I 40 ANNI DEL TEATRO DE GLI INCAMMINATI. Il teatro popolare al Meeting

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Gian Mario Bandera, direttore del Centro Teatrale Bresciano già Presidente del Teatro degli Incamminati; Franco Branciaroli, attore e regista di teatro, già cofondatore del Teatro degli Incamminati insieme a Giovanni Testori; Emilia Guarnieri, cofondatrice Meeting per l’amicizia fra i popoli; Margerita Palli, scenografa e costumista. Introduce Alessandro Banfi, giornalista

Quest’anno celebriamo i 40 anni dalla nascita del Teatro degli Incamminati. Una serata dedicata ai grandi spettacoli che Franco Branciaroli, dall’incontro con don Giussani, realizzò al Meeting negli anni 1989 (Miguel Manara), 1990 (Assassinio nella cattedrale) e 1991 (Antigone).

Con il sostegno di Tracce

I 40 ANNI DEL TEATRO DE GLI INCAMMINATI. Il teatro popolare al Meeting

I 40 ANNI DEL TEATRO DE “GLI INCAMMINATI”.  

Il teatro popolare al Meeting 

Sabato 24 agosto 2024 ore 21:00 

Auditorium Isybank D3 

Partecipano: 

Gian Mario Bandera, direttore del Centro Teatrale Bresciano già Presidente del Teatro degli Incamminati; Franco Branciaroli, attore e regista di teatro, già cofondatore del Teatro degli Incamminati insieme a Giovanni Testori; Emilia Guarnieri, cofondatrice Meeting per l’amicizia fra i popoli; Margerita Palli, scenografa e costumista.  

Introduce:  

Alessandro Banfi, giornalista  

 

Banfi. – 0:10:26 – Buonasera, buonasera e benvenuti a tutti. Allora, io presento, mi viene l’emozione già solo per questo, il maestro Franco Branciaroli, attore e regista di teatro, già co-fondatore del Teatro degli Incamminati insieme a Giovanni Testori. Perché? Perché stasera parliamo dei 40 anni del Teatro degli Incamminati, sottotitolo azzeccatissimo, Il Teatro Popolare al Meeting. Bello sto sottotitolo. Emilia Guarnieri è con noi, co-fondatrice di questo Meeting per l’Amicizia fra i Popoli, a cui noi tutti siamo grati per aver dato tanta parte della sua vita per la costruzione di questa cosa così grande che viviamo tutti gli anni, ormai da 45 anni, noi un po’ più âgé. Margherita Palli è con noi, vero monumento della storia del teatro italiano, scenografa e costumista, ha fatto i più importanti spettacoli del teatro degli ultimi anni e non solo degli ultimi anni. Allora, quest’anno si fa questa celebrazione, la celebrazione avviene attraverso questo momento. Perché? Perché, lo dico per i più giovani, noi celebriamo i 40 anni dalla nascita del Teatro degli Incamminati e devo dire, per motivi personali, non può essere con noi, ma partecipa anche Gianmario Bandera, direttore del Centro Teatrale Bresciano e che è stato presidente del Teatro degli Incamminati. Anche lui parte di questa storia. Questa serata è centrata sul ricordo non solo della compagnia che poi, fra l’altro, oggi è diventata, mi hanno spiegato, centro di produzione, ma attraverso tre spettacoli che per tre anni hanno costituito una cosa eccezionale e noi li rivivremo anche attraverso dei video. Però, intanto, io ringrazio e saluto in sala, sono presenti con noi due persone che voglio subito salutare, che sono Daniele Filetti, Presidente degli Incamminati, che abbiamo detto attualmente è un centro di produzione, e Luca Doninelli, Luca Doninelli che con Franco Branciaroli ha attualmente la direzione artistica di questo centro di produzione teatrale. Io ringrazio anche Andrea Ragosta che si è sobbarcato il lavoro di fare quello che ormai chiamiamo gli highlights in televisione, per colpa delle multinazionali del calcio. E che sarebbe il meglio di, come è più bello dire il meglio di, di questi tre eventi teatrali che rivivremo insieme. Ma io voglio partire proprio dalla prima memoria che stasera tiriamo fuori, importante, quella che ci può raccontare Franco Branciaroli, perché come comincia tutto questo? Come comincia questa follia di questo teatro popolare?  

Branciaroli. – 0:13:54 – Comincia dall’incontro che io ebbi con Don Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, a Milano una sera e Don Giussani… Voi sapete, chi è di CL lo sa, che il testo mitico fondante era Miguel Manara e in quella sera di discussione gli ho detto: “Fai l’attore, fai l’attore del teatro, mi piacerebbe tanto che si potesse fare il Manara in teatro.” Lui mi ha risposto: “Guarda, il Manara in teatro non si può fare perché è un testo a stazione, Stationendrama, in tedesco, quindi farlo al teatro al chiuso non è possibile, insomma.” Poi io, pensando un pomeriggio: “Però si potrebbe fare al Meeting di Rimini?”, pensai da solo, facendolo girare per tutta Rimini. Lì telefonai, chiesi un altro appuntamento. E lui disse: “Sì, fai pure, fai pure! Quanto costa?” E facemmo il preventivo. Il preventivo quel signore lì dietro di me, Gianmarco Candiera, fece il preventivo: un miliardo, un miliardo di lire, cioè 10 milioni di… cos’è oggi? 10 milioni? No, beh, abbiamo un bel budget, vero? Si fa tranquillamente, un miliardo, benissimo, un miliardo. E comincia questa avventura. Questo testo viene smembrato in cinque ore. Lei fa tutte le scenografie e poi adesso lo vedrete dei pezzettini viene impostato in cinque luoghi diversi di tutta Rimini con il pubblico che andava da una stazione all’altra a seguire questo spettacolo. Erano circa 30.000 persone e cominciò alle 9 e finì alle 4 di mattina, giusto? Perché 30.000 persone a fare un chilometro ci mettono un’ora, se poi c’è un gomito, c’è una curva… Iniziò questa cosa incredibile e si ripeté per tre anni. Per il secondo anno fu L’Assassino nella Cattedrale, esattamente nel 1990, e poi nel 1991 Antigone, che corrispondevano ai titoli del Meeting. Non erano così, questi spettacoli erano ovviamente i titoli del Meeting. Come se oggi si facesse uno spettacolo sull’essenziale e la ricerca, esatto. Quindi, diciamo, l’idea venne a me, però chi lo fece? Chi lo fece? Don Giussani. Cioè, di fatto, è il teatro di Don Giussani, proprio papale papale, perché sai, tu puoi avere l’idea, ma poi se non hai, come dire, uno che… Poi non erano i De Ucce, non erano una recita, e quindi è il suo teatro. E fu una cosa grandiosa. Grandiosa non lo so, fu comunque, indubbiamente, una cosa originale, perché aveva una caratteristica che durava un giorno solo, cioè un miliardo per una notte. In genere, gli spettacoli si sfruttano, non si fanno, si replicano, si replicano, questo no, era bellissima questa cosa, cioè solo una replica, solo per voi, per voi un miliardo, a lei un miliardo. Era bellissimo, una cosa aristocratica come facevano i greci. 

