Molti applausi per il reading-spettacolo “Che è mai l’uomo? Il racconto del re Creso dal primo libro delle Storie di Erodoto” alle 11.15 nella gremitissima sala del Teatro Frecciarossa, a cura di Zetesis, con traduzioni di Moreno Morani e Giulia Regoliosi, regia di Andrea Carabelli. Performance realizzata in seguito a un lavoro di preparazione anche atletica e coreografica svolta sotto la guida di Teodoro Bonci del Bene, che ha coinvolto studenti delle scuole superiori di Milano.
Sotto la lente dello storico greco sono i vari episodi della vita del re di Lidia, “uomo in balia degli eventi”, benché favolosamente ricco e potente, costretto però a interrogarsi sulla domanda su chi sia l’uomo che possa considerarsi veramente felice.
“Historia” o “historie” (ionico) significa indagine, ricerca: una ricerca che produce conoscenza in quanto è fatta in prima persona, con i propri occhi. Il sapere storico di Erodoto si legittima come sapere dell’esperienza, e non della tradizione. Erodoto racconta che a Solone, in visita da Creso – furono mostrati tutti i suoi tesori. “Ospite ateniese – è la domanda che il re rivolge al filosofo ritenendo di essere lui l’uomo più ricco – hai mai conosciuto qualcuno che fosse veramente il più felice di tutti?”.
Solone lo sbalordisce citando l’esempio di Tello di Atene: “In un periodo di prosperità per la sua patria ebbe dei figli sani e intelligenti e tutti questi figli gli diedero dei nipoti che crebbero tutti; lui stesso poi, secondo il nostro giudizio già così fortunato in vita, ha avuto la fine più splendida: durante una battaglia combattuta a Eleusi dagli Ateniesi contro una città confinante, accorso in aiuto, mise in fuga i nemici e morì gloriosamente; e gli Ateniesi gli celebrarono un funerale di stato nel punto esatto in cui era caduto e gli resero grandissimi onori”.
All’irritazione del re, Solone risponde aggiungendo: “Supponiamo che la vita di un uomo duri settanta anni; di ben 26.250 giorni, non uno solo vede lo stesso evento di un altro. E così, Creso, tutto per l’uomo è provvisorio. Vedo bene che tu sei ricchissimo e re di molte genti, ma ciò che mi hai chiesto io non posso attribuirlo a te prima di aver saputo se hai concluso felicemente la tua vita.
Chi è molto ricco non è affatto più felice di chi vive alla giornata, se il suo destino non lo accompagna a morire serenamente ancora nella sua prosperità…Non c’è essere umano che sia sufficiente a se stesso…Di ogni cosa bisogna indagare la fine. A molti il dio ha fatto intravedere la felicità e poi ne ha capovolto i destini, radicalmente”.
(M.T.)
Rimini, 27 agosto 2010