LA NUOVA FILIERA TECNOLOGICA PROFESSIONALE (4+2): RIPENSARE LA FORMAZIONE TECNICA

Organizzato da Compagnia delle Opere (educazione)
Ezio Busetto, dirigente Scolastico IIS “Antonio Della Lucia” Feltre; Carlo Carabelli, amministratore delegato e direttore generale di ASLAM Cooperativa Sociale; Arduino Salatin, docente Istituto Universitario Salesiano IUSVE Venezia; Mario Salerno, presidente della Fondazione Edutecne, membro CdA della Fondazione Vasilij Grossman. Modera Mauro Monti, dirigente scolastico e Vicepresidente Associazione DISAL

Sotto forma di sperimentazione nazionale a settembre 2024 si avvierà la nuova e innovativa filiera tecnico professionale con l’obiettivo di offrire agli studenti una formazione vicina alle esigenze del mondo del lavoro che agevoli, al contempo, la prosecuzione degli studi nei percorsi di istruzione terziaria degli ITS, con il conseguimento finale, in sei anni, di un titolo di alta specializzazione tecnica. Un’offerta integrata che comprende e mette in raccordo fra loro percorsi di Istituti tecnici e professionali, percorsi di Istruzione e formazione professionale (IeFP), delle istituzioni formative accreditate dalle Regioni e ITS Academy potenziando il collegamento con il territorio, le imprese e le attività professionali.

LA NUOVA FILIERA TECNOLOGICA PROFESSIONALE (4+2): RIPENSARE LA FORMAZIONE TECNICA

LA NUOVA FILIERA TECNOLOGICA PROFESSIONALE (4+2): RIPENSARE LA FORMAZIONE TECNICA 

Organizzato da Compagnia delle Opere (educazione) 

Mercoledì 21 agosto 2024 ore 16:00  

Arena CdO C1 

Partecipano: 

Ezio Busetto, dirigente Scolastico IIS “Antonio Della Lucia” Feltre; Carlo Carabelli, amministratore delegato e direttore generale di ASLAM Cooperativa Sociale; Arduino Salatin, docente Istituto Universitario Salesiano IUSVE Venezia; Mario Salerno, presidente della Fondazione Edutecne, membro CdA della Fondazione Vasilij Grossman.  

Modera:  

Mauro Monti, dirigente scolastico e Vicepresidente Associazione DISAL 

 

Monti. Buon pomeriggio. Iniziamo questo nostro momento di lavoro sulla nuova filiera tecnico-professionale. Mi colpisce subito la numerosa presenza del pubblico, che dimostra il grande interesse per questo tema, a volte considerato secondario, quasi che la scuola italiana non fosse anche la scuola dei tecnici e dei professionali. Promuoviamo questo incontro con alcune associazioni professionali del mondo della scuola: la DISA, la Diesse, il Rischio Educativo, la FOE, raccolte dalla CDO, promuovono questo momento a pochi giorni, possiamo dire, dall’approvazione definitiva di un disegno di legge che è diventato legge lo scorso 31 luglio e che andrà a modificare in modo significativo l’assetto della nostra scuola. Possiamo dire che è un cambiamento ordinamentale, anche se, come capiremo meglio nel corso dell’incontro, è intrecciato con una dimensione anche sperimentale. Dicevo, un cambiamento importante che potrà portare i nostri giovani, che si iscriveranno a questi percorsi, ad arrivare in quattro anni a sostenere un esame di Stato, un esame di maturità—continuiamo a usare la vecchia espressione—e poi accedere agli ITS, il “4 più 2” appunto, determinato da questi elementi. Sottolineo proprio in modo molto telegrafico gli aspetti di interesse per questa riforma, che sono legati non soltanto a questo gioco di numeri del “4 più 2”, ma soprattutto al tema della filiera, cioè alla possibilità di raccordare la formazione tecnica professionale e di formazione professionale con il mondo degli ITS e con il mondo del lavoro. Tant’è che un’altra parola chiave che viene usata in questo nuovo ordinamento è quella di “campus”. Attorno a questi temi abbiamo chiesto ad alcuni esperti, anche impegnati fattivamente nella costruzione di questi nuovi percorsi, di aiutarci ad approfondire la comprensione. Presento quindi i nostri graditi ospiti di oggi pomeriggio, a partire da Arduino Salatin, che siede qui immediatamente alla mia sinistra, docente universitario allo IUSVE, istituto salesiano di Venezia, ma anche—e soprattutto, credo, a tantissimi di noi presenti qua—noto per il suo impegno di moltissimi anni. Possiamo dire che probabilmente Arduino è uno dei massimi esperti proprio di questo settore di formazione all’interno del nostro Paese e a lui chiederemo, in prima battuta, di aiutarci ad entrare meglio nei confini e nei contenuti di questa riforma. Poi avremo una serie di contributi legati ad esperienze, a partire da Ezio Busetto, dirigente scolastico a Feltre, di un istituto superiore, che partirà a settembre con una prima sperimentazione di questo “4 più 2”, legata, in modo molto interessante, all’indirizzo agrario, come lui poi ci spiegherà. Poi avremo Carlo Carabelli, amministratore delegato e direttore generale di ASLAM, la cooperativa sociale a Milano, che approfondirà il tema—anche questo molto interessante a mio parere—di cosa cambia per il mondo della formazione professionale, cosa cambia per la quadriennalità della formazione professionale con questa nuova legge, e cosa rappresenta questa riforma per il mondo degli ITS con cui lavora direttamente. E infine Mario Salerno, Presidente della Fondazione EduTecne, una fondazione recentemente costituita per sostenere un’altra sperimentazione che partirà a Milano, non immediatamente, nel 2025, come lui ci spiegherà, di un istituto tecnologico-umanistico. Uso volutamente all’inizio queste parole, che hanno un aspetto un po’ provocatorio, per far capire quanti elementi di novità ci possono essere dentro questo tipo di percorso che la legge oggi autorizza anzi, promuove. Non faccio perdere altro tempo e lascio immediatamente che sia Arduino Salatin a dettagliare meglio i contenuti, gli elementi di novità ed eventualmente anche qualche criticità legata a questo passaggio importante. Grazie dell’invito. 