Banfi. – 0:17:35 – Aristocratica ma allo stesso tempo popolare? Perché era per il generale.  

Branciaroli. – 0:17:45 – Unico, io non avevo mai sentito una roba così. Ti fermo per vederlo.  

Banfi. – 0:17:50 – Allora andiamo a vedere questa sintesi, il meglio di Miguel Manara.  

VIDEO – 0:19:01 – Io sono molto lieto. Sono molto commosso dall’augurio collettivo di vedere la mia carne e il mio spirito divorati da fiamme altissime in un luogo assai lontano da qui.  

VIDEO – 0:19:15 – Io vi giuro sul mio onore, sulla testa del Vescovo di Roma, che l’inferno di cui parlate non esiste, non esiste. 

VIDEO – 0:20:14 – Padre, io vengo a chiederle protezione. 

Contro chi, figlio mio? 

Contro me stesso. Chi sei? 

Speaker. – 0:20:26 – Magnale. 

VIDEO – 0:21:11 – Ioannis, raccomanda l’anima a Dio. Hai il volto di un uomo che sta per morire.  

VIDEO – 0:21:54 – Signore, dacci la nostra speranza quotidiana. Tu, Padre, e tu, Figlio, dateci il nostro coraggio quotidiano. Datemi la mia razione d’amore, perché una volta sazio, possa regalarla agli altri. A quelli che non vi amano, che mi insultano, perché possa dire: questa è la generosità divina.  

Banfi. – 0:23:21 – Come avete visto, una roba eccezionale. Allora, Margherita Palli, abbiamo visto macchine sceniche, costumi pazzeschi, veramente, gli Incamminati, viene da dire, hanno fatto camminare tutti perché c’è questo popolo che si sposta in questo cammino. Però, ecco, immagino, le scene e i costumi che lei ha curato erano eccezionali, cioè una cosa… Sì, uno può pensare al teatro di Ronconi, no? Ad esempio, c’era quell’inquadratura dove si vedeva quella sfera che si muoveva così, ricordava Ronconi, almeno a me, ma alcune cose, però grandissimo come sforzo anche, voglio dire, organizzativo, ideativo, un po’ di aneddoti, un po’ di racconti di quelle tre follie, diciamo… Dovrebbe essere acceso.  

Palli. – 0:24:24 – È acceso. Sì, io non li avevo più rivisti da quando avevamo fatto lo spettacolo più di trent’anni fa. Credo che per me, per il gruppo con cui ho lavorato, sia stata un’esperienza strana. Diciamo che uscivamo da spettacoli grossi, perché poi Ronconi non è che non facesse spendere dei soldi ai comuni piuttosto che ai teatri, però quando Franco è venuto e mi ha detto che c’era quella cifra, ho pensato che forse si sbagliava o che uno dice: “Sai, c’è quella cifra lì, vieni”, che venivano ventimila persone. Mi sembrava di stare come in un mondo un po’ irreale in cui qualcuno mi stava raccontando delle cose e abbiamo iniziato a progettarlo, ero venuta a fare un sopralluogo con Gianmario e poi abbiamo cominciato a capire che davvero costava quella cifra, davvero ci volevano quelle forze anche umane per far spostare la gente da una stazione all’altra. C’era tutto un volontariato che aiutava, che è stato ovviamente fondamentale. C’erano tutti quei soldi, ma c’era anche della gente che lavorava mentre quando vai in un teatro pubblico o privato poi hai dieci persone, non è che ne hai centocinquanta, e lo spettacolo era strano. Per esempio, una delle cose, adesso che ho riguardato, il Teatro Galli non c’era, eravamo sul tetto. Il teatro è stato poi inaugurato da Giergiev, ha impiegato non so quanti anni per essere ricostruito. Ed era strana questa cosa che anche il pubblico, non solo di CL, ma la gente comune che si accodava a questa processione. Gente in vacanza, il tedesco con le ciabatte che ascoltava, che forse non capiva neanche che cosa fosse, ma che rimaneva affascinato da questa cosa. 

Banfi. – 0:26:09 – Ma la difficoltà maggiore organizzativa, almeno di questo primo spettacolo del Miguel Manara.. 

