Si sono riuniti venerdì 27 agosto nell’auditorium B7 della fiera di Rimini Shōdō Habukawa, monaco buddista e docente all’università di Koysan, Tareq Oubrou, rettore della moschea di Bordeaux e Jean-Louis Tauran, presidente del Consiglio per il dialogo interreligioso. “Un incontro tra amici, più che tra relatori”, lo definisce il moderatore Roberto Fontolan, direttore del Centro internazionale di CL. “Il dialogo richiede disponibilità e necessita di sgomberare il cuore da detriti per cercare l’essenziale”.
È questo essenziale a permettere al reverendo buddista di paragonare il concetto di “coscienza religiosa” espresso da Giussani nel testo “Il senso religioso” (tradotto in giapponese nel 2008) con quello del buddismo Shingon, al quale appartiene Habukawa. Entrambi riconoscono nella coscienza religiosa il luogo dove si forma la “configurazione emozionale e sentimentale alla base dell’essere umano”. Per Giussani si chiama senso religioso, per i buddisti coscienza ayala.
Entrambe le culture poi sono accomunate dal richiamo a vivere autenticamente il rapporto con il mondo fenomenico, porta d’accesso alla “comprensione profonda e immediata del logos”. Questa condizione per i cristiani si chiama rivelazione, per i buddisti si raggiunge tramite la pratica mantra che porta ad un corretto equilibrio interiore.
“Tanto più siamo radicati nella nostra tradizione, tanto più possiamo essere aperti al mondo”. Questo è il cuore del messaggio di Oubrou. La nostra società sta andando incontro a un forte processo di desecolarizzazione dovuta alla crisi delle scienze. Con Einstein, la teoria dei quanti e la biologia molecolare hanno fatto crollare la certezza positivista e hanno aperto la strada alla ricerca della spiritualità. “Il caos in cui ci troviamo rischia di farci sprofondare in una spiritualità irragionevole”, afferma. Per non avere un rapporto superficiale con la religione è perciò necessario ancorarsi alle proprie tradizioni.
Solo così possiamo essere tolleranti verso le altre culture e religioni. “La diversità è elemento essenziale della fede”, sostiene il rettore. La diversità è motivo di ricchezza quando culture diverse, radicate nella propria identità, si riconoscono unite all’altro in quanto unite al divino: “Non dobbiamo unirci contro il mondo, ma costruire una teologia ecologica per conservare l’umanità, il pianeta, la vita e la fede”.
Conclude l’incontro il cardinale Touran, ormai da tempo grande amico del Meeting di Rimini. Le religioni devono collaborare insieme per il bene comune, senza tuttavia dimenticare che “il dialogo non può nascere dall’ambiguità ma dalla certezza della propria identità”. Touran illustra cinque punti di contatto per una collaborazione attiva e feconda tra religioni: pedagogia del vivere insieme, passione per il servizio all’altro, testimonianza religiosa, distinzione tra bene e male e responsabilità personale sono i cardini per una felice cooperazione.
Contro la crisi dell’intelligenza (“siamo superinformati ma non sappiamo ragionare”) e della trasmissione dei valori morali e religiosi, il cardinale si appella ai cristiani cattolici, “minoranza che conta”: “Non abbiate paura di essere cristiani, osate!”
(E.M.)
Rimini, 27 agosto 2010