Salatin. Grazie dell’invito, un saluto a tutti. Cercherò di fare il possibile per dare, in pochi minuti, una cornice alla presentazione delle esperienze sul campo, che mi sembrano la cosa più importante e quindi mi scuso per la semplificazione che sarò costretto a fare. Allora, cercherò di fissare tre punti: il primo é le origini di questa riforma. Non so bene quanto i presenti conoscano delle varie realtà; quindi, magari potrò essere ridondante per qualcuno dei presenti. Poi lo stato dell’arte e le prospettive di evoluzione, visto che è una cosa che si avvia dal primo settembre di quest’anno, e poi qualche parola sul cantiere della sperimentazione che è stata avviata. Le origini e l’iter della riforma hanno radici lontane, qualcuno le fa risalire al governo Prodi del 1998, però è stato il PNRR e le riforme richieste dall’Unione Europea a sollecitare un’accelerazione per istituire o rilanciare una filiera oggi definita tecnologico-professionale in Italia, similmente a quanto avviene in altri paesi europei. Non ho il tempo di approfondire i confronti, ma si può intuire che altrove in Europa questa cosa sia più consolidata. Nel 2021, quindi, diciamo, il primo quadro della riforma del secondo ciclo di istruzione, poi una cornice di richiamo con la legge 144/2022, quindi siamo al confine col governo Monti, per capirci. Poi c’è stato anche un tentativo di riformare l’istruzione tecnica da sola, mentre quella professionale era stata riformata nel 2017, e poi il disegno di legge detto “Valditara” per istituire la filiera, siamo nel 2023. Nel frattempo, è andata avanti anche la riforma degli ITS, cioè Istituti Tecnologici Superiori, adesso si chiamano ITS Academy, avviati nel 2010 e che stanno un po’, anche se faticosamente, affermandosi anche nel nostro Paese, cioè istruzione superiore, cosiddetta non accademica, non universitaria, generalmente della durata di due anni. Per arrivare poi all’avvio di una sperimentazione per quest’anno scolastico e all’approvazione, già citata a luglio, pochi giorni fa, fine luglio, di questa riforma. Un iter abbastanza complesso, da un lato con grandi discussioni, polemiche, opposizioni, ma che questo governo ha perseguito in modo determinato e che ha portato all’approvazione prima del Senato, poi della Camera, respingendo anche varie proposte di modifica. Il disegno e l’iter sono stati abbastanza veloci, nonostante alcune opposizioni, ricordo i rilievi critici del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, di alcune forze sindacali, in particolare la CGIL e delle opposizioni parlamentari. I motivi sono vari, alcuni potremmo dire di merito, altri di metodo, nel senso che l’iter, soprattutto della sperimentazione, è stato criticato perché troppo rapido, troppo veloce. In sostanza, cosa propone il testo che è stato approvato nei quattro articoli? Di fatto, si va a ripensare l’intera offerta formativa del secondo ciclo di istruzione. Io la chiamo una “criptoriforma” del secondo ciclo perché va a istituire una filiera, cioè qualcosa che assume la dimensione della continuità nel tempo per quanto riguarda questo ambito, non quindi comparti staccati come la scuola secondaria di secondo grado e poi il post-diploma, come si dice, e in particolare l’ITS, ma pensarla dentro una possibile continuità, come è in altri paesi europei. Le istituzioni che sono state coinvolte sono l’istruzione tecnica, l’istruzione professionale, che attualmente erogavano percorsi quinquennali, la IFP, cioè Istruzione e Formazione Professionale delle Regioni, che attualmente eroga percorsi fino a quattro anni, gli IFTS, che sono delle specializzazioni di un anno circa dopo questi percorsi qui, e gli ITS Academy, ora riformati con percorsi biennali e triennali. Pensarli assieme è molto importante e decisivo per rilanciare questa offerta formativa. Quindi direi che, visto anche da una prospettiva europea, è una cosa buona e giusta. Naturalmente bisogna vedere come si fa e come si procederà. Quali sono i punti essenziali? L’idea, anzitutto, della filiera che è sia verticale che orizzontale, cioè prevede anche dei passaggi regolamentati al proprio interno, e ha come sbocco naturale, anche se non obbligatorio, i percorsi biennali dell’ITS Academy. Per questo si parla di modello “4 + 2”, perché per consolidare questo percorso si ritiene utile accorciare il periodo quinquennale portandolo dai percorsi ordinari di cinque anni a quattro anni, quindi alla fine la proposta è su sei anni. Ci sono esempi in Italia nel passato: ricordo che gli enologi avevano percorsi di sei anni. Naturalmente qui viene coinvolta anche l’istruzione superiore non accademica. Altro elemento importante e innovativo è quello della possibilità di accesso ai percorsi “+ due”, cioè quelli degli istituti tecnologici superiori, anche per gli allievi della formazione professionale regionale che hanno fatto un diploma quadriennale, a certe condizioni, in particolare quelle relative all’esame. Ecco, la possibilità quindi di allargare il campo. Per darvi un’idea, dell’insieme di studenti coinvolti potenzialmente, se mettiamo assieme quelli dell’istruzione tecnica che sono 835.000, 445.000 quelli dell’istruzione professionale quinquennale, circa 160.000 per la formazione professionale, e 25.000 degli ITS Academy; andiamo a superare o a sfiorare un milione e mezzo di studenti complessivi che possono essere interessati. Quindi un’operazione importante, che parte come sperimentale e che ambisce a diventare anche ordinamentale. Per accelerare i tempi, il ministro ha deciso di fare un antipasto attraverso una sperimentazione che parte appunto dal primo settembre, coinvolgendo istituti tecnici, professionali, ITS, imprese e centri di formazione professionale. Questo prefigura un’altra dimensione importante, quella relativa all’istituzione dei campus, cioè degli ecosistemi formativi territoriali, che vedono insieme un’alleanza di istituzioni ma anche di forze del territorio, e portano a un’interazione molto più forte col mondo del lavoro e delle professioni, chiamato a intervenire direttamente nell’offerta di questi nuovi percorsi. Ciò comporta ovviamente una profonda modificazione di come si può fare questa offerta, chiamando in campo direttamente non solo le scuole che cominciano dal primo settembre con le classi prime, ma anche gli ITS, le imprese e i centri di formazione professionale. L’avviamento di questa sperimentazione è per il momento abbastanza limitato, ma dal prossimo anno sicuramente potrà allargarsi a una parte importante delle istituzioni formative che ho appena richiamato. Ho accennato prima che ci sono state molte critiche, soprattutto al modo in cui si sono impostate le cose. Queste critiche sono venute sia da parte istituzionale che da alcune parti sociali, ma sostanzialmente la questione riguarda il come fare la quadriennalizzazione. Alcune esperienze nel passato hanno portato a selezionare di fatto gli studenti che aderivano, perché si tratta di fare in meno tempo le cose che si facevano prima, quindi imparare e fare esperienze di cose che venivano fatte in un tempo più disteso. Detto in termini banali, occorre studiare di più e dedicare più tempo durante l’anno. Ovviamente da parte del Ministero e del Ministro si è sottolineata l’importanza di innovare la didattica per consentire un apprendimento diverso da quello tradizionale abituale. Qui la responsabilità dipende molto dalle scuole. Altri hanno criticato molto il rischio di una invasività del mondo aziendale, del mondo del lavoro, nei percorsi di formazione. Questo naturalmente dipende da come viene fatto: l’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro, PCTO, o altre sigle che si utilizzano dimostra che le cose si possono fare in modo efficace, ma bisogna organizzarle adeguatamente. Chi ha risposto all’avviso che il Ministero ha fatto per partire in modo anticipato, diciamo già quest’anno? Inizialmente hanno aderito 171 scuole, con quasi 1700 studenti in tutta Italia; attualmente sono circa 150 le scuole che hanno potuto fare le classi, avere i numeri, nel senso che non c’è stato il tempo in molte situazioni di orientare gli studenti e informare le famiglie. Qui è stata molto importante la situazione che le singole realtà hanno sul territorio, anche di fiducia con le famiglie e con gli studenti. Infatti sono partite soprattutto quelle scuole che hanno potuto garantire questa situazione. Qual è un po’ la situazione lo vedremo adesso dagli esempi del cantiere: cosa è stato fatto finora? Un lavoro di progettazione. Una volta che il Ministero ha approvato le scuole e i percorsi, è stato fatto un lavoro su due livelli: uno di rete, cioè anticipando il modello chiamato “campus”, si è tradotto in pratica un lavoro,  (ovviamente non in modo uniforme nelle varie regioni, nelle varie scuole) tra scuole, istituzioni formative, ITS e imprese, con varie altre realtà territoriali, per ripensare soprattutto i profili in uscita, rivedere il curriculum e provare a impostare un buon livello di quadriennalizzazione, che però tenga conto anche dello sbocco “+ due”, cioè, un conto è progettare per quattro anni, un conto è progettare per sei. Il secondo livello è stato quello di lavorare sull’organizzazione, quindi quadri orari, docenze. Penso al tema dell’alternanza, per esempio: la collochiamo durante il calendario scolastico o utilizziamo il periodo estivo? Il monte ore settimanale è quello solito oppure no? L’impostazione del lavoro di rete è molto importante. Qualche scuola ha anche fatto un lavoro forte con i genitori, con le famiglie, che è molto importante per recuperare un po’ di tempo. E poi c’è stato uno sforzo notevole, almeno sulla carta, per innovare le metodologie didattiche. Su questo credo si possa giocare una partita importante, riprendendo un tema che penso sia molto caro a chi organizza questo incontro, quello dell’autonomia delle istituzioni scolastiche. Una buona autonomia può consentire le condizioni migliori affinché questa sperimentazione non diventi un sentiero interrotto, un binario morto, ma sia generativa per una adesione molto più larga da parte delle scuole che noi riteniamo auspicabile. 

