“Un Rachmaninov diverso stasera – esordisce il musicologo Pier Paolo Bellini – che testimonia la radice dell’appartenenza a un popolo, la sua identità”. Nei preludi per pianoforte del grande compositore russo poi esule negli Stati Uniti, questo sentimento di appartenenza è “legato ad un suono particolare, quello delle campane, che emerge in ogni momento forte della vita”. Immediatamente Bellini introduce Nazzareno Carusi, allievo di Weissenberg e Merzhanov, due mostri sacri del pianismo contemporaneo, apprezzato in tutte le platee internazionali, e già al suo secondo concerto al Meeting.
Bellini quindi denuncia la censura che si è perpetrata nei confronti del grande artista del Novecento: “Quando a 44 anni, affermatosi il regime sovietico, andò esule in America, Rachmaninov è scomparso dai conservatori e dai libri di testo”. Evidentemente “le problematiche ideologiche sono ancora presenti”, ma la censura è anche dovuta ad una “ideologia estetica, perché Rachmaninov per scelta cosciente non scrive nello stile del Novecento”. Egli stesso ha scritto che “la musica deve essere la sommatoria totale delle esperienze del compositore. Sorella della musica è la poesia e madre la sofferenza”, e secondo Bellini il vero motivo di censura è proprio “credere che la musica comunichi tutta l’esperienza dell’uomo, perché ogni suono di Rachmaninov dice non di un particolare, ma la totalità dell’esperienza del cuore”. Anche Carusi sottolinea “Quando studiavo a Mosca, Rachmaninov si eseguiva, ma tradendo tutta la sua arte con esecuzioni tecnicistiche da un miliardo di note al minuto”
Quindi Bellini introduce il primo dei sette preludi oggetto della performance (op. 3 n.2), analizzandone la forma musicale e invitando l’uditorio a notare la ricorrente imitazione della campana e soprattutto il momento culminante, posto dal compositore russo al centro del brano (in russo tochka o culminatja). Lo stesso, commentando anche i temi principali enunciati al pianoforte da Carusi) avviene per gli altri preludi (op. 23 n. 4, n.5 e n.10, op. 32 n.5 e l’impegnativa op. 32 n.10). Poi, con il commento sommesso ma significativo di proiezioni degli schemi e delle frasi-chiave con cui Bellini legge lo svolgersi delle composizioni, la parola passa a Nazzareno Carusi.
Con grande tecnica e con ancor più grande sensibilità interpretativa, Carusi afferra l’attenzione del foltissimo pubblico della Sala Neri e lo rapisce immergendolo nel discorso musicale. I sette preludi vengono eseguiti di fila, ma il pubblico non può che trattenere l’applauso fino alla fine della performance, quando la tensione emotiva lascia finalmente spazio al “grazie” all’esecutore e al relatore. Sullo schermo, ancora l’ultima citazione di don Giussani: “Quando si identifica con la vita del popolo, la creatività del singolo tocca la sua maturità più grande; la maturità diventa totale e sempre più piena quanto più si identifica col popolo intero, implicandosi con la totalità della propria affettività e della propria creatività, fino a portare il popolo intero”
(Ant.C.)
Rimini, 27 agosto 2009