LA FORMA DELLE PAROLE. GENERAZIONI IN DIALOGO

Laura Biancalani, Direttore Generale Andrea Bocelli Foundation, Ente Filantropico; Giovanni Caccamo, Artista; Micol Forti, Curatrice della Collezione di Arte Moderna e Contemporanea dei Musei Vaticani; Giulia Napoleone, Artista. Modera Alessandra Vitez, Exhibition Manager Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli ETS. In occasione dell’incontro interventi di saluto di Simona Arduini, Vicepresidente Banca Ifis e Alessia Zanelli, Imprenditrice.

Un dialogo per conoscere il “dietro le quinte” di un ampio progetto collettivo “Parola ai giovani”, nato nel 2022 da un’idea del cantautore siciliano Giovanni Caccamo, allievo di Franco Battiato.  Giovani under 35 sono stati invitati a riflettere intorno ad alcune “parole chiave” attraverso le quali hanno provato a dare voce alla loro visione di cambiamento del mondo. Convinti che le parole siano semi che producono frutti e che non esista un futuro senza radici, Micol Forti, insieme a Giovanni Caccamo, ha coinvolto alcuni tra i più noti artisti italiani, rappresentanti delle generazioni più mature, sfidati a trasformare in opera d’arte una parola di quelle selezionate dai giovani. A ottobre 2023 le opere realizzate dagli artisti saranno battute ad un’asta organizzata al fine di raccogliere fondi a supporto della mission “Empowering people and communities” dell’Andrea Bocelli Foundation, Ente Filantropico.

Con il sostegno di Regione Emilia-Romagna, Banca Ifis, Pulsee e Avvenire.

LA FORMA DELLE PAROLE. GENERAZIONI IN DIALOGO

LA FORMA DELLE PAROLE. GENERAZIONI IN DIALOGO

 

23 Agosto 2023 ore 17.00

Sala Neri

 

Partecipano

Laura Biancalani, direttore generale Andrea Bocelli Foundation; Giovanni Caccamo, artista; Micol Forti, curatrice della collezione di arte moderna e contemporanea dei Musei Vaticani; Giulia Napoleone, artista.

 

Modera

Alessandra Vitez, exibition manager Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli ETS.

In occasione dell’incontro, interventi di saluto: Simona Arduini, vicepresidente Banca Ifis; Alessia Zanelli, imprenditrice.

 

Proiezione video: inizio 5’50; fine 10’55

 

Vitez. Buonasera a tutti e benvenuti a questo appuntamento. Il video ci ha introdotti all’ampiezza e alla bellezza di questo momento di dialogo e non voglio aggiungere nulla perché saranno i nostri ospiti a farci entrare nelle parole e nelle immagini. Ci è servito per iniziare a immedesimarci con qualcosa di nuovo da conoscere che può, se gli lasciamo lo spazio, sfondare quello che già sappiamo. Sono davvero contenta di essere qui con questi ospiti, perché con loro in questo anno abbiamo fatto un pezzo di strada che merita davvero di essere raccontato. Questa non è la presentazione della mostra La forma delle parole, in questi giorni visitata da migliaia di persone, una mostra inedita che racconta dodici grandi protagonisti dell’arte contemporanea italiana in dialogo con i sogni e le idee delle giovani generazioni. Il dialogo che stiamo per iniziare vuole mettere al centro il dietro le quinte della mostra, di più, il dietro le quinte di un ampio progetto collettivo Parola ai giovani, nato nel 2022. E scopriremo come questo percorso, in modo inaspettato, dona un contributo profondo al tema del Meeting e quindi all’amicizia. Perché la bellezza che si esprime attraverso l’arte ci fa scoprire amici? Papa Francesco, a Lisbona, in occasione della 37° Giornata Mondiale della Gioventù, durante un bellissimo incontro con i giovani universitari dell’Università Cattolica, ha citato Pessoa, un poeta portoghese di cui lo scorso anno al Meeting abbiamo realizzato una mostra bellissima e che è stato protagonista con una mostra anche durante la GMG. Il Papa dice: «Pessoa ha detto in modo tormentato ma corretto, che essere insoddisfatti è essere uomini. Non dobbiamo aver paura di sentirci inquieti, di pensare che quanto facciamo non basti. L’incompletezza caratterizza la nostra condizione di cercatori e pellegrini. Siamo in cammino verso, siamo chiamati a qualcosa di più, a un decollo senza il quale non c’è il volo». E poi papa Francesco continua, pieno di fiducia, nella descrizione della nostra condizione umana. Sono partita dal Santo Padre perché anche lui è protagonista di questa avventura che stiamo per raccontarvi. Allora vengo a presentare subito i nostri ospiti: qui al mio fianco Giovanni Caccamo, che avete visto, artista e cantautore; Micol Forti, storica dell’arte, curatrice della collezione di arte moderna e contemporanea dei Musei Vaticani e curatrice, insieme a Giovanni, della mostra; Giulia Napoleone, artista; Laura Biancalani, direttore generale di Andrea Bocelli Foundation. Allora, Giovanni, raccontaci qual è stata la scintilla che ti ha fatto partire in questo percorso, cosa è successo, i ragazzi che hai convolto, raccontaci questa storia.

