Vivere di più, vivere meglio? Il welfare al bivio

Redazione Web

Rimini, 21 agosto 2024 – Alle 17:00, nella Sala Gruppo FS C2 della Fiera di Rimini, si è svolto il convegno “Vivere di più, vivere meglio? Il welfare al bivio”, organizzato dalla Fondazione per la Sussidiarietà con il sostegno di isybank. L’incontro, moderato da Enrico Castelli e Irene Elisei, ha affrontato le sfide cruciali del welfare italiano in un contesto di crescente longevità e risorse limitate, coinvolgendo Gabriele Fava, presidente dell’Inps; Sabina Nuti, rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa; Mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita; e Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà.

«Il titolo che riflette la realtà di oggi, dove si nasce sempre di meno e gli anziani sono sempre di più. Siamo a un bivio perché il welfare così come lo abbiamo conosciuto forse non potremo più permettercelo». Con queste parole, Castelli ha introdotto l’intervento di Monsignor Paglia. «Durante il Covid», ha esordito Paglia, «è avvenuta una strage di anziani: ne sono morti più di 100.000. Si diceva “siamo tutti sulla stessa barca”; in realtà eravamo tutti nella stessa tempesta ma su barche diverse, e quelle degli anziani sono state spazzate via. Non c’era posto per loro neppure nei cimiteri».

Mons. Vincenzo Paglia: una legge rivoluzionaria per gli anziani

«La nostra società ci fa vivere 20-30 anni in più, ma non sa come mantenerci», ha dichiarato Monsignor Paglia, tra i protagonisti per l’approvazione della legge 33 sulla terza età, definita «una delle migliori al mondo». Paglia ha denunciato la mancanza di un pensiero politico, economico e sociale che valorizzi un popolo di 14 milioni di anziani, che «non sono uno scarto, sono una risorsa».

La legge prevede un cambio di paradigma radicale: gli anziani devono poter restare nelle loro case o in piccoli co-housing, supportati da un’assistenza domiciliare sociosanitaria. La nuova normativa vuole rispondere non solo ai bisogni sanitari, ma anche alle esigenze sociali e affettive degli anziani, per evitare il dramma della solitudine e dell’isolamento. «Gli anziani non hanno bisogno solo di iniezioni, ma di compagnia. La solitudine è un dramma terribile».

Essenziale un’alleanza tra tutti i settori della società – dalle istituzioni alle famiglie, passando per il terzo settore – per implementare con successo la legge: sebbene sia stata approvata senza alcun voto contrario, ora è fondamentale «non fare l’errore di non finanziarla adeguatamente, poiché rappresenta una svolta epocale per l’intera società italiana. Mi auguro che attraverso questa legge di riforma si possa dare una nuova prospettiva anche alla politica e che dalla primavera di noi vecchi si potrà anche sciogliere l’inverno demografico».

Gabriele Fava: l’Inps come hub del welfare

Fava ha presentato la sua visione di un “welfare generativo”, in cui l’Istituto che presiede da aprile 2024 diventi un vero e proprio hub del welfare, capace di rispondere ai bisogni di una popolazione in continua evoluzione. «L’Inps serve circa 52 milioni di utenti, coprendo quasi l’87% della popolazione italiana. Non può limitarsi a erogare prestazioni, ma deve evolversi in una struttura capace di personalizzare i servizi lungo tutto il ciclo di vita dei cittadini». La “silver economy” descritta da Fava crea nuova occupazione e va incontro ai bisogni degli anziani, valorizzandoli come risorsa. Il presidente ha raccontato la nuova iniziativa di “senior housing” Spazio Blu, il primo esperimento di social housing targato Inps. Un nuovo modo di concepire la residenzialità degli over 65 autosufficienti vedrà la luce a Roma: 9 edifici, 300 appartamenti con spazi dedicati alla socializzazione e alla salute.

