123. Non siamo fatti per essere soli

Press Meeting

“Un incontro dal titolo suggestivo e un po’ provocatorio”, ha sottolineato in apertura Davide Rondoni. “Praticamente questo titolo ‘l’ha fatto’ Dio, che creò l’uomo, fatto per non essere solo. Provocatorio perché viviamo in una cultura dove la frase più di moda è ‘l’importante è star bene con se stessi”. L’uomo così è come monade, chiusa in sé”. Ospiti dell’incontro Giancarlo Cesana, docente di Igiene generale e applicata all’Università di Milano Bicocca ed Eugenio Borgna, primario emerito di Psichiatria all’Ospedale Maggiore di Novara, autore, ha ricordato Rondoni, di numerosi saggi, tra cui “Arcipelago delle emozioni” e “Malinconia” dove analizza segni di disagio e psicosi, emozioni e sentimenti dell’animo umano.

“Un tema straordinariamente intenso – ha sottolineato in apertura Borgna – che si presta a diverse possibilità interessanti. Occorrono due premesse: soltanto l’educazione a vivere i nostri sentimenti, emozioni, l’attitudine anche alla preghiera, quello che si muove nel segreto della nostra interiorità, ci può far cogliere sentimenti ed emozioni nell’interiorità degli altri. Sono folgoranti, umanissime, metafisiche intuizioni le frasi di don Giussani: “Dobbiamo accogliere della nostra esperienza con gratitudine e con simpatia l’umano che è in noi e che ci fa conoscere tutti gli aspetti, fa emergere tutti i significati”.

Solo partendo da questa ricerca certamente affannosa e difficile, per Borgna, possiamo arrivare a comprendere ciò che il destino ci fa intravedere nelle “ombre straziate” degli altri (come, ad esempio, nella condizione carceraria). “Così ad esempio nel bellissimo film ‘Il grande silenzio’, attraverso un colloquio che passa attraverso la preghiera comune, o attraverso la visione della bellezza delle montagne si può riscattare la condizione d’apparente solitudine. La seconda premessa è la libertà. ‘C’è una sola cosa insopportabile per l’uomo religioso – scriveva don Giussani – che si riduca in nome della ragione, si obliteri, si emargini quel fattore per cui egli è libero, immagine del mistero. È contro questo riduzionismo dilagante che noi ci ergiamo”.

Cesana concorda. “C’è nella bellezza della nostra esperienza un momento in cui si è irresistibilmente soli ed è il momento in cui si decide la possibilità di ciò che si è, o di restare isolati. Uscire dalla solitudine è una questione di ragione: riconoscere che siamo dipendenti. Il secondo aspetto è misurare la corrispondenza con la realtà. Che cos’è che vale? La meraviglia iniziale o la decisione necessaria? Questione grave, che può far perdere il gusto di vivere. Il male peggiore dell’umanità, scriveva Teilhard de Chardin, è quella malattia spirituale che è il più direttamente umano dei flagelli: la perdita del gusto alla vita. L’unico rimedio è l’incontro con un fatto che ti coinvolge totalmente, la coscienza che la vita, tutta la vita, è dono. Questo rompe definitivamente la solitudine. Il principio dell’incontro, la potenza del segno come trasmissione del significato, che diventa possibilità del rapporto con tutto, è il principio stesso della carità. La fede è seguire qualcuno per quello che porta. Questo introduce a tutti i rapporti e ci fa tendere all’infinito”

(M.T.)
Rimini, 28 agosto 2008