 

Caccamo. Buon pomeriggio, sono molto felice di essere qui. Parola ai giovani nasce da un appello di Andrea Camilleri che, preoccupato per il futuro, chiese alle nuove generazioni, affidò alle nuove generazioni l’arduo compito di far partire un nuovo umanesimo. Con un pizzico di incoscienza mi ritrovavo per la quarta volta di fronte a un foglio bianco, dovevo iniziare a scrivere il mio quarto disco e decisi di raccogliere questo appello di Andrea Camilleri e creare un album in cui ogni canzone fosse ispirata a un testo di letteratura italiana, o straniera, o contemporanea, dichiarandone le fonti e creando un ponte generazionale tra la mia generazione e le generazioni che ci hanno preceduto. Quindi ho selezionato una serie di testi di Pasolini, Bufalino, Battiato, Sgalambro, Liliana Segre e su questi ho scritto altrettante canzoni. In questo lavoro ho coinvolto una serie di compagni di viaggio appartenenti a generazioni precedenti, che sono state Liliana Segre, Patti Smith, William Dafoe, Michele Placido, Beppe Fiorello, che hanno interpretato questi testi di riferimento prima di ognuna di queste canzoni. Al Maxxi abbiamo fatto un concerto straordinario con Patti Smith e Jesse Paris Smith per lanciare questo disco e dentro di me sorgeva sempre più la consapevolezza del fatto che non bastasse la mia risposta a questo appello di Camilleri per far partire un umanesimo, che non bastasse la risposta di un solo artista, ma servisse la risposta corale di migliaia di giovani. Così ho deciso di lanciare un concorso di idee, rivolto a tutti i giovani italiani con meno di 35 anni, chiamato Parola ai Giovani, chiedendo loro: cosa cambieresti della società in cui vivi e in che modo? A questo appello hanno risposto migliaia di giovani tramite il web e attraverso 15 tavole rotonde in università, carceri e centri di accoglienza e ognuno di queste migliaia di giovani, che hanno scritto dei testi scegliendo poi una parola di cambiamento, ha raccontato la sua visione di futuro. Da queste migliaia di testi raccolti, che sono stati tutti letti con grande attenzione, ne abbiamo selezionati 60 con l’auspicio di riuscire a creare un volume che possa essere in grado di orientare chiunque si trovi in un momento di impasse. Un surrogato di futuro. Questi 60 testi sono stati pubblicati qualche mese fa all’interno del volume Manifesto del Cambiamento, edito da Treccani con una prefazione straordinaria di Papa Francesco. Sono testi di natura varia: c’è il testo di un giovanissimo panettiere che racconta come la semplicità e la panificazione siano parte del motore della sua quotidianità; c’è il testo di Paola Egonu, campionessa di pallavolo, che parla di empatia; c’è il testo di Marco Anastasio, Alienazione, su come la velocità, questa sorta di alienazione che quotidianamente ci porta via da noi stessi, interferisce con la nostra umanità. Quindi sono 60 storie, c’è Raymond Karam, che domani sarà presente con noi, che racconta il suo viaggio dall’Egitto all’Italia alla ricerca di una speranza, di una vita nuova. E poi ci sono due declinazioni artistiche straordinarie. Durante questo viaggio, una delle tematiche principali che sono emerse dai giovani, è in qualche modo l’esigenza di trovare delle nuove agorà, dei nuovi luoghi fuori dal virtuale, quindi dei luoghi in presenza che possano consentire lo scambio di anime e di pensieri. Quindi questo progetto nasce in solitaria, cioè ognuno ha scritto questi pensieri in solitaria, sono stati condivisi poi nelle università, ma di fatto la radice è solitaria. Allora serviva un momento simbolico in cui 15 di questi ragazzi potessero interagire tra loro. Il luogo che abbiamo scelto, e che ci è stato concesso straordinariamente dai Musei Vaticani, è stata la stanza della segnatura di Raffaello sotto il celebre dipinto La scuola di Atene, simbolo cardine del linguaggio e del dialogo tra pensieri differenti. Il 21 dicembre dello scorso anno ci siamo riuniti lì per 5 ore per discutere di cambiamento e futuro, per redigere una carta di valori e avanzare proposte fattive in cui noi giovani ci identifichiamo per edificare questo futuro in evoluzione. Tutto è contenuto all’interno del Manifesto del Cambiamento. C’è stato questo viaggio, diciamo straordinario, con i maestri, perché noi giovani siamo convinti che per edificare un futuro in evoluzione dobbiamo relazionarci coi maestri, che non esista futuro senza radici. Quindi da lì, grazie ad Antonio Spadaro ho conosciuto Micol Forti, che racconterà in modo approfondito questo aspetto. Abbiamo affidato a 12 maestri, artisti contemporanei, 12 testi e 12 parole di cambiamento emerse dai ragazzi, che sono state in qualche modo l’ispirazione di 12 opere straordinarie, di 12 opere d’arte. La cosa che in qualche modo chiude il cerchio di questo progetto è il fatto che l’intero ricavato di questa operazione, della vendita del Manifesto del Cambiamento e del catalogo di cui parleremo tra poco, che ha un focus specifico sulle opere, e l’asta delle opere, dei pezzi unici di questi straordinari maestri, sarà devoluto alla fondazione Andrea Bocelli, che ne farà tesoro per aiutare giovani, che si trovano in uno stato di difficoltà, a poter credere nei loro sogni e sviluppare le loro ambizioni e prospettive.

