Dopo la lezione magistrale (per ricchezza dei contenuti e ampiezza di svolgimento), sottolineata con lunghi applausi dai seimila dell’Auditorium, il cardinale Angelo Bagnasco non si sottrae alle domande dei giornalisti nella conferenza stampa delle 18.25.
Si parte con due domande di cronaca recente. Un giornalista chiede se ci può essere il rischio che si ripercorrano gli errori del passato su razzismo e fascismo. La seconda domanda riguarda l’emergenza educativa, da sempre al centro degli interventi della presidenza Cei: ma i vescovi sono preoccupati che l’emergenza educativa non sia al centro della politica?
Bagnasco spiega che il Santo Padre anche nell’ultimo Angelus ha accennato alla necessità di richiamare sempre alla coscienza di tutti il valore fondamentale della tradizione dell’accoglienza degli uni verso gli altri e la capacità di collaborazione, dell’integrazione e della comprensione reciproca per un arricchimento vicendevole. “Questi valori fanno parte della tradizione viva della storia del nostro Paese e del nostro popolo che è impregnata del Vangelo – ricorda il porporato”. “Il Papa ha ricordato questo a tutti perché è un’indicazione valoriale e un criterio spirituale umano e cristiano insieme, di cui nessuno può prescindere nell’ambito delle famiglie, dei gruppi, delle associazioni, delle istituzioni perché è un rischio presente nella vita di ciascuno. Sono certo che la tradizione viva del nostro popolo continui ad andare avanti non solo dalla presenza dei cristiani e dei valori evangelici, ma anche dal buon senso di tutti quanti, di tutti gli uomini di buona volontà”.
Per quanto riguarda il tema educativo, il cardinale conferma: rimane certamente un’emergenza. In base a tanti fenomeni anche di cronaca questa istanza ritorna e “alla radice, per la soluzione di tanti problemi, è necessario andare a un impianto formativo, educativo e culturale che bisogna custodire, richiamare e arricchire. Penso che la Chiesa – prosegue – e i vescovi in particolare, in piena sintonia con il Santo Padre, hanno una grande consapevolezza e continueranno l’azione educativa nelle loro diocesi attraverso le parrocchie, le scuole cattoliche e le istituzioni che fanno parte della nostra realtà”. Quindi la Chiesa non demorde: educare è una missione che mira al della società intera.
Con la domanda successiva si allargano gli orizzonti oltre i confini nazionali: c’è la possibilità che l’Europa si faccia contro la Chiesa? Il presidente dei vescovi italiani rimanda alla sua relazione del pomeriggio: “Ho detto che dimenticare la storia, è un principio che vale per ogni parte del mondo, significa rinchiudersi sul presente e diventare prigionieri di dinamiche e di problematiche solamente immediate”. Quindi il richiamo e l’auspicio è proprio quello di “guardare la propria storia in modo riconciliato”, senza nascondere luci e ombre. Stesso discorso vale per l’identità “senza la quale non c’è possibilità di dialogo vero perché non si ha nulla da offrire all’interlocutore”. Per quanto riguarda la possibilità di una spinta anticattolica “fa parte di quelle tentazioni che ci sono state e che sono sempre possibili”.
Interrogato sul ruolo della Chiesa, monsignor Bagnasco ricorda la frase di Benedetto XVI a Verona: la Chiesa non è un soggetto politico. Questo non significa che si disinteressi della respublica, della società. “Il Figlio di Dio ha assunto la pienezza della realtà umana in tutte le sue prospettive, anche politiche e sociali. La Chiesa non è un agente politico, come dice il Santo Padre e anch’io ho detto nella prolusione, i vescovi danno la loro voce al loro popolo. Proprio perché la Chiesa attraverso i vescovi, i pastori e tanti altri operatori pastorali, che vivono con la gente e conoscono la vita delle persone, delle famiglie, dei gruppi danno voce a questo. E questo significa essere fedeli alla propria missione”.
Sul federalismo il cardinale ripete – un concetto che torna più volte – che la Chiesa vive in mezzo al popolo, “un dato di fatto a volte non riconosciuto e addirittura un po’ oscurato, il che non mi sembra giusto”. Occorre partire innanzitutto da “una visione unitaria circa i grandi temi della vita, della morte, della persona, della società. È questo che crea una identità e questa visione d’insieme che si esplicita nelle scelte storiche dei singoli e di un popolo e questo permette a una moltitudine di farsi popolo”. Detto il che, “delocalizzare per meglio servire la gente è validissimo se è complementare”. Postilla necessaria: “Questo è un principio, poi bisognerà vedere come sarà l’applicazione”.
Il cardinale non si sente in un fortino sotto assedio. “C’è un riconoscimento globale, popolare e diffuso nei confronti della presenza della Chiesa che è una presenza di servizio per tutti, credenti, non credenti”. Il che non vuol dire non accorgersi che ci sono “posizioni diverse che emergono in Europa e anche in Italia”. Ma questa, ribadisce, non è l’opinione generale.
Qualcuno chiede se sarebbe disponibile incontrare il ministro Umberto Bossi. Al che, senza scansare il quesito, Bagnasco risponde che “i vescovi ricevono ben volentieri chi chiede di incontrarli”. E, sembra inevitabile, le domande tornano sempre alla politica. Qualcuno chiede qual è la priorità che il governo dovrebbe mettere in agenda. Risposta: “Poi mi accusate di fare politica…”. E poi la precisazione: “Come pastori diamo voce alla nostra esperienza diretta: vediamo tutti quanti le difficoltà delle famiglie nella vita quotidiana: questa è una situazione che ci preoccupa. La Chiesa cerca sempre con la generosità di tutti di far fronte alle necessità e al carovita. Con questo diamo voce all’esperienza pastorale senza la pretesa di dettare agende a nessuno”.
(Arc. B.)
Rimini, 24 agosto 2008