Palli. – 0:26:16 – Ma la cosa principale era l’incredulità del nostro gruppo: chiedevamo delle cose e dicevamo “non ce la faranno mai”. Non so, alla fine, quando c’è la croce che si solleva, che era davanti al ponte, il fiume era in secca. Nel Ponte Tiberio il fiume non aveva acqua in quel momento; avevamo fatto questo scavo con questa macchina in cui Franco cadeva, si abbracciava, però c’era un problema di illuminarlo. C’era appena stato il concerto dei Pink Floyd a Venezia, dove illuminavano con questa cosa. E Saggio Rossi, che era quello che faceva le luci, e anche io abbiamo detto: “Crediamo che l’unica cosa che possa arrivare per quella distanza lì sia questa cosa”. L’organizzatore di questa cosa era Balic, quello che adesso fa le Olimpiadi, e quindi avevano chiamato questo gruppo dicendo: “Ma dove l’avete preso?”. Non mi pare fossero degli inglesi, che però adesso è tutto semplice, web, ma era della gente che girava con camion, con le due macchine che illuminavano, e anche quella costava, e per organizzarla era un casino, perché poi non è che arrivava il wifi, e la luce arrivava con dei cavi nel parco. Sì, c’era il problema di portare l’elettricità, quindi stiamo parlando di un’epoca in cui internet, il wifi… Pranzaroli ha usato il proiettore dei Pink Floyd. Sì, quello che ti centrava sulla faccia, però erano tutte cose venendo pure da un mondo che era quello di Ronconi, non è che facevo il teatro artigianale; era strano perché c’era una disponibilità di mezzi e anche di voglia di farlo, perché uno ti poteva dire: “Ma no, troviamo un’altra soluzione”. Non tanto il rapporto dei soldi, ma la voglia di fare questo spettacolo anche strano, che non era uno spettacolo, era una processione, dove l’unico attore era poi Franco.  

Banfi. – 0:28:06 – E poi c’è questa storia dell’aereo nell’acqua. È lì che c’è l’aereo, l’aerolito?  

Palli. – 0:28:11 – Sì, perché poi ogni stazione aveva un… Franco, come regista, diciamo, nello spettacolo, mi aveva dato dei temi. Vabbè, il teatro sopra era… poi c’era lui che parlava nella torre, davanti al cimitero c’era lei che era morta, quindi c’era questo luogo un po’ magico, un po’ da fantascienza. E poi si andava invece nel parco, dove c’era la ricostruzione di Monte Cassino, che è l’unica abbazia, credo, bombardata durante la guerra. Quindi anche lì Franco voleva un relitto di aereo. Avete visto, c’era una Jeep. Ho detto: “Ma dove li trovo?”. E devo dire, qua con l’aiuto delle persone che lavorano qua, avevamo scoperto che con Gianmario, che è a Gambettola, che è qua vicino, credo, c’erano dei depositi per vendere a dei fanatici collezionisti dei pezzi della guerra, che andavano da un relitto d’aereo… 

Banfi. – 0:29:03 – …dei relitti della Seconda Guerra Mondiale.  

Palli. – 0:29:04 – Sì, della Seconda Guerra Mondiale: dei vestiti, delle borracce, delle cose. Ed eravamo andati lì, avevamo comprato questa carlinga di aereo, che non so poi cosa ne abbiano fatto, e anche una Jeep. Che avete usato poi. Che si vedeva la Jeep, sì.  

Banfi. – 0:29:20 – Costumi, qualcosa sui costumi?  

Palli. – 0:29:23 – I costumi li avevamo fatti tutti qui, nel senso che gli interpreti erano tutti di un paese qua vicino, e li avevamo… io avevo un gruppo di ragazze, più delle sarte locali, e li avevamo tutti realizzati qui al Meeting, diciamo.  

Banfi. – 0:29:39 – Con i volontari?  

Palli. – 0:29:41 – Con volontari, con persone… cioè, poi ne parleremo dopo, ma certe cose… certe cose erano proprio perché si poteva farle anche… cioè sarebbe costato ancora di più se non ci fosse stato il Meeting.  

Banfi. – 0:29:54 – Eh beh, certo, certo, certo.  

Palli. – 0:29:56 – C’era questo aspetto di popolo anche nella costruzione… Popolo e anche di entusiasmo, perché tutti avevano voglia di fare questa cosa. 

Banfi. – 0:30:06 – Bene, allora andiamo a vedere il secondo filmato, direi, e poi parliamo con Emilia Guarnieri del meglio di “Assassinio nella Cattedrale”.  

VIDEO – 0:31:20 – L’opera di Eliot è stata presentata più volte all’interno del programma del Meeting di Rimini, la grande manifestazione che raccoglie ogni anno decine di migliaia di persone. Ma nell’edizione 1990 del Meeting, lo scrittore e drammaturgo anglo-americano occupa un posto importantissimo. Il Meeting, infatti, è stato aperto proprio dalla rappresentazione dell’opera “Assassinio nella Cattedrale”, da lui scritta nel 1935. Il dramma teatrale si riferisce all’uccisione dell’Arcivescovo di Canterbury, primate d’Inghilterra, avvenuta nel XII secolo per mano di sicari del re Enrico II. La figura di Thomas Beckett emerge con forza come simbolo dell’uomo di fede, in nome della quale si può dare perfino la vita. La suggestiva cornice di questo evento teatrale è lo specchio di mare prospiciente il porto di Rimini. La scenografia, curata da Margherita Palli, crea lo spazio scenico inserendosi magistralmente nel cuore dello spettacolo. “Assassinio nella Cattedrale” rompe gli schemi consueti della rappresentazione teatrale per ripercorrere la strada dell’evento di partecipazione corale della sacra rappresentazione, in cui il pubblico è circondato e coprotagonista dello svolgersi del dramma. Il coro, grande protagonista insieme a Beckett dell’opera teatrale, è composto da oltre 100 donne di Rimini, tutte attrici non professioniste. La loro parte sottolinea ancora di più il carattere esplicito di sacra rappresentazione di quest’opera.  

Banfi. – 0:34:50 – Emilia Guarnieri, come il Meeting ha sostenuto, aiutato e creato questi tre eventi pazzeschi? Queste immagini sono incredibili: tutta questa gente al porto, sul mare, le proiezioni, le costruzioni.  

Branciaroli. – 0:35:16 – Quelle facce, quella strana cosa che si vede così, erano delle macchine francesi che polverizzavano l’acqua e noi proiettavamo le immagini sull’acqua. La proiezione? Sì, quelle facce, quelle cose lì erano uno schermo d’acqua su cui venivano proiettate le facce, i film; era acqua, ondeggiava tutto, erano delle macchine francesi. Le gocce d’acqua formavano lo schermo.  

Banfi. – 0:35:46 – Come l’avete vissuto?  