Monti. Grazie Alfonso Salatin per lo sforzo di sintesi di una materia che sicuramente ha grandi complessità. Noi proviamo ad approfondirla andando dentro la narrazione di alcune esperienze. E partiamo dall’antipasto, come l’ha chiamato lui, cioè da chi, dal primo settembre, sarà già ingaggiato nella realizzazione di questi percorsi cosiddetti del 4+2. Quindi, a Ezio Busetto, chiedo cosa sta succedendo a Feltre. 

Busetto. Io dirigo questa scuola che dal primo settembre partirà con questa sperimentazione. Una brevissima descrizione della scuola: è una scuola a Feltre, un istituto agrario-forestale. La provincia di Belluno ha pochissimi abitanti, nonostante questo abbiamo 550 studenti e tutti i percorsi dell’istruzione agraria, dall’istruzione tecnica all’istruzione professionale in tutte le sue declinazioni e alla IFP agraria, anticipando quindi in qualche maniera anche il ragionamento legato al campus. Credo che sia utile capire quali sono stati i passaggi per cui noi siamo a questo punto e quali ostacoli abbiamo dovuto superare. Gli istituti tecnici professionali sono poco meno di 2.000 in Italia. La proposta è stata formulata, anche se in ritardo bisogna dirlo, a tutti. Tutti potevano aderire. Il primo passaggio che una scuola ha dovuto fare per aderire era passare per le forche caudine del collegio docenti. È il collegio docenti che doveva approvare questa sperimentazione. Avete sentito anche le premesse del dottor Salatin, credo che ci sia anche in sala qualche docente che ha votato a favore o contrario, però, rispetto al panorama dell’istruzione tecnico-professionale, sostanzialmente hanno aderito 171 istituti. In alcune regioni con un’adesione limitatissima, anzi pari a zero; nella mia regione, molto limitata, il Veneto, 5 istituti; di più ne abbiamo come adesione in Lombardia e in Emilia-Romagna; hanno aderito, con qualche sorpresa e con più convinzione, alcune regioni del sud. Quindi questo è stato il primo passaggio. Sarebbe interessante anche approfondire perché tutti i collegi docenti hanno votato no, perché è questo che è successo, ma sarà importante capirlo magari per i prossimi anni. Il secondo passaggio importante è stato il seguente: la sperimentazione è approvata, bisogna trovare chi ci crede in questa sperimentazione, e sono gli studenti e le loro famiglie. Vi posso assicurare, potete anche intuirlo, che è stato molto difficile: l’adesione del collegio docenti è stata dopo Natale, bisognava fare la promozione, le iscrizioni iniziano a fine gennaio. Non c’era nessun tempo, bisognava in qualche maniera coinvolgere ed ottenere l’adesione delle famiglie e per questo siamo passati dai 171 istituti ai 150 attuali, perché per partire bisognava avere gli studenti e l’adesione delle loro famiglie. Noi l’abbiamo ottenuta con numeri limitati, dobbiamo dirlo. Del resto, il Ministero ci ha sostenuto in questa operazione e siamo nelle condizioni di partire. Credo che anche da questo punto di vista il prossimo anno la situazione sarà molto diversa, perché se riusciremo a far capire gli aspetti molto positivi di questa sperimentazione, credo che l’adesione avverrà automaticamente. Perché abbiamo partecipato come scuola? Perché ce l’abbiamo fatta? Io ricordo il nome a cui è intitolata la nostra scuola, un sacerdote che si chiama Don Antonio della Lucia, che forse non è molto conosciuto. È un contemporaneo di Don Bosco. È ricordato nel Veneto e anche a livello nazionale perché ha aiutato gli agricoltori in quegli anni a mettersi insieme per fare il formaggio insieme. È il fondatore della prima latteria turnaria in Italia. Forse dall’alto magari spinge per aiutarci in questa direzione, perché per aderire la comunità deve avere una grande attenzione all’innovazione e al miglioramento continuo. Se la comunità di docenti non ha questa percezione, che in questa direzione stiamo migliorando, stiamo crescendo, stiamo dando delle nuove opportunità, la sperimentazione non trova radici. E questa è una sperimentazione, magari nelle conclusioni lo riprenderemo, tutto sommato interessante perché recupera molti degli aspetti di due sperimentazioni importantissime presenti: una già operativa nel sistema, che è la riforma dell’istruzione professionale (Decreto legislativo 2017, ormai sono sei anni, è il secondo anno di esame di Stato), molto interessante; e la seconda, la riforma dell’istruzione tecnica, attualmente in stand-by, però bisogna trovare i collegamenti da questo punto di vista. Questo è quindi il motivo per cui siamo partiti e abbiamo molta fiducia, nell’intervento successivo magari metterò in luce alcuni aspetti tecnici legati all’operazione che stiamo facendo. Grazie. 

