155 Quale politica per la famiglia?

Press Meeting

Sei partecipanti e un coordinatore per un incontro assai interessante: “Quale politica per la famiglia? Le prospettive del welfare locale” delle ore 15.00 in sala Neri. Hanno partecipato: Gianni Alemanno, sindaco di Roma; Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari; Roberto Cota, presidente della Regione Piemonte; Luca Pesenti, ricercatore di Sociologia generale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; Caterina Tartaglione, presidente del Sindacato delle famiglie; Pietro Vignali, sindaco di Parma. Ha introdotto Monica Poletto, presidente CdO-Opere sociali. Monica Poletto, dando il via all’incontro, ha dato la parola per primo a chi ha un’esperienza da presentare e così al microfono è giunta Caterina Tartaglione che ha iniziato la sua relazione proponendo tre punti: l’urgenza di attuare politiche per rivitalizzare la famiglia, la necessità di una politica di investimento e, alla fine, obiettivi e proposte del sindacato.
Una politica della famiglia è quanto mai necessaria, ha detto Tartaglione, perché essa è a pieno titolo un soggetto sociale: la prima fonte di crescita, educazione, cura e accoglienza della persona umana. Un soggetto decisivo per la vita sociale ed economica della nostra nazione che pure non ha mai trovato un’adeguata attenzione, se non una piccola apertura nel recente libro bianco del ministro Maurizio Sacconi. “Parlare oggi di famiglie, in piena crisi economica, è sicuramente molto difficile – ha raccontato – i dati Istat del 2009 sembrano bollettini di guerra, ma la famiglia si è dimostrata un ammortizzatore sociale formidabile tanto che l’Italia non ha sofferto della crisi come altri stati”. Una politica seria per la famiglia, ha aggiunto, deve pensare a investimenti sul lungo termine, non a interventi una tantum sulla necessità, per non far diventare un lusso avere un figlio, mandarlo in una scuola paritaria oppure curare un proprio parente in casa. E cita poi alcuni esempi positivi del lavoro fatto dal Sindacato: in regione Lombardia la collaborazione nella stesura della legge 23/99, la più avanzata in Italia; a Catania la fornitura di generi alimentari; a Varese l’integrazione tra donne italiane e immigrate; a Reggio Emilia in collaborazione con il provveditorato un percorso di aiuto alla genitorialità; a Milano il sostegno a bambini dislessici, a Pesaro uno sportello famiglia. Due le proposte concrete che Caterina Tartaglione ha presentato: “un nuovo sistema fiscale, con deduzioni sostanziose per i figli e la conciliazione dei tempi famiglia e lavoro con una flessibilità a misura di famiglia”.
Un’altra rilevante esperienza è riportata da Francesco Belletti che presiede il Forum della associazioni familiari. “La famiglia è il luogo della libertà e della socialità pubblica che nasce dalla scelta di un uomo e di una donna di stare insieme per sempre in tutto. Fare famiglia è un’attività pubblica, socialmente rilevante”. Date queste premesse, si comprende che la famiglia sia una risorsa per lo sviluppo della nazione, ha poi sottolineato, “ma tocca alla famiglia stessa farsi sentire e non subire in silenzio come la questione del cumulo che è stato dichiarato incostituzionale nel 1991 e da allora non è più stato fatto nulla nella fiscalità”. Ora il quoziente familiare è nei cinque punti di programma da attuare alla ripresa dell’attività politica del governo. “Ma interlocutori delle associazioni delle famiglie sono anche regioni, province e comuni”.
“Che cosa bisogna attendersi dalla politica in questo momento di fragilità della famiglia?”, è la

domanda del sociologo Luca Pesenti. “La politica dovrebbe avere cura del benessere della famiglia anche per motivi utilitaristici”, perché la fine di una famiglia ha costi decisamente alti sia economici (“Molti padri separati sono i nuovi poveri”) sia sui figli che più facilmente incontrano difficoltà scolastiche, dipendenze da droghe, criminalità. Lo scarso impegno della politica italiana sulla famiglia si vede dall’investimento sul Pil: 1 per cento in Italia, 2,5 in Francia e 3,2 in Germania. Occorre un ripensamento sulle politiche familiari (“non i bambini subito all’asilo nido e gli anziani nelle residenze protette”), ma un “personal budget” (per esempio istituito nel comune di Magenta) che la famiglia possa spendere come vuole. Un’idea nuova è nella legge di riforma delle politiche sociali della Regione Lombardia: l’idea che la famiglia sia un’“unità di offerta”. Significa che diventa un soggetto capace di offrire un servizio al proprio interno e quindi diviene un interlocutore del pubblico e del privato. “La politica deve dare quello spazio che restituisca alla famiglia le grandi funzioni che già svolge e così conservi il significato della propria esistenza”.
Dopo le esperienze parlano i politici. Il primo è il presidente del Piemonte Roberto Cota che ha cominciato con la definizione di famiglia, “quella dell’articolo 29 della Costituzione, cioè una società formata da uomo e donna. Il resto non è famiglia, ma solo diritti individuali e relazioni personali”. Per quel che riguarda le politiche a favore della famiglia, Cota ha portato alcuni esempi della sua regione. “Da cinque anni c’è la legge del buono scuola, ma era stata svuotata di contenuto. Io ho rifinanziato la legge per dare a molte, non a poche famiglie la possibilità di usufruirne per una libertà di scelta nell’educazione. Costa 10/15 milioni di euro che è la metà del compenso dato a Fuksas per il progetto della nuova sede della regione. Mi sono ‘incazzato’ quando ho visto quel pagamento”. Il Piemonte sta cambiando il servizio sanitario per tutelare la vita dal concepimento alla morte naturale. “Rispetto la legge per quel che riguarda la RU 486, ma voglio introdurre in tutti gli ospedali associazioni pro vita”, ha aggiunto. “Mi aspetto molto dal federalismo fiscale: sfruttando l’autonomia possiamo dare incentivi alle famiglie e alle aziende che assumono”.
“Parma è una città medio-piccola, con una buona qualità della vita e attua una politica di sostegno alle famiglie”, sono parole del sindaco Pietro Vignali. Parma spende 120 milioni l’anno per i servizi alla persona e la domanda sta crescendo e cambiando per l’aumento degli anziani e delle loro necessità. Sta cambiando anche la politica verso la famiglia con l’istituzione di un’agenzia che si occupa trasversalmente della famiglia, di una family card, e con la riduzione delle tariffe alle famiglie numerose, introducendo il quoziente familiare per l’Isee (il cosiddetto redditometro). “Questo è possibile anche senza diminuire il gettito fiscale”. Da Parma è poi partita l’idea di un network tra comuni italiani cui hanno aderito già cinquanta comuni tra cui Roma.
È il momento di Gianni Alemanno, arrivato zoppicante e appoggiato a una stampella. “Realtà e scelta sono state le parole che ho sentito”, così ha aperto l’intervento, aggiungendo di aver seguito l’esempio di Parma nell’applicazione del quoziente familiare per l’Isee che determina il costo delle tariffe comunali. “Non è un problema di risorse perché con le riforme fiscali di Tremonti, Siniscalco e poi Padoa Schioppa c’erano le risorse per applicare in tutta Italia il quoziente familiare”. Con una politica per la famiglia, lo Stato risparmia: “Un bambino in un asilo comunale costa 13mila euro all’anno, in uno paritario settemila”. Ha concluso: “Mi piace l’immagine della montagna nel titolo del Meeting. Ed è giusto che non ci dobbiamo accontentare, ma cercare le cose grandi che il nostro cuore desidera”.

(A.B.)
Rimini, 27 agosto 2010