Rimini, 20 agosto 2024 – Alle 17:00, nella Sala Neri Generali-Cattolica della Fiera di Rimini, si è svolto il convegno dal titolo “Il viaggio verso l’essenziale in Cormac McCarthy”, organizzato con il sostegno dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. L’incontro ha visto la partecipazione di Stas’ Gawronski, autore televisivo e insegnante, e Alessandro Zaccuri, scrittore e giornalista, introdotti da Martina Saltamacchia, Distinguished Associate Professor di Storia Medievale all’Università del Nebraska, Omaha. La discussione si è incentrata sull’opera del grande scrittore americano Cormac McCarthy, scomparso nel 2023, e sul suo straordinario contributo alla letteratura contemporanea.
Saltamacchia, in apertura, ha spiegato che il titolo dell’edizione di quest’anno del Meeting di Rimini trae ispirazione proprio da una frase di McCarthy: «Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?». Questo interrogativo è il punto di partenza per esplorare l’opera di questo autore la cui narrativa invita a un viaggio profondo verso l’essenza delle cose. Un confronto aperto con il mistero, con la bellezza e il dolore. «L’idea dell’incontro di stasera è quella di approfondire questo tema, percorrendo un cammino attraverso le letture dei libri del grande autore americano», attraverso letture e commenti dei due ospiti presenti.
Stas’ Gawronski: una letteratura che investe e trasforma
Gawronski ha iniziato leggendo un brano tratto dall’ultimo romanzo di McCarthy, “Il passeggero”, pubblicato nel 2022. Con la scena di apertura carica desolazione nella quale si staglia la figura di una donna che pende da un albero, Gawronski l’occasione per sottolineare la forza della scrittura di McCarthy, capace di «investire il lettore come un colpo» per costringerlo a vedere le cose da una prospettiva diversa. «Non è uno scrittore di intrattenimento, ma uno scrittore di visione che ci aiuta a penetrare la realtà e a coglierla in tutto il suo mistero», ha dichiarato, spiegando come la letteratura di McCarthy non si limiti a descrivere la realtà, ma inviti il lettore a contemplarla, a soffermarsi su ciò che è disturbante e doloroso, ma proprio per questo anche su ciò che è sacro e misterioso.
In “Oltre il confine”, un giovane, risvegliato dal latrato dei lupi, si mette in cammino per osservare gli animali. In questa scena, ha spiegato Gawronski, possiamo vedere il misterioso incontro con il sacro: «È come se quel fuoco che è dentro lo sguardo dei lupi avesse incontrato il fuoco, sede del desiderio del ragazzo; e da quel momento il protagonista non sarà più lo stesso». L’incontro con il mistero trasforma infatti il protagonista in un cacciatore del divino, in un uomo che non troverà pace fino al momento dell’incontro con esso.
Alessandro Zaccuri: il paradosso e l’essenza
Zaccuri ha proseguito riflettendo sullo stile di McCarthy, definendolo «una scrittura quasi sgrammaticata», capace, con la sua violenza formale nella quale ogni singola parola è la parola giusta scelta per il momento e per l’occasione, di costringe il lettore a cercare l’essenziale. L’autore libera il lettore dall’illusione di essere buono in modo automatico, costringendolo a confrontarsi anche con i lati oscuri dell’animo umano. «Tu pensi di essere buono, e allora perché ti interessano i lupi?», ha domandato provocatoriamente Zaccuri, spiegando che McCarthy spinge i suoi personaggi e i suoi lettori a vigilare sui propri pensieri e desideri. Il segreto dell’essenziale, infatti, si cela spesso in ciò che è disturbante e inquietante.
Zaccuri ha anche parlato del ruolo centrale della frontiera nei romanzi di McCarthy, una frontiera non appena fisica, ma anche esistenziale, spazio in cui i personaggi sono costretti a confrontarsi con il mistero e con le proprie fragilità. «La frontiera», ha spiegato, «è la condizione di ciascuno di noi». L’esperienza del confine è il luogo dove l’essenziale si manifesta, dove la verità non è data, ma deve essere cercata con fatica, con sofferenza.
La tentazione e il nichilismo: affrontare il male
Uno dei temi ricorrenti nell’opera di McCarthy è la tentazione del nulla, il rischio di cedere al nichilismo di fronte alla crudeltà e all’assurdità del mondo. Gawronski ha esplorato questo tema attraverso la figura dell’orfano, il cacciatore del divino che, lungo il suo cammino, deve affrontare la consapevolezza di essere solo, senza legami con un padre o con un’origine. «Non puoi andare a caccia del divino se non entri in una relazione con il Padre», ha detto Gawronski, mostrando come il protagonista di “Oltre il confine” sia tentato di credere che l’esperienza del male e della sofferenza che ne consegue siano le uniche per lui possibili; una tentazione che, se assecondata, lo porterebbe a vagare senza meta, perdendo il senso della propria ricerca
L’esperienza del male per i personaggi delle opere di McCarthy non può essere ignorata né evitata: «È un continuo invito a bere nella nostra vita l’amaro calice del non senso quando si presenta davanti a noi», ha continuato, spiegando che solo affrontando il male si può scoprire l’essenza della vita, poiché essa è nascosta nel fondo dell’abisso. Citando “Cavalli selvaggi”, romanzo nel quale il protagonista si confronta con la bellezza e la sofferenza del mondo, egli comprende che «la bellezza del mondo nasconde un segreto, che il cuore del mondo batte a un prezzo terribile».
«Il nichilismo non consiste nel riconoscere l’esistenza del male, ma nel considerare il male irrilevante, nel credere che nulla abbia significato o importanza» ha proseguito Zaccuri. «La narrativa di McCarthy esprime esattamente il contrario di questo: tutto mi riguarda, tutto è rilevante per me», ha affermato, offrendo così al lettor una testimonianza potente del valore della realtà, con tutte le sue contraddizioni e le ambiguità che la abitano.
La riscoperta del Padre e la conclusione del viaggio
“La strada”, ha detto Gawronski nelle conclusioni, illumina il sentiero da percorrere per stare davanti alla contraddizione del male. In un mondo ridotto a cenere e desolazione il padre scopre il divino nella relazione con suo figlio. Entrambi portano il fuoco e «il fuoco è l’essenza della vita, e vive nella relazione fra il padre e il figlio».
Zaccuri ha concluso il dibattito richiamando l’attenzione sul significato profondo di questa relazione, in cui il figlio non solo viene generato dal padre, ma a sua volta genera il padre, spingendolo a diventare veramente tale. «Il bambino ha capito che potrebbe essere lui il lupo, e per questo chiede rassicurazioni, perché noi siamo i buoni», ha detto, spiegando che il riconoscimento della propria fragilità è il primo passo per accettare il mistero e superare la tentazione del nichilismo. E in chiusura del proprio intervento ha voluto porre l’accento sulle parole del testo in lingua inglese. Il padre, sentendo l’approssimarsi della fine della sua esistenza, si rivolge al figlio con parole di speranza: “Mercy will come”. Mercy, misericordia come respiro di Dio, will, futuro pieno di certezza, come, a venire sarà qualcuno e non appena un’idea.
«Non è un cercare che ci mettiamo in testa noi, ma un seguire qualcosa che c’è già, qualcosa che viene prima e che ci attrae»: così Saltamacchia ha chiuso il dibattito, invitando il pubblico a considerare l’incontro con l’essenziale un viaggio che ci è stato consegnato e che ci spinge a seguire le tracce del mistero attraverso le esperienze della vita.