Il presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli Emilia Guarnieri ha introdotto la Santa Messa di apertura di questa edizione del 2010, ricordando don Giancarlo Ugolini, sacerdote riminese scomparso l’anno scorso. Don Giancarlo nel 1980 fu nel gruppo di amici che diede avvio al Meeting e la sua amicizia ha accompagnato anno dopo anno i passi della manifestazione.
“Mi colpì moltissimo una volta”, ricorda Guarnieri: “quando mi disse di ricordarci sempre che il Meeting non è nostro”. Don Giancarlo, ha proseguito la presidente del Meeting, era un uomo che amava la vita fino in fondo, pieno di passione per ogni aspetto dell’umano e aperto sempre ad avviare un dialogo con posizioni culturali diverse.
In seguito la presidente ha dato lettura della lettera (disponibile sul sito del meeting www.meetingrimini.org) che il Santo Padre ha inviato al vescovo di Rimini e agli organizzatori. Benedetto XVI ricorda nel testo che l’uomo al fondo dei suoi desideri cerca Dio, solo Lui è capace di riempire il cuore umano e “solo Lui è la strada verso la realizzazione dei desideri più profondi del cuore”.
Il vescovo di Rimini, monsignor Francesco Lambiasi, nell’omelia ha ripreso il titolo del Meeting ricordando che Dio è padre, ma che il suo cuore è anche quello di una madre. “Il nostro cuore, infatti” – ha affermato – è pieno di una felicità straripante, capolavoro della sua arte creatrice: il cuore è per natura fatto per desiderare cose grandi, in esso è racchiusa la nostalgia per una patria perduta”.
Il vescovo ha poi evidenziato che il cuore dell’uomo moderno oggi soffre di una grave patologia: il narcisismo, la quale tende ad illuderlo, facendogli credere che alla felicità si giunge da soli, senza Dio e senza gli altri: “Questa è la grande menzogna, perché la natura dell’uomo è apertura ad altro da sé, la vita terrena è fatta per mangiare assieme”.
“Quando Gesù parlava nella piazza”, continua ancora il vescovo di Rimini, “nasceva in chi lo ascoltava il desiderio di incontrarlo; la fede è desiderio di una presenza eccezionale”. Solo abbandonandoci alla Presenza che la fede ci ha donato, la promessa si compirà: “la grande Presenza è la grande promessa”.
Alla domanda: “Sono pochi quelli che si salveranno?”, Gesù rispose non indicando il numero, ma indicando come ci si salva. “Passare per la porta stretta significa passare per la porta fatta con il legno della croce, indicandoci così la misura del Dio fatto bambino, che non è superbo, non gonfio di sé, non è arrabbiato, né amareggiato”.
Il regno di Dio è un dono, ha ricordato il vescovo, e come tale non va meritato ma accolto: “Dio riconosce solo coloro che riflettono, in qualche modo, Suo figlio: in questo modo il cuore rimane semplice”. Il presule ha terminato l’omelia con queste parole: “Imparare a pregare è imparare a desiderare e quindi a vivere”: la dimensione più autentica dell’uomo è la preghiera.
(A.S./A.F.)
Rimini, 20 agosto 2010