Guarnieri. – 0:35:54 – Molto affascinanti, molto affascinanti e molto appassionati anche perché una follia come quella che abbiamo visto, sia del primo, sia del secondo, e il terzo non è, lo vedrete, non è meno follia, sia per il miliardo che è costato il primo, di cui ha parlato Franco – non diciamo i costi di quelli successivi. Una follia così non si affronta, solo dopo vi dico la ragione per cui l’abbiamo affrontata. Adesso vi dico le condizioni che consentono di affrontarla. Una follia così si affronta, uno, se si ha, come dire, se questa follia corrisponde veramente a quello che si sta facendo, a quello che si sta costruendo, cioè esprime quello che si sta facendo. Questa è la prima condizione. 

Allora, è chiaro che questi tre spettacoli, centrati su questi tre personaggi – perché il primo è centrato sulla figura di Don Giovanni, il secondo è centrato sulla figura di Thomas Becket, il terzo è centrato sulla figura di Antigone – di fatto sono collegati a tre titoli del Meeting che avevano dentro questi tre personaggi: Socrate, Sherlock Holmes e Don Giovanni, quella a cui è legato il Maniara. Il Maniara è la figura storica del Don Giovanni. “L’Antigone ritornata e il vecchio emigrato,” faccio fatica a dirlo perché è molto complesso, tra “Gente di palazzo” e “Nuovi distintivi” – vi risparmio la spiegazione – però il tema era “Antigone ritornata,” cioè ritorna la domanda che Antigone era; quindi, ritorna l’Antigone della legge del cuore, ritorna l’Antigone del desiderio e del bisogno della propria umanità, che è capace anche di travalicare le leggi. E l’altro, “L’ammiratore Einstein,” è Thomas Becket. Questo era il titolo del Meeting a cui è legato quello che abbiamo appena visto. 

Questi tre spettacoli erano legati a un contenuto forte che il Meeting intendeva esprimere. Quindi questa è la grande ragione: un contenuto forte che poi è facilmente riassumibile. Tutti questi tre spettacoli sono centrati sul fatto che c’è nell’uomo un desiderio che nel Maniara si esprime proprio come forma di desiderio di passione, che in Antigone si esprime come legge del cuore che travalica la giustizia umana, che nell’assassinio si esprime come lo struggimento di un’esperienza di fede che cerca di fare i conti con la storia e col potere. Comunque, al fondo, quello che c’è in tutti questi tre spettacoli è esattamente questa tensione dell’umano, questa tensione del cuore che c’è nell’uomo. Quindi era un tema, questo, che al Meeting era carissimo, declinato poi con questi titoli complessi, perché c’è stata una stagione del Meeting che ha avuto i titoli complessi. 

Banfi. – 0:39:18 – Titoli a tre, queste trinità.  

Guarnieri. – 0:39:21 – I titoli trinitari, sì. Però in fondo, in questa complessità, ripeto, c’era questo grande tema. Allora è chiaro che questi tre spettacoli interpretavano questo grande tema del cuore dell’uomo, del desiderio dell’uomo, poste in varie guise, e quindi ci hanno appassionato. Questa è la ragione per cui ci siamo appassionati. L’altra, come dire, dicevo una cosa: uno spettacolo, un rischio così, un rischio così, chiamiamolo così, uno sforzo organizzativo, cioè tutto quello che una cosa del genere può aver comportato – però solo una parentesi – è stata accennata prima da Margherita. Quella tavola che voi avete visto sui ruderi del Galli era sospesa. Cioè, non era una tavola apparecchiata sui ruderi del Galli. Questo è facile, no? Sono i ruderi del Galli, il teatro Galli bombardato nel 1945. E poi c’è una… No, no, no, no. Questa tavola era sospesa. Io credo che voi foste legati. Ecco, loro erano legati sulle loro sedie. Perché, essendo questa tavola sospesa, essendo quindi anche le sedie sospese, loro erano legati. Ecco, immaginate, questo è solo un piccolo aspetto di quello che succedeva in questi spettacoli. Solo aver immaginato una cosa del genere. 

In questa complessità ci voleva una grande passione e la passione nasceva dal fatto che questi spettacoli interpretavano quello che volevamo esprimere con il Meeting. E l’altra condizione, io mi permetto di dirlo questa sera, c’è stato un angelo custode che ha accompagnato questa complessità, che è stato Emanuele Banterle: la sua sapienza, la sua saggezza. Emanuele Banterle, non so come definirlo, perché la regia era di Franco. Però Emanuele era l’angelo custode. È stato l’angelo custode di questi tre spettacoli, è stato l’angelo custode di questa stagione, la sua calma, la sua pacatezza, la sua lucidità, la sua intelligenza, la sua umiltà, perché Emanuele era a servizio di quello che si stava costruendo. Credo che questa sia stata l’altra grande condizione, perché tutto questo si sia potuto realizzare. 

Dico l’ultima cosa, se posso? L’aspetto interessante è che tutte queste cose così particolari, dove forse l’aspetto centrale veniva già sottolineato prima, era che il pubblico, il cosiddetto pubblico, diventava protagonista dello spettacolo, diventava protagonista perché era il coro – abbiamo visto il coro dell’assassinio – diventava protagonista perché era la grande processione delle migliaia e migliaia di persone che nel cuore della notte hanno camminato per tutta Rimini, diventava protagonista – lo vedremo nell’Antigone – perché anche lì era il coro. Il pubblico diventava protagonista. Questa non era una trovata. Questa era veramente l’esperienza che il Meeting stava vivendo e stava esprimendo. Non era una trovata dire che il pubblico partecipava, perché il pubblico era veramente il pubblico dei tre spettacoli, ma era lo stesso pubblico degli incontri, era lo stesso pubblico degli altri spettacoli, era lo stesso pubblico che andava alle mostre. Quello era il soggetto del Meeting, perché il Meeting l’hanno fatto gli organizzatori, ma il Meeting l’hanno fatto tanto quelli che vi hanno partecipato come volontari – i famosi volontari del Meeting – ma anche come popolo, perché il Meeting ha sempre espresso un’esperienza, cioè l’esperienza di un soggetto che aveva qualcosa da vivere, e aveva un gusto tale di quello che viveva e di quello che vive, che poi desiderava esprimerlo. Quindi non era una trovata, ma era quasi naturale che il pubblico e il popolo che faceva gli spettacoli coincidessero. Credo che questa sia stata un’altra ragione della bellezza, della riuscita di queste tre realizzazioni che sicuramente, dal punto di vista espressivo, sono stati l’apice, il culmine che il Meeting ha realizzato nel campo degli spettacoli.  