 

Vitez. Micol, prima di darti la parola ci tengo a leggere una tua dichiarazione, che ci hai rilasciato a Roma in occasione della presentazione di questo Meeting presso l’ambasciata d’Italia, presso la Santa Sede. Tu, Micol, dicevi: «La centralità del ruolo dell’arte e della cultura nella nostra società è lo stimolo alla ricerca del bello e del vero, l’invito a mettere in discussione le nostre certezze, a non sedersi, a non accontentarsi. Nulla è scontato, tutto è rischioso, ma è solo così che la cultura mantiene vivi umanità e mistero, bellezza e senso del sacro». Raccontaci.

 

Forti. Buonasera a tutti, grazie mille di questo invito e di questa straordinaria esperienza. Non è la prima volta che vengo al Meeting, ma è la prima volta che vivo non solo l’intera settimana, ma anche il pre-meeting per montare questa mostra e non avete idea di quanto le persone qui davanti a me siano state straordinarie, insieme a tutti i ragazzi che danno veramente vita al Meeting, a tutti i volontari, è veramente un’emozione di cui ringrazio. Siete una forza straordinaria, che restituisce vita e restituite molto, molto di più di quanto noi non riusciamo a offrirvi. Dunque, mettere in discussione le proprie certezze, alimentare i dubbi, stressare le regole, fare domande, produrre domande, questo è quello che la cultura, la parola, le idee, le azioni, i gesti, l’arte, dovrebbero sempre fare, perché sono operazioni estremamente delicate che vanno seguite con pazienza e con dedizione. Le regole sono da rispettare, la società civile è fatta di questo, ma è estremamente importante che siano sempre messe in discussione e costantemente riverificate la vitalità e la potenza dei valori su cui la nostra civiltà si fonda. L’arte è uno strumento straordinario che impone di non abbassare mai lo sguardo, di non voltarsi mai dall’altra parte, di mantenere vigile la nostra attenzione. Queste 12 parole, che con Giovanni sono state selezionate e affidate, fisicamente le vedrete, per chi non è ancora stato in mostra, attraverso dei magnifici fogli in carta cotone dove sono state stampate attraverso una tecnica, con una macchina a caratteri mobili, una cosa antichissima -pensate che per comporre ogni parola, ogni testo ci vogliono quattro giorni, un tempo che abbiamo dimenticato-. Ma è un tempo che abbiamo recuperato anche per restituire il senso del peso, del corpo che ogni parola deve assumere sul foglio, sulla carta, ma anche sulle nostre labbra prima di essere pronunciata, perché ogni parola che diciamo è delicata, è fragile, è potente e può essere anche pericolosa. Ecco, queste 12 parole contengono i testi che i ragazzi hanno scritto e da questi testi, come Giovanni vi diceva, emergono tanti sogni, tante idee, tante speranze, ma anche tante fragilità, tante paure, tante incertezze. Li abbiamo consegnati a 12 artisti italiani fra i maggiori del panorama internazionale e che quindi definiamo grandi sotto una doppia luce: quella del loro successo, della loro autorevolezza, della loro qualità, ma anche quella dell’età. La media di questi artisti supera gli 80 anni, molti di loro hanno superato anche i 90, uno di loro, Guido Strazza, ha compiuto il 27 dicembre dello scorso anno 100 anni e ha restituito un’opera magnifica. Una di loro è qui e ovviamente è in rappresentanza di tutti, Giulia Napoleone, che ha realizzato un’opera magnifica, che vedremo poi in mostra e di cui speriamo voglia poi in mostra dirci due parole di un magnifico verbo che è spargere. Ecco, questo contatto a distanza, questa amicizia a distanza, anche non diretta, fra i giovani e gli artisti ha messo in moto un meccanismo assolutamente straordinario; voi non avete idea della serietà, della profondità, dell’attenzione, della delicatezza con cui ognuno di loro ha preso in carico queste parole e tutto ciò che esse contenevano, anche di ingenuo, anche di apparentemente banale e che pure rispondevano a delle vite, a delle emozioni, a delle passioni, all’oggi, al qui e ora, a ciò che è per me il coraggio, la bellezza, la famiglia, l’infanzia. E di come ognuno di loro l’ha interpretato. Ognuno di loro è un pittore, uno scultore, un incisore, un videoartista, un fotografo, abbiamo scelto il più possibile linguaggi differenti, proprio perché quel foglio di carta cotone potesse trasformarsi e creare quest’opera. Questo processo non avrebbe dovuto essere una mostra, come avete capito dalle parole di Giovanni, doveva chiudersi con la straordinaria partecipazione e azione della fondazione Andrea Bocelli e quindi essere destinato alla vendita. Ma poi il Meeting ci ha sollecitato, questo è proprio veramente figlio dell’apertura e della costante curiosità che il Meeting ci offre. Noi stavamo lavorando a questo progetto, le opere non erano ancora state consegnate dagli artisti, eppure abbiamo proposto questa ipotesi per mostrarvele per la prima volta, per mostrarvi il dialogo generazionale, l’amicizia a distanza e una creatività che non si esaurisce neanche oltre i 100 anni. L’arte è anche apertura, dialogo e le parole devono essere semi e devono generare frutti, fiori. È per questo che l’allestimento che accoglie la mostra non ha pareti. L’abbiamo voluto aperto e volevamo proprio restituire questo senso di appartenenza, di comunità, cosa può farlo meglio della natura? Due straordinarie e giovani architette, Fiorenza Matteoni e Martina Valcamonica, hanno proprio dato vita a questa nostra idea e troverete un allestimento che a noi emoziona molto e che raccoglie ogni parola senza gerarchia e voi potete girarci intorno, la potete apprezzare, la potete vedere e soprattutto potete confrontare le parole dei giovani ragazzi con le opere degli artisti a fianco, affinché anche voi possiate riflettere e produrre, se volete, la vostra parola del cambiamento.

