Barabba era un assassino! Così dice di lui il Vangelo. Nessuno dice nient’altro. Il nome di Barabba (nell'immagine “Vogliamo Barabba” di Honorè Daumier, 1850 circa) risuona sulla bocca della folla nella piazza insanguinata di Gerusalemme e poi sparisce. Deve la vita a Gesù, ma di questo Gesù lui non sa nulla. Qualche autore ne segue le orme fino a quando negli anni Cinquanta un romanzo ne ricostruisce la vicenda.
Ma cos’ha di ancora attuale questa romanzesca storia di Pär Lagerkvist da cui prenderà le mosse lo spettacolo inaugurale del Meeting, domenica 18 agosto al Teatro Galli di Rimini restituito di recente agli antichi splendori? Noi ora viviamo più compiutamente e diffusamente una società post-cristiana rispetto agli anni in cui fu scritto e celebrato da premi e riduzioni cinematografiche, eppure questa storia ci riguarda forse più di allora.
Ad esempio la strana situazione di “inseguito” di Barabba, che si trova sempre ad appuntamenti non voluti con la figura del Nazareno. Un criminale che non deve la sua libertà a un pentimento o a una fuga, ma ad un tragico fatto casuale che non comprende, anzi fraintende, ma di cui subisce - attraverso gli incontri pur ambigui con suoi testimoni - un’attrattiva radicale. Barabba è solo fortunato o è davvero destinato? Dopo anni di delitti può ricominciare a vivere? E come non essendo più quello di un tempo e non sapendo che tipo di uomo è ora?
Proprio per accentuare questa contemporaneità, nella presente versione l’ambientazione non è nella Giudea di duemila anni fa, ci troviamo invece in pieno Occidente in un classico party in vista della assegnazione del Nobel. La presenza di vari tipi umani tra gli invitati, permette alla drammaturgia di leggere l’opera attraverso le nostre domande che illuminano il cuore oscuro del protagonista.
La festa si tiene in attesa dell’arrivo dell’autore. È prevista persino la presenza di una compagnia teatrale incaricata di interpretare alcune parti del romanzo ai giurati del Nobel e agli invitati. O almeno questa è l’idea di chi organizza il ritrovo. In realtà, per ironia della sorte, la festa si trasforma in una messa in scena a cura degli ospiti invitati non più semplicemente a un party, ma perfino a prendere parte alla vicenda e a prestare voce ai personaggi di Lagerkvist.
La loro e la nostra umanità si scontra e reagisce con le strane vicende di Barabba. Nei loro commenti vive tutta l’inquietudine di questi tempi non più nutriti dalla conoscenza dell’avvenimento cristiano. Barabba resta un uomo profondamente segnato da uno Sconosciuto che gli ha salvato la vita, non riconsegnandolo però a quella di un tempo, ma ‘condannandolo’ a nuove domande, nuovi desideri, nuove compagnie che fatica a capire e accettare.
Alla fine, quando il suo cuore e la sua mente si abbandonano alla fede, prende tragicamente e paradossalmente la via sbagliata. Devono accadere tante cose perché il credere divenga finalmente il riconoscimento di qualcuno presente che continua a braccarlo con il suo amore. La notte del Nobel è anche la notte di Barabba e la notte di tutti noi che attendiamo la luce.
Questo taglio drammaturgico è un modo di rilettura del romanzo, ripercorso nelle sue tappe fondamentali, che propone un nodo oggi fondamentale: il cristianesimo riesce a parlare all’uomo di oggi? Di cosa? E per quali strade? La morte e resurrezione di Cristo può darci un nome nuovo e un nuovo destino?