Banfi. – 0:44:00 – Grazie, grazie. Da Mario Bandera. Veniamo da te perché giustamente Emilia ha anticipato il ricordo di Emanuele, che per noi è veramente caro ricordare. Intervenga perché poi tu sei il testimone diretto di tante cose di questi tre spettacoli, però prima di parlarne con te vediamo questo documento che è un’intervista di Emanuele Banterle, che parla molto però anche del presidente del primo presidente degli Incamminati. Perché abbiamo evocato Giussani, abbiamo già evocato Emanuele, ma ci manca Giovanni Testori. Vediamo.  

Bandera. – 0:45:22 – Io ho lavorato con Testori per 15 anni, dal 1978 al 1993, l’anno in cui ci ha lasciati. Ho lavorato in teatro, chiaramente. La prima cosa che mi ha colpito di Testori, mentre lavoravo in teatro come assistente alla regia di Scaparro, è stata quando partecipai a una serata al Franco Parenti in cui Testori leggeva e recitava “Conversazione con la morte”, un testo che aveva scritto per Renzo Ricci. Testori scriveva sempre per qualcuno, pensando a qualche attore. Ascoltava un attore che stava recitando un certo testo, magari uno Shakespeare o un Goldoni, e piano piano lo vedeva cominciare a recitare in un altro modo. Erano le sue parole, le parole che Testori iniziava a inventare e che poi scriveva per quell’attore. Così scrisse per Ricci “Conversazione con la morte”, ma poi Ricci morì, e allora decise di recitarlo lui stesso. Fu una cosa che sembrava molto strana, un po’ un gesto solitario, un gesto eccentrico del poeta che legge i suoi testi. Ma ciò che colpì me e molte altre persone, quella sera al Franco Parenti, che ricordo era gremito, fu la sua voce nebbiosa, come si dice. Testori leggeva questo testo con un ritmo piuttosto continuo e lento, ma creò un’atmosfera, un silenzio, una tensione nella sala che mi colpì molto. Fu per lui un atto teatrale, e da lì nacque tutta una vicenda teatrale che si sviluppò con la nascita della Compagnia degli Incamminati. Infatti, noi siamo qui ancora oggi negli uffici, nella sede della Compagnia degli Incamminati, fondata da Testori nel 1983, con la mia partecipazione e quella di altri amici. Questa compagnia è diventata una delle più grandi compagnie italiane di prosa, legata alla storia di Testori come uomo di teatro. Voglio sempre ricordare Testori non solo come autore o drammaturgo, ma come uomo di teatro che, con i suoi gesti e le sue scelte, dava delle indicazioni al teatro; voleva parlare al teatro. 

Nacque quindi la Compagnia degli Incamminati, che aveva lo scopo di tornare sui palcoscenici per proporre quel modo di intendere il teatro che Testori aveva. Questo si sviluppò anche con il coinvolgimento di Testori come regista. Testori stesso mise mano alla sua “Erodiade” e volle riportarla in teatro, curandone personalmente la messa in scena. Fu una messa in scena incredibile, che fu portata in tutto il mondo dalla protagonista Adriana Innocenti e che vide Testori, per la prima volta, nelle vesti di regista. Fu uno spettacolo di grande forza drammatica, in cui Testori riscrisse, tra l’altro, dei pezzi dell'”Erodiade” con lo scopo di rompere, come diceva lui, quella “quarta parete” e di fare in modo che l’attore recitasse chiamando in causa gli spettatori. Questo rapporto tra attore e spettatore, questa tensione, è sempre stato, credo, uno dei suoi principi fondamentali. E infatti, da lì si sviluppò anche il grande rapporto con Branciaroli, di cui forse l’esempio più alto fu la rappresentazione di “In Exitu”.  

Speaker. – 0:50:34 – Mon ecopain, puis Saint-Germain, di l’inconnu, qui vient à moi, et qui m’embrasse. Sono passati 30 anni da quando non ci siamo visti, ma l’ultima volta che ti ho visto, avevi della classe, dei denti di luogo. Arthur Rimbaud e Baudelaire.  

Banfi. – 0:51:51 – Non so se da lassù si vede il Meeting, ma un applauso a Emanuele, al grande maestro Giovanni Testori, è proprio spontaneo, ci viene dal cuore. Allora Gian Mario, abbiamo risentito Emanuele con il suo racconto della nascita della Compagnia degli Incamminati, non potevamo celebrare meglio questi 40 anni. Quindi, tu hai tanta carne al fuoco, perché abbiamo visto qualcosa degli spettacoli, anzi, i primi due, e abbiamo sentito Emanuele. A te la parola.  

Speaker. – 0:52:35 – È un po’ difficile parlare dopo aver risentito Emanuele. Tra l’altro, quello stesso anno, prima dell’evento al Meeting, il 27 luglio, al Festival di Santarcangelo, Franco e Giovanni andarono in scena con “Fitero in Ex situ e Verbo”. Questo rappresenta un percorso, un cammino che ci portò da quella fase agli spettacoli del Meeting. Come Emilia ha ricordato, furono grandi eventi legati ai temi del Meeting, eventi di popolo. È un modo di fare teatro che, credo, non abbia avuto eguali in Italia, perché, pur essendoci stati spettacoli di grande impatto e costruzione scenica, mai con la partecipazione così diretta di tante persone. Ricordo quando mettevamo in scena “Miguel Mañara”; passavamo circa due mesi e mezzo in un albergo a Rimini io, Franco ed Emanuele, e come si sviluppò tutta questa storia, soprattutto la partecipazione delle persone. C’è una parte che ho rivisto dove si sente il cammino delle persone che partecipavano, passando da una stazione all’altra, cantando e recitando canzoni a noi care. Questo racconta di come lo spettacolo si inserì all’interno di qualcosa di più grande. È un aspetto che dobbiamo ricordare, altrimenti perderemmo il valore di quei tre momenti. 

