del greggio o del gas.
Vittadini ha tirato la fila dell’incontro sottolineando che il Meeting non si interessa solo di massimi sistemi filosofici e non parla in astratto di questioni come verità e libertà. “Certo – ha detto – la libertà ad un uomo non gliela dà il petrolio, ma l’affronto e la soluzione di problemi decisivi come quelli energetici favoriscono la sua libertà e la qualità della sua vita”.
(D.B.)