 

Vitez. Grazie Micol, grazie mille. Giulia, innanzitutto è una gratitudine averla qui, quindi facciamo un applauso a questa artista. Io le chiedo, ti chiedo Giulia, cosa è stata l’arte per te e perché hai accettato di realizzare l’opera esposta in mostra? Cosa ha provocato questo dialogo tra generazioni?

 

Napoleone. L’arte la dico dopo, rispondo dopo. Io ho accettato questa provocazione che mi ha fatto Giovanni, ma era semplice, era ovvio che io accettassi, perché ho creduto a questa operazione. Sono stata sempre a contatto con i giovani, ho insegnato 40 anni, 33 in Italia e 7 in Siria. In Siria avevo fondato, insieme con altri, una università di arti e scienze, poi la guerra ci ha scacciato e siamo tornati in Italia. Io però ho sempre insegnato con amore, ho sempre avuto contatto e ho creduto nei giovani, li ho sempre sostenuti e loro mi hanno sempre aiutato a credere, ad andare fino in fondo nel mio lavoro. Il mio lavoro non è semplice, io credo nel mio lavoro; è la vita che poi cambia, cambia i destini, i volti, ha solo lasciato intatta in me e nei miei colleghi, che non ci sono ma li conosco quasi tutti, ha lasciato intatta la voglia di fare, la fede che abbiamo nel lavoro e nel metodo. L’arte per me è l’unica cosa che conta e con l’arte intendo anche il rapporto che io instauro con l’umanità, con tutti, soprattutto con i giovani.

 

Vitez. Grazie Giulia, dopo in mostra davanti all’opera d’arte da te creata potremo godere del racconto di questo “spargere”. Allora Laura, è arrivato il tuo momento. Cosa ti lega a questi racconti? Perché hai raccolto queste idee? Cosa hanno messo in moto all’interno di Andrea Bocelli Foundation e quale sarà il futuro di questo progetto?

