103. Ad est molto di nuovo

Press Meeting

Lo stato del cammino della conoscenza in Russia? Buono, grazie a Dio, nonostante i settant’anni di comunismo e una mentalità di stampo positivista che, come del resto anche in Occidente, attecchisce ovunque. Gli ospiti di questa sera, Tat’jana Kasatkina e Vladimir Shmalyj, che sono stati introdotti da Giovanna Parravicini, di Russia cristiana, hanno parlato della “Sorpresa del quotidiano”, per documentare, dentro la realtà di ogni giorno, come ovunque, anche in Russia, sia possibile quello che diceva Pavel Florenskij (tutta da vedere la mostra su di lui al padiglione C5): “nelle cose più ovvie è nascosto un senso vertiginoso della trascendenza”.
La Kasatkina, direttore del dipartimento di Teoria della letteratura presso l’accademia delle Scienze russa (al suo attivo anche la presentazione, a Mosca, del libro di Giussani “Si può vivere così” ) è innamorata di Dostoevskij e lo considera il baluardo della spiritualità russa contro il nichilismo e la deriva scientista del positivismo venuto da occidente. L’autore dei Karamazov, proprio in questo romanzo, ha sostenuto che “nessuno può raggiungere qualcosa se all’inizio non è se stesso”. Vale a dire che nel processo di conoscenza la persona è tutto. “L’esatto contrario – ha osservato la studiosa russa – della pretesa del positivismo di estromettere la persona dal processo di conoscenza, nella convinzione che l’indagine è tanto più obiettiva quanto più si defila l’individualità del ricercatore”. La Kasatkina ha individuato come diffusa la creazione di una immagine “pornografica” delle cose, “che estrapola gli attributi delle cose che noi vogliamo consumare e nasconde ciò che invece delle cose non ci serve, per giungere ad un’immagine del mondo radicalmente traviata”. A questa pornografia, a questo consumo della realtà, Dostoevskij oppone un’immagine ierografica, in cui l’altro non viene consumato né usato ma amato, affermato nel suo essere. Io desidero soltanto che l’altro sia, esista. Secondo lo scrittore russo, affermare l’altro vuol dire affermarlo in Dio, l’unico che possiede l’immagine vera delle cose. Diversamente, la concupiscenza nasconde ai nostri occhi molti aspetti della realtà, quegli aspetti che non abbiamo alcun interesse a consumare. “E la cosa singolare – ha spiegato la Kasatkina, interpretando San Giovanni – è che in questo consumare l’uomo si sazia troppo in fretta e si accontenta”.
Per Dostoevskij la verità è dialogica, nel senso che ogni creatura di Dio ha in sé una verità che riguarda Dio e che può pronunciare solo lei e il coro di queste voci esprime la verità nella sua pienezza. In russo, la parola “avvenimento” significa appunto “essere insieme”, un essere che partecipa di un altro essere. “Quella positivista, invece – ha concluso l’intellettuale russa – è una conoscenza che non è un avvenimento. È un soggetto che considera l’oggetto assolutamente non in grado di dire niente che lo interessi. Un medico positivista si preoccupa più delle analisi che di quello che potrebbe dirgli il paziente”. Così il positivismo toglie al mondo il diritto di parola e vede le cose non come parola di Dio ma come entità morte, senza anima e le distrugge. “Non stupisce, dunque, che nel XX secolo gli uomini stati uccisi a livello industriale”.
A padre Shmalyj, vicerettore dell’Accademia teologica di Mosca, e grande amico di padre Scalfi, fondatore di Russia cristiana, il compito di aggiornare sullo stato dell’arte del dialogo fra Chiesa ortodossa e Accademia delle Scienze russa, circa la possibilità di annoverare la teologia fra le scienze comunemente intese. I filosofi radicali non ne vogliono sapere, “visto che l’oggetto della teologia è Dio e la sua esistenza è una domanda non risolta”. “Lo stesso ragionamento – ha fatto osservare la Parravicini – di quanti non vollero il papa alla Sapienza”. La replica ortodossa (“l’oggetto non è Dio ma la tradizione su Dio”), per la verità, ha trovato diversi consensi, ma nel momento in cui fa breccia nel fronte avversario ne apre uno tutto interno. Infatti, alcuni teologi si chiedono se mettere la teologia sul piano della scienza non significhi ridurne la portata. Per gli ortodossi, infatti, la teologia è soprattutto legata alla preghiera e alla lode di Dio (“se sei un teologo, prega, se preghi sei un teologo”), alla contemplazione della Santissima Trinità. “Però – chiosa il padre Shmalyj – la teologia è anche comunicazione di questa esperienza mistica agli altri”. Dunque ecco che può chiedere a buon diritto di sedere fra le altre scienze. I cristiani, a detta del reverendo russo, non devono cadere in aperturismi sconsiderati ma neanche attestarsi su rigide chiusure nei confronti della modernità. “Devono essere capaci di condurre un dialogo – sostiene padre Shmalyj – di essere presenti in questo spazio razionale. Partendo dal dialogo, la teologia cristiana deve convincere la scienza che c’è bisogno di maggiore flessibilità e che la scienza stessa è solo uno dei partecipanti, una delle voci, nella ricerca della verità”. A quanto pare, in campo laico, su questo piano, si stano scoprendo numerosi interlocutori che, magari, finiscono pure per convertirsi.

(D.B.)
Rimini, 26 agosto 2009