104. Popieluszko. Non si può uccidere la speranza

Press Meeting

La proiezione del film, tenutasi alle 21.45 in Sala Neri, è stata preceduta dall’intervento del regista Rafal Wieczynski, il quale ha invitato il pubblico a guardare il film per incontrare un pezzo di storia polacca. “Questo film – ha proseguito – nasce da un rigoroso lavoro di documentazione, come ci ha confermato la madre del sacerdote ucciso. Io poi ho voluto semplicemente mostrare quello che Dio ha fatto con questa storia, non potevo fare una storia migliore di quella di Dio”.

Il film è un grande affresco sulla Polonia del dopoguerra, vista attraverso la vita e gli occhi di questo prete, eroe e martire suo malgrado. Nel film vengono raccontate tutte le fasi della vita di Popiełuszko: l’infanzia, il servizio militare e l’ordinazione sacerdotale nel 1972. Don Jerzy nel giugno del 1980 viene assegnato come sacerdote residente alla parrocchia di san Stanilao Kostka, sul cui territorio si trova la grande acciaieria di Nowa Huta. Il suo carisma riuniva atei e credenti, operai ed intellettuali, gente semplice e aristocratici, mentre celebrava messa sotto lo sguardo dei poliziotti armati della Polonia comunista.

Quando un gruppo di operai impegnati in duri scioperi nelle acciaierie di Varsavia chiese alla chiesa locale un sacerdote per poter seguire la Messa anche dentro l’occupazione, Popiełuszko viene inviato il 28 agosto dal primate di Polonia, il cardinal Stefan Wyszynski, agli operai dell’acciaieria e diventa così il cappellano di Solidarnosc.

Il film evidenzia il suo rapporto con gli operai, la vita delle loro famiglie e la cura spirituale e materiale di ognuno da parte del sacerdote. Egli sentì come proprie le rivendicazioni di Solidarnosc, e del suo leader Lech Walesa. Oltre al lavoro parrocchiale, nella pellicola si racconta il suo ministero fra gli operai svolto attraverso conferenze, incontri di preghiera, assistenza ai malati, poveri e perseguitati.

Nel 1981 in Polonia viene introdotta la legge marziale. Padre Jerzy è uno degli organizzatori del Comitato di Aiuto ai perseguitati e alle loro famiglie e ogni mese insieme al suo parroco organizza una Messa per la patria che raccoglie tantissime persone di tutti i ceti sociali. Egli invita i fedeli ad ascoltare la voce della coscienza, a vivere nella verità dei figli di Dio e a combattere il peggior nemico che è la paura, chiedendo nella preghiera la forza per affrontare le difficoltà.

Le autorità temono la sua influenza e l’accusano di fronte alla Curia di attività antistatale e iniziano una campagna di denigratoria nei suoi confronti. Le accuse però non fermano padre Popiełuszko, il quale organizza un grande pellegrinaggio di tutti i lavoratori a Czestochowa. Le autorità polacche sottopongono il sacerdote ad una continua sorveglianza: lo arrestano due volte e lo interrogano 13 volte. Egli però nelle sue omelie non ha mai parole di odio, chiedendo ai polacchi di “essere liberi dalla paura e dal terrore ma anche dal desiderio di vendetta”. Mentre rientra a Varsavia, viene rapito da tre ufficiali mentre il suo autista riesce a fuggire; spontaneamente il popolo tiene delle veglie di preghiera per il suo ritorno.

La notte del 18 ottobre lo maciullano a colpi di manganello e lo gettano nella Vistola. Il 30 ottobre il corpo viene ritrovato in un lago gelato.
Il film si conclude con spezzoni di filmati dell’annuncio della sua morte, del funerale e della vista alla sua tomba di Giovanni Paolo II.
Tutti questi fatti sono scrupolosamente documentati nel film, che ha così il merito di superare una facile agiografia o peggio spettacolarizzazione o drammatizzazione di questa vicenda nel suo attenersi puntuale alla verità storica. Il pubblico al termine della proiezione ha tributato un lungo applauso.

(A.S.)
Rimini, 25 agosto 2010