 

Biancalani. Quante domande! Allora intanto presento quella che è la fondazione Andrea Bocelli Foundation, che ho il privilegio di dirigere. È una fondazione nata dodici anni fa per volontà del maestro Bocelli, che tutti conoscete e che mi prega da Forte dei Marmi di portarvi i suoi saluti, e spera presto di essere qua con voi. Nasce per sua volontà, ma in dodici anni diventa molto oltre le aspettative. È nata quasi come una fondazione familiare con pochissime persone e presto è diventata quello che noi chiamiamo, amiamo chiamare -è vero Giovanni? – un laboratorio vivo, un laboratorio nel quale tutti fanno la loro parte, tutti contribuiscono a creare quello spazio fisico di relazioni e di tempo che è utile all’educazione degli esseri umani. Vi do dei numeri che significano poco, ma che vi danno l’idea di come, quando si è in tanti a crederci, si possa arrivare a creare un sogno comune, collettivo. In dodici anni abbiamo raccolto circa 54 milioni, abbiamo progetti in tantissimi Paesi, prima di tutto ad Haiti e vi chiedo, visto che molti di voi ogni giorno pregano, una preghiera per questo Paese che in questo momento si sta trovando in mezzo a una guerra civile, è veramente disperato, nessuno ne parla e quindi per favore pregate, pregate per loro. Noi abbiamo lì sei scuole, 3500 bambini che ogni giorno vanno a scuola. Abbiamo scuole anche in Italia e stiamo aprendo il nostro ufficio in Terra Santa, proprio l’8 settembre prossimo, quindi siamo vicini. La caratteristica delle nostre scuole, del nostro fare educazione è utilizzare tre linguaggi: la musica, l’arte e il digitale. Quindi tre linguaggi che hanno una cosa in comune, la bellezza. Perché crediamo profondamente, questo è il credo di Andrea che ha passato a tutti noi, che veramente la bellezza salverà il mondo e la bellezza è la base dell’educazione. Lo è negli spazi perché, se io cresco in uno spazio bello, avrò cura di quello spazio; se io cresco con relazioni positive, diventerò una persona positiva; se io cresco in un tempo giusto delle relazioni, in particolare della relazione, sarò una persona che darà valore alle persone che ha davanti. Quindi noi cerchiamo di creare, attraverso i nostri progetti, tutto questo e di accogliere ogni giorno, ogni anno, nuovi impulsi. La nostra missione è empowering people and communities, cioè ci occupiamo del potenziale dell’essere umano. Lavoriamo affinché i bambini e i ragazzi da 0 a 25 anni possano scrivere la migliore storia possibile, la loro migliore storia possibile. Vi invito ad andare sul sito www.andreabocellifoundation.org per vedere le cose che abbiamo costruito, una scuola in 150 giorni e non sono sogni, sono realtà perché all’interno della fondazione ci sono competenze e ci sono soprattutto gli artisti. Ci sono gli artisti perché i nostri insegnanti, in particolare gli insegnanti delle giovani generazioni, da 16 a 25 anni, sono proprio loro e uno è Giovanni. Siamo partiti a lavorare sulle giovani generazioni insieme all’idea di Giovanni; quindi, durante il Covid abbiamo creato un progetto che si chiama Global Lab e che ha sede in questo momento a Firenze, nel centro di Firenze. Attraverso Global Lab ci proponiamo di lavorare sull’essere umano e sulla sua storia, sulle cosiddette life skills. Quindi abbiamo messo a disposizione, grazie anche al comune di Firenze, un palazzo bellissimo in centro a Firenze, che era vuoto, era l’ex tribunale. Adesso vive e vive di giovani ogni giorno. All’interno di questo spazio i ragazzi trovano professionisti e trovano artisti che parlano con loro, che cercano di capire qual è il percorso di vita migliore per loro. È diviso in due parti, 16-19 anni, rivolto soprattutto all’orientamento; 19-25 anni, rivolto all’entrata nel mondo del lavoro. I ragazzi appunto animano i laboratori e vivono con noi e con gli artisti la dimensione del loro poter essere. Sembra tutto molto astratto ma in realtà non lo è, e vi invito a venire a vedere. Vedete sul sito quando i ragazzi ci sono, oppure quando Giovanni e gli altri insegnanti sono in palazzo San Firenze, perché potrete vedere un percorso bellissimo. Abbiamo visto il cambiamento, lavorando un anno con questi ragazzi li abbiamo visti cambiare. I corsi vengono tenuti all’interno di questo bellissimo palazzo, durano sei mesi, in particolare il corso che viene fatto sulle singole persone, quindi non in rapporto con l’istituzione scolastica, e poi finisce con un esame. L’esame del percorso sulle life skills è un viaggio in Terra Santa. Tre giorni nel deserto, dove l’esame è con se stessi, quindi si va a testare se si è imparato a lavorare e a comprendere se stessi. Due giorni stiamo a Gerusalemme, dove incontriamo e ci scontriamo con culture diverse e si forma la coscienza critica, si cerca di formare la coscienza critica. Poi finiamo stando due giorni a Betlemme nei campi profughi, insieme ai ragazzi che appunto vivono nei campi da quando sono nati, in ascolto. Cerchiamo di creare, come ha fatto Giovanni, degli spazi di presente in cui questi ragazzi possano viversi all’interno del presente. E io credo che questo sia importantissimo. Bellezza, ascolto, presente. Queste tre parole sono quelle su cui vogliamo investire. Vogliamo investire soprattutto il grande patrimonio che gli artisti ci hanno donato. Ci sarà a fine anno un’asta, il ricavato dell’asta verrà utilizzato per il progetto di cui vi ho parlato, quindi per il Global Lab, per portare avanti la possibilità di scoprire il talento e il potenziale dei giovani e poi aiutare chi ha bisogno veramente e non ha le possibilità, proprio a volare. Io vi chiedo di vedere il documentario di Giovanni, perché alcuni dei ragazzi sono stati presi dai nostri corsi e noi alcuni li abbiamo presi per poi creare appunto il loro futuro. Ascoltateli, cercate di capire che l’ascolto è il segreto. Non c’è bisogno nemmeno di appoggiarla, quella nostra mano sulla spalla, ma ascoltare e guidare è assolutamente il nostro lavoro e noi con il ricavato dell’asta cercheremo di farlo e di documentarlo passo dopo passo a tutti voi.

