Ci sarebbe voluta una mensa, e non un caffè, come spazio letterario, per contenere la folla di giovani e adulti accorsi al salone Eni D5 per l’invito alla lettura di Bianca come il latte, rossa come il sangue alla presenza dell’autore, l’insegnante milanese Alessandro D’Avenia. Questi racconta l’origine del suo scrivere, riferendosi ai disegni appesi al muro della sua classe elementare e al suo desiderio di “scrivere cosa si dicevano lo gnomo e la farfalla” e, da adulto, di “dare contezza di una relazione invisibile con il padre”. E prosegue: “Scrivo per affrontare alcuni aspetti della realtà che altrimenti mi farebbero troppo male”. Racconta poi la genesi del romanzo, nato durante una supplenza (“il supplente è un adulto senza potere, strutturalmente fatto per essere demolito”) quando un ragazzo ha raccontato della morte di un’amica. L’adolescente è “un campo di battaglia per diventare uomo o donna” e in quel volto “in sessanta secondi ho visto avvenire un passo verso la maturità”.
Incalzato dal moderatore Camillo Fornasieri, direttore del Centro culturale di Milano, sul passaggio dalla figura del professore a quella del padre, D’Avenia riflette che “conservare una persona, o – egualmente – salvarla, significa farla essere se stessa, e la figura del padre è determinante” e cita il finale de La strada di McCarthy “perché di padre in padre passa il respiro”. E purtroppo “oggi i padri stanno diventando delle mamme-bis”.
Il discorrere di D’Avenia, rivolto più agli studenti che agli adulti, procede limpido, ricco di esempi e similitudini, quasi teatrale. Ma svela alcuni segreti del romanzo. I colori, ad esempio, dovuti ad un “tema in classe di cui mi ero scordato e che ho inventato all’istante: ricordi bianchi, azzurri e rossi”, e il diario di Beatrice, ispirato da un epitaffio sulla tomba di una giovane.
Conclude leggendo il breve brano in cui Leo, il protagonista, legge il diario di Beatrice dopo la morte della ragazza e dice “chiudo gli occhi e vedo la vita con i suoi. Quasi mi vergogno di non avere cominciato prima”.
L’altro libro presentato è stato “Milano è una cozza. Storie di trasformazioni”, a cura di Luca Doninelli, edizioni Guerini e Associati. “È da tempo – ha segnalato il moderatore Camillo Fornasieri – che Doninelli guarda Milano con passione e con molte domande. È curatore del volume perché in esso compaiono anche scritti di altri: di studenti universitari e di gente più anziana”. Il libro, infatti, propone dodici racconti, legati a due corsi di Doninelli: il corso di Etnografia narrativa, presso l’Università cattolica di Milano, e la Scuola di scrittura “Flannery O’ Connor” del Centro culturale del capoluogo lombardo. Il curatore ha scritto due racconti e l’“editoriale” del libro.
Doninelli ha chiarito come è nata l’idea del volume: “Noi Milano non la conosciamo. In questi anni, dopo i racconti di Jannacci e di Gaber, la realtà è andata più veloce di noi. Facciamo fatica a raccontare quello che ci sta accadendo. C’è una difficoltà di conoscenza – insiste il curatore – perché molti posti sono cambiati. C’è quindi una certa genericità nel parlare della città”. Insomma: aiutiamoci a raccontare Milano, facendo parlare la gente che risiede in quei posti, oggi molto diversi dal passato. In questo modo “iniziamo a percepire il brusio della città”.
Il titolo del libro riprende quello di un racconto, scritto da un farmacologo, Fabio, discendente da una famiglia di pescivendoli del Sud Italia: la cozza è brutta fuori, ma buona dentro. Doninelli ha letto l’inizio del racconto, caratterizzato da una grande efficacia narrativa. Ha ricordato, definendolo “bellissimo”, anche il racconto “SP46”, sul cambiamento di Bollate al seguito della costruzione di una nuova strada. “Io sono convinto – ha detto Doninelli – che un uomo sa raccontare solo ciò che lo ferisce. Dunque chiedo alla gente: qual è una cosa che ti disturba, ti addolora, ti affascina? E concordo il punto d’attacco”.
Altri libri all’interno dello stesso progetto, denominato “Le nuove meraviglie di Milano”, usciranno nei prossimi anni.
(Ant.C., V.C.)
Rimini, 27 agosto 2010