L’innovazione costituisce un elemento decisivo per la competitività di un’azienda e richiede una costante verifica attraverso la conoscenza della realtà. Manager pubblici e privati, questo pomeriggio, nella sala Tiglio, si sono ritrovati d’accordo sul fatto che innovare non è un esercizio meccanico o una parola di moda ma l’esito del lavoro di una ragione attenta che impara dalla realtà. All’incontro hanno partecipato Gabriella Alemanno, direttore dell’Agenzia del territorio; Carlo Camnasio, presidente e amministratore delegato di Philips Italia nel settore medicale; Carlo Castellano, presidente di Esaote Italia; Stefano Storti, amministratore delegato di Y2K Communication.
Per Alemanno, innovazione è una volontà di cambiamento basata su principi etici; un processo che la relatrice ha voluto avviare all’Agenzia delle entrate, partendo dal soggetto dell’innovazione e cioè dalla persona. “Per questo abbiamo deciso di lavorare di più sul personale che sulle strutture”, ha spiegato, facendo presente, comunque, che la sua Agenzia non è più sinonimo di polvere e di libri accatastati.
Sulle centralità della persona ha insistito anche Castellano, a capo di un’azienda leader nell’elettronica biomedicale, con 1.600 dipendenti e 295 milioni di euro di fatturato l’anno scorso. “Il metodo migliore – ha sostenuto il presidente di Esaote – è operare in squadra, fissando dei target impegnativi, ma questo dipende dalle capacità personali di chi lavora nell’impresa”. Esaote è nata all’interno dell’Ansaldo (Finmeccanica) e agli inizi degli anni Novanta è stata privatizzata. Oggi è fra le prime dieci aziende del settore a livello mondiale (ecografi e tomografi) ed esporta il 36 per cento della produzione in Cina, India e Brasile. “In questo campo – ha concluso – ci sono molte possibilità. Basti pensare che l’80 per cento delle apparecchiature degli ospedali italiani è di origine straniera. Noi abbiamo dimostrato che è possibile competere con i potenti colossi mondiali”.
Anche per Camnasio, da trent’anni alla Philips, l’innovazione non può prescindere dalla persona, sia come soggetto del cambiamento che come utente dell’innovazione stessa. “L’innovazione – ha specificato – è la possibilità di rispondere alle esigenze delle persone, a partire dalla realtà”. E qui ha invitato tutti ad andare a visitare la mostra su Galilei. “Per Galilei – ha sottolineato – conoscere vuol dire lasciar parlare la realtà”. Le tecnologie medicali devono avere come obiettivo finale la salute del paziente e tener presente chi lavora con le macchine. “Lasciarsi interpellare da queste realtà – ha esemplificato Camnasio – significa realizzare sistemi ibridi che permettano diversi esami contemporaneamente, in modo da non far perdere tempo al malato, e permettere al medico di comparare subito una risonanza con una pet”.
In sintonia con Camnasio, Stefano Storti, ieri semplice dipendente di una ditta privata, oggi ad di un’azienda nel campo della comunicazione, con 150 dipendenti e venti milioni di fatturato. Anche per lui la realtà deve essere sempre in primo piano. Insieme al bisogno. Una realtà fatta di esigenze, di desideri, sia di chi produce sia del cliente. “L’uomo innova a partire dal bisogno che ha”, ha sostenuto, ricordando che le scarpe Geox, quelle che fanno respirare il piede, sono state create da un uomo che aveva i piedi in fiamme dopo una passeggiata nel deserto. “Il singolo bisogno però è sintomo di un legame con un bisogno più grande – ha subito aggiunto – Tant’è che, quando hai raggiunto una meta, anche bellissima, subito dopo ti accorgi che questa non basta. E così il bisogno di partenza fa scattare sempre un desiderio di qualcosa di più”. Storti ha detto di aver capito queste cose insieme a degli amici, convinti che il “di più” della realtà coincide con il fatto che la realtà abbia un creatore. “Ma questo – ha concluso – come dice Lewis, quello delle Cronache di Narnia, lo capisci man mano che entri nel cuore delle cose”.
(D.B.)
Rimini, 28 agosto 2009