 

Vitez. Grazie Laura. Ora vorrei dare spazio a due brevi interventi di saluto a due persone che sono qui con noi, che hanno creduto a questo progetto, lo hanno sostenuto e continuano a sostenerlo. La prima è Simona Arduini, vicepresidente Banca IFIS.

 

Arduini. Sono particolarmente orgogliosa di rappresentare in questa sede Banca IFIS che ha sostenuto il progetto La forma delle parole come main sponsor e sono anche emozionata e onorata di far parte di un evento così prestigioso come il Meeting di Rimini. Nel porgere questi miei saluti conclusivi vorrei rispondere a una domanda che io stessa mi sono posta. Cosa collega una banca, quindi Banca IFIS, al progetto Parola ai giovani e al Meeting di Rimini? Per rispondere vorrei evidenziare tre falsi ossimori ai quali ai nostri giorni siamo abituati a credere. Il primo riguarda i termini “amicizia” e “inesauribile” che sono contenuti nel titolo del Meeting 2023. Oggi i giovani non credono più che l’amicizia possa essere inesauribile, perché vivono delle amicizie fast, delle relazioni superficiali, non fondate sulla conoscenza, sulla comunione di interessi e sentimenti, ma amicizie che si esauriscono in un like. Il Meeting di Rimini ha avuto il coraggio di riproporre un concetto di amicizia che, come è indicato nel manifesto, è condivisione con l’altro, che fa emergere un “noi” orientato al bene comune. Il secondo falso ossimoro è riferito ai termini “parole” e “dialogo”. Noi che viviamo nell’era della globalizzazione delle comunicazioni sappiamo che l’uomo ha la possibilità di parlare, di esternare, di creare una rete, ma è sempre più spesso difficile l’ascolto dell’altro in senso profondo. Non sempre, di conseguenza, è possibile dare avvio a un reale confronto, a un vero dialogo, poiché la parola, senza ascolto, non è dialogos, non crea comunicazione, non crea comunione. La mostra La forma delle parole, che fa parte del più ampio progetto che Giovanni ci ha illustrato e che fa seguito al suo album “Parola”, riporta l’attenzione dei giovani sulla parola come mezzo di carità intellettuale, come strumento che consente di produrre un cambiamento volto a creare, come già ci ha anticipato Giovanni, un nuovo umanesimo. Il terzo falso ossimoro è che l’attività finanziaria non possa avere un volto umano, che esista un trade-off ineludibile tra redditività e socialità in un’impresa. Banca IFIS, operatore attivo nella specialty finance, a servizio delle piccole e medie imprese che costituiscono l’ossatura economica e produttiva del nostro Paese, sta invece attuando una serie di progetti volti, nel rispetto degli obiettivi di redditività, di liquidità e di patrimonializzazione che sono imprescindibili per la natura stessa dell’attività bancaria, a concretizzare il pilastro social, cioè l’AS (?) dell’ormai noto acronimo ESG, che sta per environmental social governance. Di che progetti si tratta? Si tratta in primo luogo di progetti che sono stati fortemente voluti dal nostro presidente Ernesto Furstenberg Fassio e che sono stati sviluppati attraverso Kaleidos, che è un social impact lab, che la banca promuove e attraverso il quale sviluppa delle iniziative a elevato impatto sociale, a favore delle persone e della comunità, con particolare attenzione alle giovani generazioni. Tra questi progetti ritroviamo l’accordo con l’ospedale pediatrico Bambino Gesù per sostenere l’attività di ricerca sui tumori maligni del sistema nervoso centrale che colpiscono pazienti pediatrici e giovani. Troviamo il supporto alla fondazione IL (?) che accompagna i giovani pazienti oncologici e le loro famiglie negli ospedali per visite e terapie. Abbiamo il sostegno all’associazione CAF che aiuta i ragazzi, con situazioni familiari difficili, nell’inserimento sociale e nel loro ingresso nel mondo del lavoro, oltre a tante altre iniziative rivolte alle giovani generazioni attraverso lo sport. Possiamo dire che Banca IFIS, attraverso questi progetti di socialità, sta realizzando quella amicizia operativa che è al centro dell’attenzione del Meeting 2023. Parola ai giovani è uno di questi progetti. Pertanto, per rispondere alla domanda iniziale, cosa collega il Meeting, Parola ai giovani e Banca IFIS? È il coraggio, peraltro coraggio è una delle dodici parole che fanno parte del progetto e della mostra. Quale coraggio? Il coraggio di smascherare i falsi ossimori, di proporre un noi che va ben oltre l’individualismo dei nostri giorni, di operare a sostegno della carità intellettuale, carità intellettuale che è il fondamento per la costruzione di ogni forma di carità materiale. Grazie.

