131. Lavorare nel tempo della crisi

Press Meeting

La decisione di divenire imprenditore, l’avvertenza del rischio che comporta, il rapporto tra impegno personale, progettualità e apertura alla realtà e ai suoi imprevisti (l’iniziale sviluppo aziendale superiore alle previsioni, l’acquisto di una società concorrente, l’improvvisa riduzione del 30 per cento del fatturato aziendale per la crisi) sono stati alcuni dei passaggi del racconto della storia recente di un’impresa, a cura del suo leader, Stefano Colli Lanzi presidente di Gi Group nell’incontro delle 13.45 per la serie di “Lavorare con la crisi”.
Sollecitato dal moderatore Francesco Liuzzi della Fondazione per la Sussidiarietà – che ha richiamato l’enciclica papale a proposito della necessaria prevalenza del profilo umano su quello tecnico-professionale nell’essere imprenditore – Colli Lanzi ha voluto anzitutto eliminare, proprio in base alla sua esperienza, qualche luogo comune. “Non bisogna pensare che per fare impresa occorrono chissà quali santi in paradiso”, ha sottolineato, aggiungendo che “se sono importanti la progettualità e l’impegno personale nella conduzione di un’impresa, il risultato non è comunque nelle nostre mani”. Perciò si può essere “liberi di guardare al risultato, nella consapevolezza che un’impresa è una realtà che ultimamente vale per qualcosa sempre di più grande rispetto ai risultati di un sorprendente profitto o di un improvviso calo del fatturato a causa della crisi”.
Ricordando l’insegnamento di don Giussani sulla preoccupazione educativa nel rapporto con la realtà, Colli Lanzi ha aggiunto che occorre anche una certa audacia nel fare impresa. “L’audacia – ha precisato – è l’atteggiamento di interesse e apertura continua verso le occasioni che la realtà pone dinanzi”. “Occorre una continua voglia di imparare”, ha insistito, concludendo così il racconto della sua origine e storia di imprenditore, in totale sintonia col titolo del Meeting.

(M.B.)
Rimini, 27 agosto 2009