Monti. Grazie anche a Ezio Busetto. Ci spostiamo in Lombardia, a Milano in particolare. Se questo era l’antipasto, Carlo Carabelli possiamo dire che lui invece è già in fase digestiva dei percorsi, perché in realtà la formazione professionale quadriennale in Lombardia e la realtà degli ITS possiamo dire in qualche modo di fatto già rappresenta una filiera. Che cosa aggiunge l’approvazione della legge e come vi state muovendo nella vostra realtà rispetto a questi cambiamenti? 

Carabelli. Grazie a tutti. Intanto volevo partire da questo punto: l’incontro sul programma aveva un sottotitolo che era “ripensare la formazione tecnica”. Io 12 anni fa facevo un altro lavoro, mi sono innamorato di questa realtà dove lavoro, Aslam, a partire da quelli che ho incontrato proprio perché guardavano la formazione tecnica in un altro modo, in un modo che non era già prestabilito. Cioè, una riforma del genere non si fa a tavolino pensando di ricambiarla, ma si parte da un’esperienza viva. E per me è stato cruciale, tanto da mollare una multinazionale per andare in quella che allora era un’associazione di persone, oggi cooperativa sociale, che ha dato vita ad altre realtà come socio partecipante delle fondazioni che erogano degli ITS che non sono gli istituti tecnici, ma sono dopo il diploma e sono parauniversitari. Per noi partivano da quella che era la realtà che vedevamo incontrando le aziende. Faccio questi esempi perché così si capisce perché ci siamo ritrovati dentro ciò che adesso chiamiamo filiera. In particolare, era così che noi abbiamo guardato quello che era il nostro core: noi ci occupavamo di meccanica, prima che io iniziassi a lavorare lì, poi abbiamo conosciuto l’ambito aeronautico perché siamo vicini a Malpensa. Adesso abbiamo 5 sedi, ma allora ce n’erano solo 2 e una era in partenza dentro l’aeroporto e nasceva con lo scopo di rispondere a un bisogno, che era quello delle aziende, ma che usavamo per rispondere al bisogno dei ragazzi, delle famiglie, del territorio. E quindi abbiamo ragionato sulla manutenzione degli aerei che oggi non fa un ingegnere aerospaziale, che pure ha progettato l’aereo, perché c’è bisogno di una certificazione ENAC. Abbiamo iniziato a lavorare così, non l’abbiamo pensato prima, abbiamo scoperto piano piano che cosa volesse dire. Questo metodo è quello che ci ha accompagnato e ci accompagna tuttora in tutti gli altri settori che da lì abbiamo incontrato. Perché è proprio stato così: sono le aziende che sono venute a incontrarci, e così Federlegno ci ha detto “vorremmo una scuola così, ma in un altro territorio”, evidentemente nel cuore della Brianza, perché il legno-arredo ha un grande indotto lì. E abbiamo costruito fisicamente, insieme a loro e grazie a loro (noi mettiamo il metodo), una scuola che fa i mestieri del legno. Come? In filiera. Significa che i ragazzi delle superiori, quindi della IFP, nel nostro caso quella regionale, cominciano un percorso che prosegue fino ad oggi. Prima aveva i quattro anni più un anno di specializzazione, che poteva essere una maturità se in accordo con una scuola statale oppure un corso IFTS di specializzazione che li portava poi all’ITS. Per cui in realtà fino ad ora era un 4+1 più l’ITS, quindi +2, quindi non faceva ancora 7. Nel caso della manutenzione d’aereo, cioè in quei corsi molto specializzati, l’ITS è di tre anni e a livello europeo è come una laurea triennale. L’EQF è lo stesso. Questo ci ha insegnato a conoscere i mestieri, a conoscere le aziende. Abbiamo cominciato a lavorare tanto con le aziende. Io ho solo questo desiderio di raccontarvi: lavorare insieme è un bene, la possibilità che noi possiamo affrontare quello che la riforma può permettere, non è pensata prima, è per qualcosa che è un bene che c’è già ed è vivo. Noi siamo qui per raccontare questo, cioè che è già possibile. L’ITS, il fatto che si possa lavorare con le aziende, pensare insieme a loro un percorso che formi, è già una testimonianza, una possibilità. Rende possibile la riforma del 4+2, cioè rende possibile che questo fatto possa iniziare prima con la scuola, perché altrimenti pensiamo tutto alla teoria e allora vediamo solo gli ostacoli, vediamo solo quello che è impossibile: come si fa a fare in cinque anni quello che si fa in quattro? Oggi nella IFP come si fa a fare in quattro quello che si è sempre fatto in cinque? Perché per noi della IFP è il contrario: la riforma consentirà di accedere in quattro anni all’esame di Stato. Io credo che noi abbiamo una possibilità grande di fare una cosa molto interessante, non più breve, pensata bene, costituita bene. E noi senza le aziende non facciamo niente. Perché non è vero che le aziende hanno bisogno di gente stupida che lavori senza capire. L’azienda ha bisogno di ragazzi che abbiano la voglia di lavorare e di dare il loro contributo a un’opera più grande, che in questo momento non hanno neanche in mente. Infatti, la fatica più grande che abbiamo adesso è far conoscere le possibilità tecniche che ci sono. Oggi, se racconto di un manutentore di aerei, li entusiasmiamo perché possono vedere la prospettiva. E chiudo su questa idea: per noi la filiera non è semplicemente la possibilità che diamo a un ragazzo di proseguire negli studi, ma che dal primo giorno che ci incontra, che è ancora in seconda media e viene a fare da noi l’orientamento, possa vedere chi questo cammino l’ha fatto prima di lui. Per questo è interessante per noi che la filiera venga fatta nello stesso luogo. Da noi iniziano a fare la scuola superiore dei tre anni, poi hanno il quarto anno e poi possono fare l’ITS. Dopo sé ci sarà la possibilità c’è un breve video in cui si mostra come un ragazzo di prima possa vedere cosa potrà farà all’ultimo anno dell’ITS che non è la stessa cosa che farà in prima. E soprattutto vedrà un’altra cosa: le aziende che entrano da noi e insegnano e contribuiscono con i macchinari, con le ore, con la docenza, con le esperienze di stage e con l’assunzione alla fine. Le aziende danno un contributo tale per cui a un ragazzo magari al terzo anno, che magari non ha voglia di proseguire, ma in realtà non proseguirà perché avrà già tre o quattro proposte di lavoro. Per questo noi abbiamo la grandissima responsabilità di fare proposte interessanti dove il bisogno c’è veramente, dove c’è la proposta di lavoro, perché ce ne sono tante. Non è vero che manca lavoro, mancano delle proposte interessanti che accendano il cuore dei nostri ragazzi fin dal primo istante, e poi magari lo accenderà non in quel percorso ma in un altro. E questo lo si può vedere: noi lì abbiamo lo stand, abbiamo dei ragazzi, guardateli negli occhi e chiedeteglielo. Noi inizieremo nel 24/25 con cinque sperimentazioni dove ci sarà la possibilità per questi ragazzi, dopo i quattro anni, di proseguire direttamente all’ITS. Che responsabilità abbiamo noi? Già di cambiare. Non va bene quello che abbiamo già fatto finora. Dobbiamo già ripensarlo, perché c’è un anno in meno, innanzitutto, e perché se possiamo dare il nostro contributo, è per la serietà con la quale ci imbattiamo in questa riprogettazione. 