 

Vitez. Grazie. E ora Alessia Zanelli, imprenditrice.

 

Zanelli. Buonasera a tutti. Grazie Giovanni per l’invito. Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare. È una frase di Churchill che mio padre ha fatto sua e che mi ha seguito per tutta la mia vita, sia professionale che personale. Mi ha sempre spronato, mi ha sempre spinto a prendere le decisioni rapidamente e mi ha sempre dato una pacca sulla spalla quando serviva. La parola che rappresenta meglio il cambiamento in questo momento, secondo me è proprio la parola aiuto. Aiuto non solo in caso di necessità, aiuto come gesto di grande delicatezza, aiuto come gesto umano. Se ci pensate è molto più facile darlo l’aiuto, che chiederlo. Dobbiamo quindi sempre essere pronti secondo me ad ascoltare, a trovare empatia con le persone, cercando di dare il meglio. Un’altra cosa importante è che da soli non si va da nessuna parte. L’unico modo per raggiungere qualche cosa nella vita è farlo in team e farlo insieme alle altre persone. A questo ci credo veramente tanto e diciamo che questo progetto è un esempio di come le persone insieme possono veramente cambiare il mondo e accendere una fiamma per un nuovo umanesimo. Sono onorata di aver dato il mio contributo, per concludere, per la condivisione di tutta la bellezza che il Manifesto custodisce. Sono veramente onorata, grazie a tutti e grazie a Giovanni che è una persona speciale, un sognatore concreto e bravissimo.

 

Vitez. Grazie Alessia. Non sono presenti gli amici di Pulsee Luce e Gas: anche loro sono un soggetto che ha creduto in questo progetto e ci tengono a portare i saluti a tutti noi qui presenti, quindi grazie anche a Pulsee. Ora un’ultima battuta, Giovanni e Micol, con una sorpresa finale, quindi dobbiamo stare fermi e seduti ad attendere. Una battuta a voi due. Il dialogo fra le generazioni, l’essere amici senza conoscersi, la commistione fra i linguaggi artistici diversi, questa domanda scomposta che attraversa non solo la vita degli artisti, ma quella di ognuno di noi. Cosa rimane in voi e come vi rilancia e ci può rilanciare?

 

