150. Invito alla lettura – La teologia del corpo di Giovanni Paolo II

Press Meeting

“Un libro che parla al cuore dell’uomo moderno”. Così il monsignor Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, presenta il libro “Chiamati all’amore” scritto a quattro mani da Carl Anderson, cavaliere supremo dei cavalieri di Colombo e José Granados, docente di Teologia dogmatica e patristica presso il Pontifico istituto Giovanni Paolo II. Il libro, pubblicato da Piemme, mette a tema la teologia del corpo e dell’amore elaborata da Giovanni Paolo II durante la catechesi del mercoledì (1979-1984). Il volume vuole essere un invito a recuperare uno sguardo autentico sul corpo, strumentalizzato dalla società, manipolato dalla scienza o ancor peggio declassato in nome di uno spiritualismo esasperato. Con il dualismo cartesiano infatti, spiega Anderson, si è diffusa un’idea di corpo come “gabbia” dell’anima, nocciolo duro della dignità umana. Il cristianesimo scardina questa visione rivalutando il ruolo del corpo all’interno della vita umana. Dono di Dio a noi, “il corpo esprime la persona, esso è in unità profonda con la mente”. Il corpo come “dimora” dell’anima è un linguaggio da saper interpretare. Esso infatti è il tramite per compiere la vocazione all’amore alla quale ogni uomo è chiamato. “Il corpo è il linguaggio da imparare a leggere e ad usare per esprimere amore”, afferma il coautore Granados. Il tema del corpo è strettamente connesso a quello della sessualità: la differenza sessuale si rende evidente nel corpo che non solo divide la specie umana in uomini e donne, ma ne permette anche la riconciliazione attraverso il compimento del rapporto amoroso nella fecondità. Ricorda infine Granados: “Dio ha scelto il corpo come luogo dove si è donato a noi e ci ha accettato”.
“Stiamo parlando di un povero prete, e di un prete povero”. Così ha iniziato l’intervento di presentazione del suo libro Allora non è pane sul curato d’Ars il professor Giuseppe Farinelli. “Mi piace molto la definizione di prete povero – ha continuato l’autore – perché il curato d’Ars non teneva niente per sé, dava tutto ai poveri, per loro ha venduto anche i suoi denti. Era così povero che lui mangiava solo patate, mentre se aveva qualcosa di buono da mangiare correva a darlo ai poveri”. Farinelli ha poi commentato la definizione di povero prete: “Il curato d’Ars veniva ritenuto un sempliciotto. Non ebbe una teologia sistematica, è vero – ha continuato il professore – ma aveva una scienza che nasceva dalla fede. E da ciò che ha lasciato nel suo popolo capiamo che aveva una grande sapienza”. Monsignor Luigi Negri, chiamato a presentare il libro, trova invece interessante un altro aspetto: “Questo è un libro singolare, perché tratta la vita di un prete come orizzonte per la vita di tutti, come un avvenimento universale”. Il vescovo di San Marino, più che sintetizzare la storia del curato, preferisce sottolineare alcuni aspetti da tenere presenti anche nella vita moderna: “La sua grande novità è stata quella – ha proseguito Negri – di fare una proposta attuale di vita. La fede, da lui vissuta, ha avuto la grandezza di sfidare il popolo francese e di salvarlo. È stato un educatore del suo popolo, perché era se stesso. Questa era la sua grandezza: essere se stesso”.
(E.M., P.M.)
Rimini, 27 agosto 2010