Monti. Grazie Carlo. Allora, Mario Salerno, è tuo compito di parlarci di questo progetto che ha una scansione temporale diversa, con partenza a settembre 2025 ma ha già una sua operatività oggi. Partiamo dal fatto che tre scuole paritarie di Milano si sono messe insieme e, con altri, hanno dato luogo a una fondazione che lui presiede e che intende realizzare questa esperienza molto interessante e innovativa di sperimentazione. 

Salerno. Ho delle slide che spero si vedano, solo che sono alle mie spalle, è un po’ complicato. Proviamo. Allora, buonasera a tutti. Raccolgo alcune delle parole che sono state dette con l’esperienza che stiamo facendo e la sfida che abbiamo raccolto prima che ci fosse la riforma, c’era il disegno, c’era l’idea, ma ci abbiamo scommesso sull’idea di far nascere alla fine della prima parte del nostro percorso, cioè a settembre 2025, questo nuovo istituto tecnico a Milano intitolato a Carlo Acutis con due indirizzi: informatica e grafica e comunicazione. Abbiamo raccolto la sfida di far partire questa scuola direttamente in un formato innovativo perché tutt’ora è solo oggetto di sperimentazione, non è la normalità. È vero che la riforma è ordinamentale, ma è ancora oggetto di sperimentazione; quindi, quattro anni in un contesto che tra poco vi dirò, e partendo appunto, come accennava Mauro, dall’esperienza di diversi soggetti, diverse scuole che hanno raccolto un bisogno hanno ascoltato il bisogno di proporre ai propri studenti che finiscono le scuole medie la possibilità di restare in un ambiente educativo, che è appunto quello delle scuole coinvolte. Io ho iniziato a lavorare a questo progetto come genitore e poi membro del Consiglio d’amministrazione della Fondazione Grossman, dove ci sono tutti gli ordini di scuola fino ai licei, e dove ci siamo accorti che ai nostri studenti, che finiscono le scuole medie —continuerò a usare il maschile per semplicità, ma una delle grandi sfide è che sia per i nostri studenti che per le nostre studentesse—questo palco è molto maschile e la formazione tecnica è spesso interpretata come un tema esclusivamente o quasi esclusivamente maschile. Questa è una delle grandi sfide che dobbiamo raccogliere: cosa possiamo proporre anche alle nostre ragazze in questi percorsi? E l’altra grande parola, oltre a “bisogno” è “cambiamento”. Stiamo parlando oggi di cambiamento dei percorsi di formazione, ma il vero cambiamento a cui dobbiamo rispondere è il cambiamento della società, il cambiamento del ruolo della tecnologia, il cambiamento del mondo del lavoro. Non solo dentro il mondo del lavoro, ma anche per quello che c’è intorno al mondo del lavoro; pensiamo agli aspetti demografici. Allora, la preparazione, le competenze, l’offerta di far crescere i talenti dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze dentro una creatività che sfrutti le tecnologie, che le conosca—dopo magari ci prendiamo un momento su questo—con una sfida culturale anche rispetto alle nuove tecnologie, è quello che vogliamo proporre con l’Istituto Tecnico Carlo Acutis. Quindi la proposta è quella di far appassionare gli studenti e convincere le famiglie.  

(Slide n.1) Vi presento un progetto che non è ancora attuale quindi proponiamo alle famiglie di essere sfidati a raccogliere questo guanto, a cogliere questa opportunità, a costruire con noi questo percorso di creatività e tecnologia e di investimento sul futuro dei ragazzi.  

(Slide n.2) È una scuola fatta da scuole, questo è un fattore di grande novità. Quando in Fondazione Grossman abbiamo iniziato a discutere di questa opportunità, di questi bisogni, di questo progetto, la prima cosa che ci è venuta in mente di fare è stata confrontarci con gli altri, e alla fine, a febbraio di quest’anno, insieme alla cooperativa La Zolla, Fondazione Mandelli Rodari, la cooperativa Aslam, con Carlo qua a fianco a me, siamo andati dal notaio e abbiamo costituito la fondazione Edutecne proprio perché coscienti che nessuno di noi da solo sarebbe riuscito da solo a fare questo passo di far nascere una scuola paritaria che facesse istruzione tecnica. Non solo in negativo ma anche in positivo perché tutti noi avevamo qualcosa da portare in questo progetto: avevamo un’esperienza, una storia, una capacità educativa e un legame col territorio e col mondo del lavoro che dovevano essere messi a disposizione insieme per costruire questo percorso. 

(Slide n.3) L’altro aspetto è stato rivolgerci alle aziende. Un percorso di questo tipo, in generale, ma oggi è ancora più vero, non può essere pensato senza il contributo delle aziende. Non vuol dire solo discutere con le aziende di ciò che avverrà alla fine, questo è ovvio, ma noi oggi siamo almeno a cinque anni di distanza, cioè l’anno di preparazione più i quattro anni del primo ciclo, siamo almeno a cinque anni di distanza dalla prima uscita di diplomati. Cosa chiediamo alle aziende? Chiediamo di pensare i percorsi insieme a noi, e insieme alle aziende Beta80—vedo qua gli amici in platea—, MR Digital, oltre a Mobilita e Artwood Academy con Aslam, ma anche l’ITS Angelo Rizzoli, sederci al tavolo e pensare insieme ai programmi. Cosa vuol dire costruire una figura alla fine del percorso professionale, con quali competenze, per fare che cosa e come questo incide nel percorso formativo? Non solo nei contenuti ma anche nelle modalità, si parlava prima di innovazione didattica: cosa vuol dire portare professionisti in aula? Quali altre competenze, oltre a quelle strettamente tecniche—penso ad esempio all’inglese, alla capacità di gestire progetti—devono essere portate dentro il percorso? Cosa vuol dire fare i compiti in un percorso di quattro anni? Come si gestisce il tempo? Come si valuta? Cosa vuol dire valutare? Come deve cambiare la valutazione? Questi sono anche tutti spazi rispetto al tema dell’autonomia, molto rilevanti per noi. In tutto questo, a proposito di “aiuti dall’alto”, come diceva Ezio poco fa, abbiamo deciso di intitolare la scuola a Carlo Acutis.  

(Slide n.4) Nel percorso abbiamo avuto questa grazia, che mentre stiamo progettando la scuola, il Papa ha anche deciso che sarà proclamato santo nel prossimo anno, per cui Carlo Acutis, morto giovanissimo, che era appassionato di tecnologia e ha usato la tecnologia dentro una prospettiva di senso, dentro ciò che era per lui la cosa più importante della vita. Questo è per noi una fonte di ispirazione progettuale e speriamo sia anche una fonte di ispirazione per i nostri ragazzi, cioè che la tecnologia non è un fine in sé, ma è qualcosa da conoscere profondamente per essere messa al servizio di progetti, di obiettivi, di risoluzione di problemi.  

