In quindici mila oggi pomeriggio nell’Auditorium B7 (e altre aree della Fiera, grazie ai teleschermi) per assistere ad uno dei momenti più attesi di questa edizione del Meeting, l’incontro con l’ex premier britannico Tony Blair, oggi presidente della Tony Blair Faith Foundation ed inviato per la pace in Medio Oriente su mandato di Onu, Ue, Usa e Russia.
Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, ha introdotto e moderato l’incontro ricordando alcuni dei principali incarichi ricoperti da Blair nella sua vita (capo del partito laburista inglese dal 1994 al 2007 e primo ministro inglese dal 1997 al 2007) e sottolineando l’importanza della sua attività nel riformare e migliorare i servizi pubblici britannici e nel contesto internazionale (fondamentale il suo ruolo per la fine del conflitto nell’Irlanda del Nord): “È un grande onore poterla ospitare, questo è uno dei più importanti incontri di questi trent’anni di Meeting”, ha sottolineato.
L’ex primo ministro ha svolto un intervento nel quale non ha risparmiato affermazioni molto coraggiose e delicate, raccontando molti episodi della sua esperienza personale inerenti alla sua attività politica ed al suo rapporto con la fede e con la Chiesa. “Per me è un privilegio partecipare al famoso Meeting di Rimini, un onore essere qui con voi ed essere associato a Comunione e Liberazione – ha esordito – Sono un neofita nella Chiesa cattolica, ma da quando ho iniziato il mio percorso di conversione mi sembra di ritornare a casa”. Nella prima parte del suo intervento Blair ha espresso un giudizio positivo sugli sforzi che la Cina sta facendo sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica (“la Cina è realmente determinata a migliorare”) nel welfare state e nelle relazioni, spesso delicate, con la Santa Sede.
Estremamente interessante quanto espresso da Blair in merito al rapporto tra stato, individuo e comunità: “Lo stato funziona meglio quando sostiene e supporta gli sforzi degli individui, non quando si sostituisce ad essi. Lo stato deve organizzare i servizi pubblici, ma non necessariamente li deve gestire tutti direttamente”. Su questo tema l’ex premier ha raccontato la sua esperienza personale: “Il welfare state degli inizi del ventesimo secolo oggi è inadeguato per rispondere ai bisogni degli individui. Occorre un equilibrio tra una concezione dello stato opprimente e un mercato incontrollato ed è quello che ho cercato di fare io in quella concezione di organizzazione dei rapporti tra stato e mercato definita “terza via”. Inoltre è molto importante il ruolo del volontariato e della società civile, e in questo ringrazio il professor Vittadini e la Fondazione per la Sussidiarietà per il suo prezioso lavoro”.
Nel cuore del suo intervento, Blair si è soffermato sul ruolo pubblico della fede: “Perché una società funzioni armoniosamente, non bastano il ruolo dello stato, della persona e della comunità, occorre che ci sia un posto anche per la fede”. Secondo il relatore, “la crisi finanziaria dimostra come la ricerca del profitto a dispetto del bene comune è dannosa per l’individuo, così come una concezione materialistica ed edonistica della persona e, quindi, della comunità. Proprio qui entra in gioco la fede, perché senza Dio l’uomo non sa più né chi è né dove deve andare”.
Blair ha insistito molto poi sull’importanza che la fede e la Chiesa rivestono nell’affrontare i più importanti problemi dei nostri tempi: “Solo grazie alla Chiesa potremo governare e non essere schiavi della globalizzazione”. Molto importante poi l’affermazione della propria identità nel dialogo con le altre culture e religioni: “È importante confrontarsi con rispetto reciproco, ma senza diventare tutti la stessa cosa”. Di qui quella che il relatore stesso ha definito la sfida del ventunesimo secolo: “Fede e ragione sono alleate, non in contraddizione. Per questo la voce della Chiesa deve essere sempre ascoltata con fiducia e attenzione”.
Alla fine dell’intervento, Vittadini pone una serie di domande all’ex premier inglese. La prima è relativa ai tratti più innovativi che hanno caratterizzato le trasformazioni vissute dalla Gran Bretagna in questi ultimi anni. L’ospite risponde evidenziando due punti. Il primo: “Avevamo la convinzione di dover riformare i servizi alla persona. Li abbiamo quindi liberalizzati, in modo che il cittadino avesse la libertà di scelta qualora non si sentisse soddisfatto. Poi – prosegue – abbiamo lavorato sul Welfare state, in modo che le persone vedessero lo Stato come un aiuto e non come un ostacolo”. Il concetto fondamentale però è che “lo Stato non deve mai sostituirsi alla persona”. Il secondo principio evidenziato da Blair è la devolution, “perché ritengo che il potere esercitato dal basso verso l’alto sia il migliore”.
Vittadini riprende il tema della conversione personale. Blair è emozionato e scherza: “È colpa di mia moglie”. Poi racconta di quando – non riconosciuto – fu invitato a presentarsi ai fedeli in una chiesa giapponese, cosa che non mancò di fare con un informale: “Salve, mi chiamo Tony e vengo da Londra”. Ma il tono dell’ex leader britannico si fa serio quando afferma che nella Chiesa cattolica si sente a casa, “non solo per il suo magistero, ma per la natura universale della Chiesa”.
Il presidente della Fondazione per la sussidiarietà chiede anche come si fa a costruire una società multiculturale. La risposta è chiara: “Ognuno deve conservare la sua identità, ma tutti si devono riconoscere in valori condivisi”. E tra questi valori rientrano “le radici giudaico-cristiane dell’Europa: dobbiamo essere orgogliosi di questo”.
L’ultima domanda è sul Medio Oriente. Blair spiega che ad “Israele deve essere garantita la sicurezza e i palestinesi deve essere riconosciuta la dignità di Stato. Ma per realizzare tutto ciò – spiega – serve fiducia reciproca”. Vittadini conclude l’incontro definendo Tony Blair “un maestro sulla via della fede. Un uomo e un amico che vive la sua fede con passione, come uno strumento di conoscenza per giudicare tutto”
(M.C., M.P.)
Rimini, 27 agosto 2009