E ciò che Don Giussani intuì, grazie all’idea di Franco, era proprio l’idea dell’evento teatrale, della possibilità di creare un evento e di una comunità teatrale viva che partecipava attivamente. Questo rimane nella storia degli Incamminati, perché tutto quello che abbiamo fatto in seguito contiene questo aspetto. Mi piace anche ricordare che noi eravamo, io, Emanuele e Franco, forse un caso unico di unità tra tre persone nel teatro, un’unità che non ha avuto riscontri altrove nel teatro italiano. Ma quei tre eventi, come diceva giustamente Emilia prima, che saluto e ringrazio perché accettare che questi tre folli venuti da Milano portassero questi tre eventi al Meeting fu un atto di fiducia nei nostri confronti, e eravamo anche giovani. E vorrei ricordare anche le persone che in quei momenti ci sono state vicine: Sandro Ricci, ma anche Gigi, Mimo, Bruno. E poi il grande contributo dei fratelli Forlani che ci aiutarono ad allestire le scene di “Margherita”. Come ha detto giustamente Emilia, è stata una costruzione avvenuta grazie a tante capacità messe in campo e a tanta voglia di andare a fondo in ciò che ci veniva indicato, che Don Giussani, con la sua intuizione, ci aiutò a portare avanti. Ricordo sempre quando disse che si poteva distribuire il libretto di “Antigone” a 20.000 persone, ma non si era sicuri che poi lo leggessero. Invece, quella sera, 20.000 persone poterono assistere a un evento che rimase nella memoria di tutti e ci diede qualcosa di più. Credo che il lato popolare di quei tre eventi sia questo, ma è anche profondamente culturale. È profondamente culturale perché parla del perché del teatro, del suo significato profondo. Franco prima ha ricordato il teatro greco, facendo questo parallelo, ed è un fatto unico. Io me lo sono portato dietro nella mia esperienza e ho tentato di riprodurlo più avanti, ma quel popolo è un dato unico di quei tre eventi. Grazie, Gian Mario. Grazie mille. Fatemi dire un aneddoto che non so se Franco se lo ricorda, ma sicuramente Emanuele da lassù se lo ricorda bene: la prova generale dello spettacolo fu un disastro completo. Un disastro completo, Franco, ti ricordi? Perché stavamo sperimentando per la prima volta in Italia i collegamenti senza fili per l’audio, e i microfoni durante la prova generale si staccavano continuamente. Fu una prova generale veramente disastrosa. Tant’è vero che Franco disse: “No, rimettiamo i fili ovunque e torniamo agli analogici!” Erano i primi, e niente, dopo la prima andò benissimo. Ma andò in analogico o in digitale? Andò in analogico. Tornammo al caro vecchio filo, con il caro vecchio microfono, senza più l’audio digitale. Quindi lasciammo da parte gli esperimenti. Questo per dire che, come diceva anche Margherita prima, sicuramente provammo, anche da un punto di vista tecnico e organizzativo, cose totalmente nuove e di grande portata. Ciao Margherita.  

Banfi. – 1:00:14 – Posso chiedere al maestro, prima di vedere il prossimo filmato, una battuta sul primo presidente degli Incamminati, Giovanni Testori? Cioè una battuta in che senso? Una battuta nel senso di un ricordo, un ricordo breve.  

Branciaroli. – 1:00:34 – Ah beh, il mio rapporto con Testori deriva da un fatto puramente artistico. Cioè, Testori andava sempre a teatro, vede un attore, che ero io, adattissimo a una sua, diciamo, forse progettata svolta drammaturgica, cioè buttare tutto sulla carne di un essere umano. Anche perché io ero nato lì, cioè quella lingua che lui usava, è difficile — se non voglio cominciare con delle cattiverie — è difficile che un toscano riesca a farla bene, un romano, bisogna essere di lì. Milanese? Non solo Milanese, Milanese di cintura; si chiamano gli “arius” in dialetto, Milanese ariosi di cintura. Quindi lui trovò un attore ideale perché trovò un attore forte e vigoroso che parlava quella lingua. Disse: “Qui è fatta”, e cominciò a scrivere su questo pezzo di carne. Era veramente un pezzo di carne, anche dalle foto si vede. In Ex situ era un pezzo, perché il personaggio giocava ed era sempre lo stesso. Si chiamava Riboldigino, era un drogato perso, un pezzo di carne proprio buttato, un resto. Quindi il rapporto nostro è puramente artistico. Io non sono un sentimentale, per cui era una tecnica che si alleava con un’altra tecnica e ha prodotto effettivamente, soprattutto con Ex situ, qualcosa di indimenticabile, storicamente indimenticabile.  

Banfi. – 1:02:31 – Resta il fatto che abbiamo messo in fila persone che restano indimenticabili per ognuno di noi, da Don Giussani a Giovanni Testori.  

Branciaroli. – 1:02:44 – Capitano queste cose, capitano. Cioè, adesso il teatro, diciamo, non c’è più, in un certo senso, il teatro è morto vent’anni fa, secondo me. Però ecco, quando capitavano queste cose qui, adesso vedrete portato all’estremo la faccenda del pubblico che partecipava. Adesso il coro dell’Antigone, il coro greco dell’Antigone, è fatto. Ogni spettatore aveva in mano, gli veniva dato il foglio del coro, cioè la parte del coro in mano; c’era un corifeo su una collina che dava il tempo, e il coro era fatto da 30.000 o 25.000 persone. Cioè, non si capiva una parola, ma non importa: la capivano loro che la leggevano e la dicevano. Penso sia il coro più grande della storia, bellissimo, il meglio di Antigone.  