(Slide n.5) Questo è anche il punto di aggancio, in un curriculum innovativo e completo su cui torneremo, rispetto al binomio tecnologico-umanistico. La denominazione è quella di istituto tecnico, anche per non creare confusione. È un percorso scolastico che alla fine permetterà di fare l’esame di Stato, appunto, come diceva laslide precedente, un percorso scolastico che permetterà di accedere agli ITS, nei percorsi 4+2, all’università—perché il diploma di studio tecnico permette di andare all’università—o nel mondo del lavoro, o fare esperienza all’estero. Ma appunto, quello che pensiamo sia fondamentale è oggi, con la velocità di cambiamento tecnologico a cui assistiamo, dare agli studenti dei criteri, porre gli studenti nella condizione di usare le tecnologie, ma soprattutto di imparare nuove cose, cioè dare loro gli strumenti per continuare a seguire lo sviluppo tecnologico e a criticarlo in senso positivo, non distruttivo, ad usarlo nel modo migliore. Questa è una grande domanda che ci viene anche dal mondo delle aziende: una formazione dello studente a tutto tondo, in cui—adesso viene più facile forse pensare all’informatico—ma pensiamo alla grafica e comunicazione. Cosa vuol dire che uno studente che sa usare strumenti tecnologici per fare grafica e comunicazione abbia, per esempio, una certa formazione legata alla storia dell’arte? Abbia la capacità di utilizzare simbologie, iconografie, che conosca la storia dell’uso dell’immagine? Questo per noi diventa fondamentale, non è semplicemente la conoscenza di un programma da applicare.  

(Slide n.6) Per questo stiamo lavorando alla divisione del nostro percorso in aree, in blocchi coerenti tra di loro: un’area logico-umanistica, un’area di scienze integrate e l’area di orientamento che al primo anno sia comune tra gli indirizzi anche per il fatto che—come forse i molti genitori presenti in sala sanno—i ragazzi scelgono la scuola superiore tra la fine della seconda media e l’inizio della terza, con tutti gli aspetti di indecisione, cambiamento, necessità di approfondimento che questo porta dietro. Dopo il primo anno ci sarà la possibilità di approfondire, di entrare in maniera più specifica nel proprio orientamento, nel proprio indirizzo, che sia informatica o grafica e comunicazione.   

(Slide n.7)Tutto questo noi stiamo anche provando a farlo: abbiamo questo vantaggio che, iniziando da zero, non dovendo riadattare cose che avevamo già—è uno svantaggio perché non abbiamo una storia da un certo punto di vista, ma è un vantaggio perché possiamo crearlo così come pensiamo sia utile dall’inizio—lo stiamo anche collocando fisicamente non solo in uno schema, legislativo di campus, ma anche fisicamente in un luogo dove è presente, che è il training hub di Gi Group nella zona nord-ovest di Milano, dove Aslam è già presente, dove c’è un istituto, un IFP, ci sono due ITS, c’è un’azienda che si occupa di lavoro come Gi Group, e altre realtà potranno aggregarsi e quindi essere fisicamente inseriti in un contesto dove i ragazzi possono vivere di relazioni che fanno crescere il loro percorso formativo. Quello che ci ha un po’ guidato è questa domanda, riprendo un po’ l’idea del tecnologico-umanistico: se Leonardo Da Vinci fosse nato nel 2011 e avesse l’età dei ragazzi che l’anno prossimo, nel 2025, dovranno andare in prima superiore, che scuola avrebbe scelto? La nostra risposta è indubbiamente l’Istituto Tecnico Carlo Acutis, ma per questo aspetto, per la possibilità di mettere insieme una visione di apertura umanistica insieme a una capacità di profondità e di eccellenza tecnologica garantita non solo dalle capacità dei nostri docenti, ma anche dalle relazioni con le aziende e con i professionisti che potremo mettere in campo. Al di là del secondo giro di dialogo, ovviamente noi poi siamo disponibili alla fine dell’incontro per eventuali approfondimenti e abbiamo tutta una serie di strumenti con cui potete ottenere informazioni. Intanto grazie. Grazie, grazie. 

Monti. Grazie anche per lo sforzo di sintesi. Abbiamo poco più di un quarto d’ora ancora a disposizione, quindi io direi che, continuando su questa logica della sintesi, possiamo rifare in ordine diverso un giro. So che Carlo ci teneva anche a far vedere un filmato della sua scuola, a darci questa immersione anche visiva nella sua scuola, aggiungendo qualcosa a quello che prima diceva. 

Carabelli. Sì, semplicemente perché così, mentre parlo, non vi annoio. Potete guardare. No, in realtà si potrebbe guardare anche in silenzio, ma richiedere il silenzio in questo posto mi sembrava molto complesso, e quindi sentirete magari in sottofondo dei rumori, che sono dei rumori del lavoro. E con questo filmato, non è tanto per la scuola in sé – questa è la scuola del legno, del legno al retro che abbiamo nella Brianza – ma da qua si vede un certo luogo dal quale si percepisce l’idea di campus, che insieme alle altre scuole ci ha affascinato come idea, anche di poter completare addirittura con l’Istituto Tecnico, che è una cosa diversa dalla formazione professionale ma completa il campus. In quest’ottica qui ci sono dei ragazzi, insieme ai docenti, che hanno preso un modello, una sedia, e hanno cominciato a lavorare e a riprodurre. Questo lavoro è stato fatto l’anno scorso, e l’oggetto, cioè una sedia alta 3 metri, è stato collocato all’interno di una mostra del Meeting dell’anno scorso, quella di Pèguy. Ci interessava proporvelo e farvelo vedere, così che il mio intervento abbia una fine, che coinciderà con la fine del video. E due, che potete vedere cosa vuol dire lavorare in filiera, dentro un processo produttivo: dal progettare, al prototipare con le stampanti 3D, al collaborare e contribuire a un progetto, a utilizzare dei centri di lavoro a sei assi. E i ragazzi che partecipano – intanto questo già dice un tema – ci sono delle ragazze. In italiano falegnama fa strano dirlo, ma facciamo fatica: eppure è possibile, ci sono delle ragazze. Come è possibile che delle ragazze si affaccino a una professione tecnica? Intanto bisogna fargli vedere in che modo loro possono dare il loro contributo così determinante. In questa scuola ci sono delle macchine che, se vogliamo, sono sproporzionate, nel senso che c’è un livello tecnologico molto evoluto e adesso abbiamo fatto degli investimenti ulteriori. Però, messe in mano ai ragazzi, scoprono le potenzialità. Sullo sfondo vedete quel laboratorio che è stato ricoperto di legni, e l’hanno pensato loro come ricoprirlo. Un lavoraccio incredibile, che hanno pensato e ripensato. Quello che si vede è che sono ragazze e ragazzi di età diverse. Alla fine del video lo si vedrà: ci sono ragazzi, e la ragazza che avete visto all’inizio ha quattordici anni, è in prima superiore. Un secondo aspetto che, vedrete alla fine: ci sono dei ragazzi grandi, che sono laureati. Penso di scioccare abbastanza perché, in realtà, gli ITS quando sono nati hanno creato all’università un po’ di panico, quasi a dover fare qualcosa di concorrenziale. In realtà è altro, è qualcosa che si affianca. Per cui queste ragazze che hanno fatto design hanno deciso poi di fare gli ITS perché gli dava competenze, completava le competenze nell’utilizzo delle macchine, piuttosto che il contrario, che alcuni ragazzi dei nostri hanno deciso dopo di fare un’università, di iscriversi. Nella logistica abbiamo tantissimi ragazzi che fanno la laurea triennale e completano tenendo buoni dei crediti universitari. Ecco, uno stesso luogo dentro il quale i ragazzi vedono la prospettiva, questo per noi è orientamento. Mi viene da ridere per dire “per noi” perché la parola orientamento dovrebbe essere questo: mostrare l’orizzonte, non perché noi scegliamo la strada dei nostri figli, ma perché possano vedere, attraverso un riferimento, un orientamento, la loro strada. Ognuno ha contribuito a questa sedia con le proprie competenze, chi svolge design navale. Davide è uno, è del secondo anno, sembra più grande ma in realtà è più piccolino. Lei ha quindici anni, primo anno. Questo è del primo anno degli ITS, Lara. Questo è quello che ci ha affascinato nel metterci insieme anche alle altre scuole e pensare un progetto insieme come l’Istituto Tecnico che completa il campus insieme a tutte le proposte formative che lì verranno realizzate. 