Oggi c’è bisogno di ammodernare anche l’Inps attraverso servizi più intuitivi e immediati, per renderlo più vicino alle esigenze dei cittadini. «Il core business dell’Inps è essere al servizio di tutti i cittadini, a seconda delle diverse esigenze in tutto il ciclo di vita. L’Istituto è la spina dorsale su cui poggia il Paese: se riusciremo a creare un Inps 2.0 con servizi moderni e contestualizzati, avremo fatto un grande passo avanti verso un welfare veramente generativo».

Sabina Nuti: un nuovo paradigma per l’assistenza agli anziani

Sulla necessità di un nuovo paradigma nell’assistenza agli anziani è intervenuta Nuti: «Il nostro attuale sistema di welfare è troppo sbilanciato verso la sanità e le pensioni, a scapito dell’assistenza. Un sistema troppo ancorato a un vecchio modello che non tiene conto delle nuove esigenze di una popolazione in continua evoluzione». Il progetto di Proximity Care, sviluppato dalla Scuola Sant’Anna, rappresenta un tentativo di rispondere a queste nuove esigenze. La Scuola Sant’Anna sta lavorando per sviluppare nuovi modelli di assistenza domiciliare per portare l’innovazione tecnologica e organizzativa nelle aree interne del Paese, dove l’accesso ai servizi sanitari è spesso limitato. L’uso della telemedicina e di altre tecnologie avanzate permette agli anziani di restare nelle loro case in sicurezza.

Lo scenario cambia, il bisogno resta lo stesso e la ricerca deve mettere in campo studio, metodo, misura per validare modelli organizzativi. «Dobbiamo dare un supporto scientifico e metodologico a chi svolge queste attività, altrimenti rischiamo di lasciare gli operatori isolati e senza le risorse necessarie». Il futuro fa paura agli anziani ma anche ai giovani. «I nostri ragazzi hanno paura di non avere la pensione, hanno paura della fragilità, hanno paura di non farcela a tenere sulle loro spalle il mondo degli anziani in grande crescita. Serve un patto intergenerazionale per trovare soluzioni di sostenibilità attraverso una responsabilità collettiva: ognuno deve fare la sua parte».

Giorgio Vittadini: il ruolo centrale del terzo settore

«Se si fa la battaglia per la vita, è anche “durante la vita”, non solo all’inizio o alla fine». Vittadini ha posto l’accento sulla «speranza di vita buona» che l’aumento di cronicità di malattie acute («negli ospedali lombardi più della metà dei ricoverati sono cronici, quindi inappropriati perché gli ospedali sono fatti per acuti») rischia sempre più di compromettere.

«Una vita che non è assistita è peggiore». Indebitamento e invecchiamento della popolazione portano sotto i riflettori il ruolo centrale che il terzo settore può e deve svolgere nella riforma del welfare. «Il terzo settore non può più essere visto come un semplice esecutore di servizi, ma deve diventare un partner attivo delle istituzioni». Superando l’approccio basato sugli appalti al massimo ribasso, che spesso porta a una qualità inferiore dei servizi, diventa essenziale la coprogettazione e della coprogrammazione tra pubblico e privato per rispondere efficacemente ai bisogni dei cittadini.

Solo attraverso un lavoro condiviso e partecipativo si potrà affrontare con successo la sfida dell’invecchiamento della popolazione e della crescente domanda di assistenza. «Il terzo settore deve uscire dall’isolamento e lavorare insieme alle istituzioni per la costruzione di una società più inclusiva e solidale. L’idea di sussidiarietà che abbiamo è collaborazione tra pubblico e privato, non sostituzione. Siamo di fronte a una possibile catastrofe umanitaria ed è necessaria una collaborazione. Si fa “con”. Si fa insieme».

L’incontro si è concluso con un appello alla politica e alla società civile da parte di Monsignor Paglia: «Prendersi cura degli anziani non è solo una questione di assistenza, ma di umanità. Se vogliamo costruire una società in cui vivere di più significhi anche vivere meglio, dobbiamo lavorare insieme per creare un welfare che sia veramente al servizio di tutti, senza lasciare indietro nessuno».

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