Speaker. – 1:05:40 – Ci apparteniamo, Ismene, occhi di sorella, ed Edipo, lascito di umiliazioni. Ne sai tu una — e quale? — che non farà maturare Zeus per la nostra coppia di esistenze. No, no. Non esiste strazio, errore cieco, non c’è piaga, barbarie che non abbia visto e veda io, radici di umiliazioni, tue e mie. Oggi, nuovamente, parlano di ordini assoluti, fatti gridare per la gente di Tebe da lui, dal generale in queste ore! 

Speaker. – 1:06:54 – Uomini! 

Branciaroli. – 1:06:58 – E beh, non trapalla più! Eh, ce l’hanno martellata con risacca dura, poi l’hanno rimessa in rotta. Io ho eletto voi. Un dispaccio vi ho riuniti isolati. So il vostro culto vivo per i governi in trono. Via via di Laio prima, poi quando Edipo pilotava Tebe, poi Sparta. 

Speaker. – 1:07:48 – Eccola qui. Ha lavorato lei, scavava e noi l’abbiamo presa. Su, dov’è Creonte? La rispunta dalla soglia, il tempo, a che coincidenza giungo giusto, capo. Non è un controsenso? Ci pensi sopra e la tua idea di prima è già fasulla. Io lo dicevo forte: ce ne correva prima di ripresentarmi qua dopo la grandine delle maledizioni. Più quella non la confronta con altre contentezze, tanto è grande. E quindi sono qua, falso e spergiuro che mi importa. Porto la ragazza, guarda, pescata che accudiva il morto. Niente sorteggio questa volta, tutta buona stella mia. Solo mia. Bene, capo, è ora che la tieni tu. Fa come vuoi: processala, falla confessare. Io posso andare fuori da questa brutta storia? Me lo merito. 

Branciaroli. – 1:09:03 

Dai, prigioniera, presa. 

Speaker. – 1:09:07 – Dove? Come? 

Speaker. – 1:09:11 – Scavava lei la fossa, non c’è altro. 

Branciaroli. – 1:09:15 – Ti rendi conto, vero? Sei certo del tuo dire? 

Banfi. – 1:10:19 – Le inquadrature dall’alto, a parte che uno poi vede Luca Zingaretti e dice: “Che ci fa il commissario Montalbano?”. Perché doveva ancora fare il commissario Montalbano. È lì che ha cominciato, dici? 

Branciaroli. – 1:10:37 – Lì che ha preso poi. Avete visto? È impressionante. Questo è un brutto filmato. In realtà, di questo esiste un filmato meraviglioso fatto dalla RAI, che non è questo. Che fece la diretta alla RAI. Diretta, differita di mezz’ora. E, vi dico una chicchetta così: quella notte cadde il comunismo. Ah, è quella notte lì? Quella notte cadde il comunismo. La differita RAI veniva interrotta. Da Mosca venivano giù le bandiere rosse. 

Banfi. – 1:11:15 – Più che cadde il comunismo… 

Branciaroli. – 1:11:17 – Le bandiere rosse. Cade il Cremlino. Era incredibile quella cassetta RAI. Perché mentre il dittatore Creonte, che ero io, per esempio, dice al figlio: “Tu pensi di ribellarti? Tu pensi che il mio potere possa cadere?”, Signore e signore, interrompiamo la trasmissione. 

Banfi. – 1:11:43 – In questo stralcio che abbiamo visto, in questa selezione che ha fatto Andrea, c’è però tu che dici: “Voi che siete abituati ad amare chi governa?” 

Branciaroli. – 1:11:54 – Sì, ma solo che questa è brutta, si vede anche male. Quella della RAI è meravigliosa, perfetta. Nella croce, quando tirano su quella croce all’inizio, quel fagotto abbracciato dal Cristo, non riuscivo più a scendere, ma hanno fatto scendere i pompieri, perché la notte era il mattino alle 3.30, era tutto bagnato. D’estate, la notte fa una volta rugiada, quella croce era tutta viscida e io avevo una scalettina di metallo larga così, ho detto: “Io qui non scendo manco morto”, allora sono dovuti arrivare i pompieri. 

Banfi. – 1:12:42 – Margherita, ma come è possibile che gli avete dato una scalettina così piccola? 

Branciaroli. – 1:12:45 – Eh no, vero, la scaletta è quella degli alpinisti, no? Però tutta bagnata, quindi io ero agganciato col moschettone e allora mi fecero scendere i pompieri con la scala. Ma è straordinario, anche qui le scene sono pazzesche. 

Palli. – 1:13:07 – Ma sì, perché erano sempre come Franco proponeva, delle follie nel senso delle cose estreme, visivamente, come nell’altro ci sono gli schermi d’acqua. In questo c’era, quella terra non c’era in quel posto lì, cioè il cimitero c’era una spianata d’erba, 50 centimetri. E voleva invece queste colline come se tu fossi dentro uno scavo di Troia alla Schliemann. Anche lì ero andata da Bandero e ho detto: “Beh, glielo dico, poi magari mi manda da quel paese e dice qualcosa”, e ho detto: “Guarda, ci vorrebbero dei carri, qualcuno che porta della terra, terra vera.” E allora non hanno fatto una piega, hanno detto: “Ma sì, abbiamo uno sempre volontario, bravissimo, che ha una ditta pazzesca che porta via terra da tutto il mondo, macchine e movimento terra e che ce la porta, non ti preoccupare.” E quindi arrivavano questi camion pieni di terra. È vero che sono costanti, ma nessun teatro avrebbe potuto avere tutta quella terra a un prezzo normale. Non l’abbiamo avuta gratis. 

Banfi. – 1:14:15 – Quelle teste classiche, gigantesche. 

Palli. – 1:14:17 – E poi invece avevamo costruito le cose da una ditta, ovviamente, di scenografia. 

Banfi. – 1:14:22 – Bellissime erano, un po’ Mitoraj, ricorda. 