Monti. Grazie, Carlo, anche per averci ricordato visivamente che la scuola non è una scuola fatta da modelli pensati a tavolino, ma è fatta da persone. Anche questa carrellata finale ce l’ha resa ben presente. Mario, chiedo ancora un ultimo contributo. L’aspetto, forse, è che potremmo provare a scavare meglio quelle aziende che avete incontrato nella preparazione di questo percorso, del come si presentano, con quali intenzioni, con quali desideri rispetto al vostro lavoro. 

Salerno. Sì, grazie. Allora, si presentano, diciamo, le andiamo a cercare, ovviamente, ma con una certa curiosità. E, forse è ovvio dirlo, ma insomma noi inizieremo l’anno prossimo con due sezioni di prima; quindi, speriamo con una quarantina di studenti, magari un po’ abbondante, ce lo auguriamo. Certamente rispetto, non so quanto la platea conosca i problemi di mancanza di figure professionali negli ambiti che ho citato, l’informatica e la grafica… Certamente non sarà il nostro percorso formativo a colmare queste mancanze, soprattutto perché, come dicevo prima, avverrà tra un po’ di anni. L’incontro con le aziende molto spesso avviene su un terreno che è di natura culturale. In che senso? Nel senso che penso ai molti dialoghi avuti proprio con gli amici di Beta 80, nel senso che il mondo del lavoro, paradossalmente su questi aspetti, ha più chiaro, forse anche del mondo della scuola, ha più chiaro alcune esigenze delle competenze che i ragazzi dovrebbero avere nell’affrontare un percorso di studi che li introduca poi al mondo del lavoro. Questo diventa un’esperienza che viene portata all’attenzione di chi vuole fare scuola. E questa è l’esperienza che stiamo vivendo anche noi rispetto alle nostre scuole di provenienza. Perché il mettersi al lavoro su un progetto nuovo che affronti questo tipo di bisogni, sta già al di là di quello che avverrà dall’anno prossimo in avanti, sta già adesso costringendo ciascuno di noi, nel proprio lavoro, a guardare quello che facciamo già, che sia a scuola, che sia in azienda, cercando di capire come queste competenze, questi cambiamenti, citavo prima la parola “cambiamento”, come questo, già ora, nei nostri contesti, deve diventare efficace, deve diventare cambiamento stesso delle nostre organizzazioni. Dopodiché, l’aspetto culturale è un aspetto in cui la persona, quindi non tanto il lavoratore, ma la persona, e nel post-COVID abbiamo anche tante testimonianze di questo, la persona lavora meglio se è una persona, diciamo, educata e intera, per cui il percorso scolastico diventa fondamentale per offrire allo studente non solo una competenza tecnica profondissima, che è fondamentale, poi mi permetto solo un’ultima cosa su questo, una competenza tecnica profondissima, ma anche tutta una serie di competenze che hanno a che fare, appunto, con la capacità di relazione tra pari, la capacità di relazione con chi è, diciamo, superiore gerarchicamente, la capacità di rispetto di tempi, scadenze, eccetera. E queste sono tutte competenze in cui lo sviluppo, per esempio, progettuale, il rapporto con l’azienda nell’attività scolastica, possono essere sviluppate in maniera opportuna. L’ultima cosa che dico dal punto di vista culturale è che nel dialogo tra le scuole sta emergendo sempre di più la necessità che lo sviluppo di una competenza, la proposta educativa, formativa, tecnica, costringa a noi e proponga ai ragazzi di diventare esperti in tutto ciò su cui oggi c’è anche bisogno, cioè l’aspetto di innovazione tecnologica, su cui c’è anche bisogno di un contributo di visione. Cioè, non è, come dicevo prima, non è solo diventare esperti di un particolare, ma è diventare esperti per inserirlo dentro un contesto e per poterlo offrire a tutti, non solo criticarlo, ma offrirlo a tutti al suo meglio.  

Monti. Grazie, grazie. Allora, facciamo questa cavalcata in pochi minuti, Ezio, quello che ritieni importante aggiungere, magari ti suggerisco anche la questione di cui parlavamo anche a tavola: delle reti, cioè dell’importanza dell’essere una rete. Tu dirigi anche una rete nazionale degli studi agrari, queste cose uno non le fa da solo. Credo potrebbe essere un punto interessante di un tuo puntuale approfondimento. 

