C’è un genio produttivo italiano che promuove il nome del nostro paese nel mondo. Al Meeting di Rimini ne sono stati presentati alcuni esempi nel corso dell’incontro “Il made in Italy protagonista nel mondo”, svoltosi alle 15 in sala B7. Introdotti dal direttore generale della Compagnia delle Opere Enrico Biscaglia, sono intervenuti Federico Bani, presidente di Johnny Lambs, Massimo Carraro, amministratore delegato del gruppo Morellato, Giuseppe Orsi, amministratore delegato di AugustaWestland e Umberto Vattani, presidente dell’Istituto italiano per il commercio estero (Ice).
Esperto imprenditore nell’abbigliamento, Bani nel suo intervento ha raccontato l’esperienza della propria azienda familiare, passata dalla distribuzione alla produzione, fino all’acquisto del marchio Jhonny Lambs nel 2003. E da esportatore del made in Italy ha tenuto a precisare che “oggi rilanciare i nostri marchi a livello internazionale non è semplice perché in Italia i costi sono troppo elevati. Il problema non è più produrre, ma vendere”. “Per questo – ha aggiunto – serve un organo italiano, un pool di banche che promuova la nostra piccola-media impresa nel mondo”.
Quasi ottant’anni di esperienza invece per il gruppo Morellato, rappresentato da Carraro. Dai cinturini di orologio ai gioielli dal ‘lusso accessibile’. Questa la parabola di un marchio italiano che fa scuola nel mondo. “Siamo arrivati fino qui – ha sottolineato l’imprenditore veneto – grazie alla grande tradizione, alla passione e al gusto per le sfide future. Per portare i nostri prodotti nel mondo dobbiamo guardare oltre il mercato domestico europeo, ossia verso quei paesi orientali con popolazioni più giovani e redditi in crescita”. Ma per fare questo c’è una condizione irrinunciabile: “Il made in Italy non si basta da solo – ha infatti ribadito –, serve il supporto delle istituzioni, soprattutto nei paesi più lontani in tutti i sensi”.
E sul made in Italy aveva molto da dire anche Giuseppe Orsi, presidente di un gruppo dal fatturato annuale che sfiora i 3 miliardi di euro. Gli elicotteri prodotti dall’Augusta sono infatti diffusi in tutto il mondo. Con un cliente d’eccezione: il presidente degli Stati Uniti. “La nostra esperienza dimostra che il made in Italy non è assimilabile solo ai settori della moda o degli alimentari – ha sottolineato -, ma anche a quelli più prettamente tecnologici. Difficilmente infatti oggi passa l’idea dell’Italia come paese fornitore di tecnologia. Noi lo facciamo in tutto il mondo”. Produrre ed esportare made in Italy diventa così una volontà forte di eccellere nel proprio campo, un vero spirito di impresa “per poter costruire gli elicotteri migliori di pubblica utilità. Noi infatti – ha chiosato – vogliamo diventare sinonimo di elicotteri”.
Infine ha dato il suo contributo alla discussione anche un osservartore privilegiato del made in Italy come il presidente dell’Ice Umberto Vattani. “Il made in Italy è un modello composto di tante componenti diverse – ha esordito -, un cantiere in continuo cambiamento nel quale siamo tutti operai”. Al già citato ruolo degli imprenditori, Vattani ha affiancato quello delle istituzioni citando alcuni esempi tratti dalla sua lunga esperienza. “Infine c’è una terza parte da giocare – ha concluso – ed è quella che tocca a tutti, perché ognuno ha il compito di promuovere lo stile italiano all’estero. E lo impariamo bene qui al Meeting, dove ci insegnano che l’io nasce dalla relazione con l’altro. L’identità del made in Italy nasce quindi dal riconoscimento di altri che preferiscono i nostri prodotti proprio perché cercano quel senso del dono, del ‘fatto su misura’, ossia di quel talento non vendibile che solo noi abbiamo”.