Palli. – 1:14:25 – Il pubblico era in mezzo, la cosa interessante è che il pubblico partecipava in qualche modo lì in mezzo tra gli attori, su Michele in un modo, la processione, e in quello sugli Iscrivi. 

Branciaroli. – 1:14:38 – La musica di Pink Floyd non è di commento, quel ragazzo biondo tecnicamente era una soggettiva, cioè la musica dei Pink Floyd ce l’aveva nell’orecchio quel ragazzo, non era nello spettacolo. Ma non era una ragazza? No, un ragazzo, è Ducca Gobbi, aveva le cuffie, lui sentiva i Pink Floyd, cioè lui vedeva lo spettacolo coi Pink Floyd. Capito? Non è come appare qui, qui sembra di commento allo spettacolo, no? No, era dentro. Mentre parlavamo noi non avevamo i Pink Floyd, ce li aveva solo lui. 

Banfi. – 1:15:23 – Già Mario, ma tu te li ricordi, Camion di terre? 

Speaker. – 1:15:27 – Sì, me li ricordo bene, infatti come dicevo prima, il ringraziamento di Tafor Lani, perché fece un lavoro immenso. Dopo i primi due era diventato quasi automatico questo lavoro di equipe e si riusciva a fare cose che erano inimmaginabili. Anche il fatto di Luca Zingaretti e Valerio Binasco fu uno spettacolo in cui Franco portò anche tanti giovani attori che poi fecero una grande strada. Direi scelti con oculatezza. 

Palli. – 1:16:26 – Io ho lavorato tanti anni con Ronconi e Franco Lozano. Ronconi non era una perla d’uomo nel senso che era molto giusto, se io dicevo faccio uno spettacolo con qualcun altro era sempre abbastanza geloso, non te lo diceva ma poi in qualche modo te la faceva pagare. Con Franco mi lasciava lavorare, ma in questo caso dopo il primo spettacolo che lui sicuramente era andato a guardarsi, era sempre incuriosito, guardava le cose, era sempre invidioso. Non mi ha mai fatto degli sgarbi sul fatto che lavorassi con Franco, anche poi dopo su altri spettacoli che abbiamo fatto, più piccoli, ma era secondo me molto invidioso delle possibilità che avevo economiche o di fare delle cose. E quando io ero andata a vedere proprio degli schermi, avevo visto a Parigi la sfilata del bicentenario, fatta da Gull, dove c’erano questi schermi. 

Banfi. – 1:17:23 – Mi ricordo benissimo, era il 14 luglio del 1989. 

Palli. – 1:17:30 – Avevo visto questa cosa e quando Franco mi ha proposto l’acqua, gli ho detto, c’è questa cosa. Con Bandera siamo andati a Parigi, fuori in periferia, da questi che erano gli unici che li facevano all’epoca. Adesso è una cosa abbastanza comune. E mi ricordo che dopo un po’ mi ha detto: “Allora fai ancora il Meeting di Rimini?” Sì. “Cosa fate questa volta di strano?” E allora gli ho detto: “Guarda, facciamo degli schermi d’acqua.” “Ma come degli schermi d’acqua? Ma quanto grandi?” mi ha detto. “Ma quanto? Quanto grandi?” e dico: “Guarda, fanno 12 metri di diametro.” “Quindi non è possibile,” mi ha detto, erano davvero molto grandi. E erano questi di Strasburgo, ti ricordi, c’erano questi sommozzatori che portavano le cose, era una roba molto strana. 

Banfi. – 1:18:23 – Franco, purtroppo siamo alla fine. Dobbiamo chiudere, perché mancano due minuti al tempo che ci hanno assegnato. Vuoi dire qualcosa di conclusivo su quegli anni, su quell’esperienza? 

Branciaroli. – 1:18:41 – Meno male che nella vita è stato fatto una cosa del genere. Non si può più fare. Però gli Incamminati fanno un sacco di cose belle. Ma sì, ma non c’erano gli Incamminati, adesso sono una compagnia che fa teatro, così. Siete un centro di produzione, avete diversi teatri. Il teatro è morto vent’anni fa. Vabbè, ma tu sei vivo e vegeto. 

Banfi. – 1:19:08 – Adesso si fa spettacolo. Emilia, prendi il microfono. Quando è che ritorniamo a fare uno spettacolo a questo livello? 

Guarnieri. – 1:19:22 – Quando c’è una passione per farlo, al punto tale che si riescono ad affrontare le realtà impossibili che diceva Bandera prima, i famosi camion della terra di Forlani. Dico solo questo: era facile affrontare quelle difficoltà, quelle cose quasi impossibili. Perché quello che vedevamo accadere con il Meeting era veramente qualcosa di incredibile. Un altro mondo che accadeva nel mondo, come lo chiamava Don Giussani, e quindi questo dà la forza per fare le cose. Oggi è uguale: se la forza per fare le cose c’è è perché uno vede accadere nella sua vita e in quella degli altri qualcosa di assolutamente grande. Questo è quello che fa la differenza, credo. 

Banfi. – 1:20:17 – Bene, allora auguriamo almeno altri 40 di questi anni agli Incamminati. Grazie a tutti, buona serata e buon Meeting. Devo dare un avviso finale molto importante. Ci tengo anche perché il Meeting è anche una cosa viva che poi si sviluppa durante la settimana e allora c’è il modo di donare al Meeting, di sostenere il Meeting che è importantissimo, come il volontariato, lo sapete, siate generosi. Ma abbiamo deciso questa settimana. Ha deciso il Meeting, e io ve lo ricordo, che in questo particolare momento storico, dove sempre più incognite ci fanno chiedere come è possibile costruire dialogo e pace, non potevamo non sentirci provocati e riaccesi da quanto ci è detto il primo giorno il Cardinal Pizzaballa. Per questa ragione, il Meeting devolve parte delle donazioni raccolte nel corso di questa settimana per l’emergenza in Terra Santa. Una ragione di più per essere generosi. Grazie e buon Meeting! 

Data

24 Agosto 2024

Ora

21:00

Edizione

2024

Luogo

Auditorium isybank D3
Categoria
Incontri