La sala Neri è strapiena, come spesso in questi giorni, alle ore 11.15 per l’incontro che prende spunto dall’ultimo volume di Mario Mauro, rappresentante personale della presidenza dell’Ocse contro razzismo, xenofobia e discriminazione nei confronti dei cristiani. Il titolo è appunto “Guerra ai cristiani” e si riferisce, come spiega lo stesso Mauro, “all’assai difficile situazione di molti cristiani che ancora oggi subiscono discriminazioni sociali e persecuzioni di massa”.
“Se gli anni Novanta si sono conclusi con violente angherie ai danni dei musulmani da parte degli integralisti – dettaglia la sua analizza Mauro – il primo decennio del Duemila ha visto accrescersi le persecuzioni nei confronti dei cristiani, sia negli stati neo comunisti, quali la Cina e la Corea del Nord, che nei paesi musulmani. Infatti, fra i cinquanta paesi del mondo arabo, in più di trenta si attuano tuttora persecuzioni ai danni della nostra religione. Riflettiamo sulla persecuzione dei cristiani non per una strategia identitaria bensì per la nostra conversione e per la difesa della libertà religiosa tout court”.
Mario Mauro ha poi ripreso la frase del filosofo Jozef Tischner: “Dio nasce… il potere trema”, questo è il motivo di tanto odio nei confronti dei cristiani. “L’uomo – ha continuato il parlamentare europeo – è relazione con il Mistero, e questo garantisce la sua libertà, quindi noi siamo di Dio, siamo di Cristo e Cristo è di Dio. Il nostro intento non è quello di aggredire le funzioni istituzionali di questi paesi, ma incrementare un vero dialogo fra i popoli”.
Ampio ed articolato è stato l’intervento di Joaquin Alliende-Luco, presidente internazionale dell’organizzazione Aiuto alla Chiesa che Soffre. “Avevo preparato un lungo testo – esordisce – ma Mario Mauro mi ha invitato a riferire a tutti voi la mia esperienza personale. Per questo racconterò delle mie stupende amicizie con tre uomini straordinari: don Francesco Ricci, don Giussani e Josef Ratzinger”. “Io sono cileno, sacerdote ormai da 50 anni – racconta il relatore – Francesco mi confidò di avere un tumore, e aveva davanti a sé pochi anni di vita: l’orologio della sua vita correva molto più velocemente della mia, perciò pensai che, dovendo vivere molti anni più di lui, avevo il dovere di difendere con maggiore forza la cristianità nella mia nazione. Chi non soffre, forse non ha diritto di gioire e di fare festa”. Ricorda poi di aver usato ad un congresso parole eccessive. “Alcuni amici mi ‘spararono’ ed io divenni verbalmente ancora più aggressivo verso di loro. Francesco Ricci poco prima di morire mi disse ‘quella volta i tuoi amici ti attaccarono, ma non sapevano che tu dicevi il vero’. Gli piacque avvicinarmi alla figura di Santo Stefano martire, e io ne gioii”.
La seconda grande amicizia per Alliende Luco fu quella con don Giussani “Sono stato grande amico e sono tuttora amico di ‘don Gius’. Una volta, a tavola, stavamo mangiando un piatto di pasta, lui mi disse ‘tu hai un grande carisma, tu devi andare a testimoniare e a difendere la cristianità con un coraggio ancora più forte nell’America latina. Se non lo fai, commetti un peccato. Sono io a chiamarti: va’ in Cile e in Brasile, ma fa’ presto, perché non c’è più tempo. Ogni attimo che attendi è un momento perso’. Così mi avvicinai al Movimento, abbracciai ogni anno i motti dei Meeting e cercai di portarli dove il Gius mi aveva voluto”.
Una considerazione sulla psicoanalisi e sul marxismo: “Il pensiero di Freud fu l’espressione di un estremo tentativo di disillusione del popolo ebreo, che cercava di uscire da grandi oppressioni; penso che anche Carlo Marx sia stato, parallelamente, un rigido tentativo di riduzione dell’uomo in un contesto storico molto tragico”.
Di qui la terza grande amicizia di Joaquin Alliende-Luco, quella con Josef Ratzinger, poco dopo il periodo bellico. “Nella mia famiglia spirituale abbiamo affrontato il nazismo; mio padre è finito nel campo di concentramento di Dachau e ha scritto seimila versi di preghiera. Quando un uomo viene reputato morto, in quel momento la forza di Dio si manifesta nella sua intensità”. È la grande forza di Stefano, primo martire e di San Paolo “che hanno guidato me e Josef Ratzinger in tutto il nostro operato per tutto il periodo postbellico e fino ai giorni nostri”. “Credo che i tempi per il progetto di beatificazione di don Giussani siano maturi – afferma Alliende-Luco tra gli applausi del pubblico – e Benedetto XVI e tutta la Chiesa stiano lavorando con grande carisma in questa direzione”. La figura di santo Stefano è per lui emblematica. “Non c’è vero martirio cristiano se non stefanico, ossia conforme al primo protomartire. Infatti santo Stefano è stato padre spirituale di Paolo. Senza una rifondazione trinitaria dell’Umanesimo non sarà possibile costruire il futuro della Chiesa e dell’umanità”.
Nota bene finale, non certamente però di secondaria importanza: “Quando parliamo dei martiri cristiani, siamo consapevoli che senza i cristiani difficilmente ci sarà la salvaguardia di ogni altra esperienza umana e religiosa”.
(F.P., A.S.)
Rimini, 26 agosto 2010