Busetto. Volentieri un inciso velocissimo richiamando nei nostri video promozionali noi mettiamo una boscaiola una nostra studentessa perché è riuscita a vincere è arrivata terza alle olimpiadi forestali e quindi ha una tensione mediatica spaventosa e, del resto, forse la boscaiola futura sarà donna. Non occorre la forza fisica, occorre l’intelligenza, occorre la capacità di usare le macchine. Dico solo due cose velocissime per spiegare cosa dirò ai miei docenti per cercare di interpretare al meglio la sperimentazione. Riprendo solo lo stimolo del moderatore dicendo che la costruzione di questo percorso va fatta insieme, auspicabilmente con il sistema di riferimento, penso al Ministero, con tutte le sue articolazioni tecniche. Pensiamo anche che il ruolo della Regione sarà molto importante in futuro, ma se il Ministero va fatto da coloro che stanno operativamente realizzando queste azioni, è quanto mai è utile e opportuno avere già una rete di collegamento con queste scuole per realizzare insieme e per supportare queste 2-3 cose ai miei docenti. Così ricordiamo alcuni appunti. Ricordatevi che quando progettate, anche l’insegnante di italiano in prima, dovete fare riferimento alla vostra epistemologia disciplinare, però avete un profilo in uscita alla fine del quarto anno, in questo caso bisogna spiegarlo, alla fine del sesto anno, e dovete tenerne conto nelle cose che dovrete insegnare ai vostri studenti. In un contesto flessibile non pensate all’orario come alla prima ora del lunedì, tutto l’anno, sempre. Ci sono dei momenti di flessibilità che fanno parte della vita. Questo è l’invito, una delle cose importanti che gli dico, ma non riesco a convincerli, mentre sono riuscito a convincerli di un’altra cosa nel rapporto col mondo dell’impresa. Guardate, leggetevi alcuni documenti tecnici che sembrano non riguardarvi, per esempio la documentazione tecnica sulla riforma degli ETS è assolutamente necessaria per impostare bene la sperimentazione 4+2, cioè l’insegnante di prima deve conoscerla un pochino, anche perché è fatta molto bene. È uno strumento tecnico molto interessante, già applicabile. Ricordatevi che abbiamo a che fare con singole persone ed abbiamo strumenti importantissimi di personalizzazione in una sperimentazione del genere. Faccio solo un inciso velocissimo: 4+2. Dopo i quattro anni lo studente, da un punto di vista promozionale, può scegliere se andare a lavorare, se proseguire nei due anni – opzione più favorita e credo per il sistema Paese la più opportuna, ma può anche andare all’università. Coloro che decideranno di andare all’università, gli faremo un percorso personalizzato, e questo approccio deve esserci fin dall’inizio sulla personalizzazione. Terza cosa: leggere l’ITS. Non riesco a convincerli, invece su cosa li ho abbastanza convinti? Il rapporto con le imprese. Il rapporto con le imprese è necessario, decisivo anche per gli insegnanti delle aree di base, cioè devono capire in che relazione stanno e questo credo che l’abbiano abbastanza capito. Gli insegnanti tecnici lo hanno interpretato perché dobbiamo essere pronti a un rapporto intelligente col mondo delle imprese. Lanciamo una sfida: il nostro sistema Paese italiano è molto in ritardo su uno strumento come l’apprendistato. L’apprendistato di qualifica di primo livello è uno strumento importante che la sperimentazione dovrà applicare nella riforma dei professionali, ed è possibile farlo. Ci sono esperienze in Emilia-Romagna importanti, in Lombardia importanti, ma anche nel resto del Paese. Nella mia scuola il settore agrario è uno dei più difficili per fare l’apprendistato. Facciamo 10 apprendistati individualizzati. Si può fare. Il mondo delle imprese agricole, sono piccole imprese, dopo un primo momento di resistenza è pronto, abbiamo delle richieste, la volontà di proseguire in questa situazione. Quindi, su questo li ho abbastanza convinti, vedremo se riusciremo a convincerli. L’ultimo grande ambito su cui però anche questa sperimentazione è un po’ timida, bisogna dirlo con forza, è la questione della valutazione, certificazione delle competenze, esame di stato finale. Però bisogna andare in quella direzione, bisogna acquisire anche come insegnanti delle competenze da questo punto di vista. La valutazione non è solo quella disciplinare di una volta, bisogna pensare a una valutazione a tutto tondo e legata a questo contesto in cui stiamo vivendo. 

Monti. Una cosa sicuramente abbiamo capito: che questo tema della riforma è un tema che, con un sistema di sì, consente di sollevare tutta una serie di questioni che sicuramente non possiamo esaurire, ma speriamo di aver suscitato almeno una curiosità, una voglia di approfondimento. Allora io chiedo a Arduino Salatin di fare non una sintesi di quello che è stato detto, ma un suo personale commento. 

Salatin. A me sembra che sia anzitutto un cantiere sfidante e quindi con un potenziale generativo di cui l’importanza di questa prima fase di sperimentazione è cruciale anche per il futuro. Se la sbagliamo, poi condizioniamo negativamente. È sfidante e impegnativo sia per i ragazzi che per le istituzioni educative. Allora bisogna lavorare, secondo me, su alcune condizioni. Sottolineo due direttrici di lavoro. La prima è quella della legittimazione sociale di questa cosa qua, nei confronti degli studenti e delle famiglie. È già stato detto. Qui è venuto fuori il tema dell’orientamento collegato a quello della personalizzazione. Il lavoro di rete e quindi l’alleanza formativa, come preferiamo dire, anche con il territorio, che apre la prospettiva di crescita umana e professionale delle persone, dei nostri ragazzi. Il tema della formazione e sviluppo degli insegnanti, ma anche degli operatori aziendali, direi per sostenere innovazione sia didattica che organizzativa, anche per dare attrattività. Si è parlato delle tecnologie digitali, della creatività come luoghi attrattivi. Per me è molto importante quello che è venuto fuori sul dare senso ai ragazzi e alle ragazze di quello che stanno facendo, dare senso, no? Si è parlato del valore educativo della filiera verticale: guarda che puoi arrivare fin là, puoi ambire di più, puoi collaborare con. Io dico che su questo non partiamo da zero, sottolineerei questo aspetto. Ci sono esperienze qui, sono venute fuori, ma io giro abbastanza per varie regioni italiane e posso dire che ce ne sono moltissime. Per esempio, il fatto di avere studenti di diversa età, mettere insieme interclassi, cito un’esperienza in Trentino da altre parti, sono assolutamente efficaci da un punto di vista educativo. L’altro versante è quello del completamento dell’integrazione della cornice ordinamentale, come si dice, cioè questi vari filoni di riforma – penso ai decreti attuativi – devono chiarire bene il rapporto con l’ITS, devono chiarire bene il rapporto e il ruolo delle regioni, modello campus, eccetera. Ci sono dei tasselli da completare che diventano importanti per poi costruire le condizioni con il coraggio, con quella voglia che mi sembra sia emersa, di aprire strade nuove. Abbiamo la possibilità di farlo, si può fare. Abbiamo competenze e esperienze per farlo e per estenderlo a tutto il Paese. Quindi, una scommessa per il futuro che penso possa essere vista con fiducia, con speranza. 

Monti. Grazie, grazie. Grazie a tutti quelli che sono intervenuti, a quelli che hanno parlato, alla vostra attenta partecipazione. Io non aggiungo altro al molto che è già stato detto. Voglio solo ricordare che c’è la possibilità, come si diceva anche prima, di continuare con il relatore, se lo desiderate, adesso, un approfondimento, in particolare nella saletta qua di fianco. Le due esperienze milanesi della costituzione del Carlo Acutis possono essere discusse in un contatto personale, in un dialogo. Ringrazio ancora tutti e buona continuazione del Meeting. 

 

 

Data

21 Agosto 2024

Ora

16:00

Edizione

2024

Luogo

Arena cdo C1
Categoria
Arene