FORTI. Mi sembra che la parola “noi”, che abbiamo appena ascoltato, sia la risposta. Peraltro una delle opere in mostra, proprio quella di Michelangelo Pistoletto, vi presenta quello che lui chiama “il terzo paradiso”, lo vedrete, in realtà è la rielaborazione dell’infinito, dell’otto infinito che è fatto in realtà di tre cerchi. Questo è come dire muto, apparentemente muto, perché sotto c’è la parola che gli abbiamo offerto: infanzia. Ma in realtà Michelangelo Pistoletto lo completa inserendo “io” a sinistra, “tu” a destra e “noi” al centro e il cerchio del centro è più grande dei due laterali. A differenza di ogni regola tra insieme e sottoinsieme, il sottoinsieme non è uno spazio più piccolo, non è una sottrazione dell’io, ma è un’amplificazione di me e di te, perché “noi” siamo di più. Questo è forse l’insegnamento più grande che le relazioni, a cui faceva riferimento anche Giulia Napoleone prima, l’arte come un sistema di relazioni, ci danno. La sua è la parola spargere. Spargere vuol dire diffondere, vuol dire disseminare, ma vuol dire anche avere il coraggio di separarsi, di separarsi da un’idea, da una parola, da un gesto, da un seme, da un’opera e di sperare che qualcun altro la raccolga. Nel momento in cui noi ce ne separiamo diventa degli altri, anche degli altri. Può essere trasformata, cambiata, può anche cadere in un terreno non fertile e quindi in qualche modo rimanere lì, e morire. Ma è un rischio che dobbiamo correre, il mio io deve correre il rischio di perdere una parte di sé per il noi, perché in quel noi il mio io non potrà che arricchirsi e modificarsi. Realizzare questa mostra è stato, come avete capito, un percorso corale e magnificamente condiviso con tutti. Ci tenevo a ringraziare tutti i ragazzi con le parole che ci hanno offerto, donato; tutti gli artisti straordinari che hanno con assoluta serietà, come dicevo prima, affrontato questa sfida; il Meeting di Rimini che ci ha invitato; Alessandra Vitez, Cecilia Torchiana, tutto l’ufficio Mostre del Meeting che è stato veramente, assolutamente straordinario. Ringrazio chi ha voluto riflettere su questo tema, questo catalogo che raccoglie appunto tutte le parole, tutte le opere, raccoglie anche i nostri testi, ma soprattutto delle magnifiche pagine di padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica e del cardinal José Tolentino de Mendonça, attuale prefetto del Dicastero della cultura, che sarà qui al Meeting domani pomeriggio in un panel alle 17, che hanno arricchito la riflessione sul rapporto, sulla capacità delle parole di cambiare, sulla loro fragilità e sulla loro potenza e dunque noi ringraziamo sinceramente tutti per aver fatto divenire realtà quello che è stato prima un progetto, ma anche un sogno. Grazie.

 

Vitez. Giovanni?

 

Caccamo. allora io vorrei lasciarvi con la mia parola di cambiamento, che dopo settimane di riflessione ho scelto, ormai un anno e mezzo fa, ed è gratitudine. Perché ho scelto la parola gratitudine? Immaginiamo la nostra vita come la plancia di un aereo. In questa plancia ci sono 100 pulsanti. Ogni giorno di questi 100 pulsanti, 94-95 sono verdi, 5-6 sono rossi. Quello che noi istintivamente, umanamente facciamo è svegliarci al mattino e concentrarci su quei 5-6 pulsanti rossi, che sono i problemi più o meno importanti della nostra quotidianità. Sono tutti i “se”, a cui noi però consegniamo le chiavi della nostra emotività; quindi al mattino ci svegliamo, prendiamo un caffè e dopo tre quarti d’ora siamo già arrabbiati e allora mi sono chiesto: ma perché? La pandemia ha spento uno di quei 95 pulsanti verdi che noi non abbiamo mai considerato, cioè la libertà. E improvvisamente ci siamo trovati chiusi in casa a desiderare delle cose che prima erano del tutto scontate, come fare una passeggiata o abbracciare una persona cara. E allora io lì mi sono chiesto: ma perché non ho mai dato il giusto valore a queste azioni che seppur semplici sono così importanti per la mia serenità, per il mio benessere? Allora abbiamo quotidianamente di fronte un bivio, ogni giorno. Concentrarci su ciò che non abbiamo, oppure imparare a dare un valore, a essere grati per ciò che abbiamo. E come lo facciamo? Come attiviamo la gratitudine? Con due esercizi molto semplici, uno al mattino e uno la sera, come l’antibiotico. Quindi quando al mattino prendiamo il caffè e dopo poco siamo già arrabbiati, alt, ci fermiamo, ci prendiamo cinque minuti di serenità, chiudiamo gli occhi e dopo aver dato un nome a quei cinque, sei pulsanti rossi che ci stanno rompendo le scatole, iniziamo a dare un nome ai verdi, a identificarne una decina. Io ho perso papà quando ero piccolo per un cancro, ma mia madre è ancora viva, quindi uno dei pulsanti verdi della mia vita è mia madre; i miei nonni sono un pulsante verde, la mia voce è un pulsante verde, il sole è un pulsante verde, il gelato è un pulsante verdissimo, la mia casa è un pulsante verde, la pace del mio paese è un pulsante verde. Allora, dopo aver identificato una serie di pulsanti verdi inizio a occhi chiusi a spegnerli e a connettermi emotivamente a come mi sentirei se quel pulsante si spegnesse o quando quel pulsante si spegnerà. Spengo mia madre e mi connetto a quel lutto e penserò: come a stavo meglio quando mia madre era ancora viva e potevo farle una chiamata! Spengo i miei nonni, spengo la mia casa, spengo la mia voce. Dopo cinque minuti di questo esercizio, che rasenta la follia, io mi sentirò in collera e potendo schiacciare il pulsante reset alla destra di questa plancia e riportare la plancia come all’inizio, capirò che ho davanti una giornata meravigliosa e che quei cinque o sei pulsanti rossi in fondo non hanno un grande peso e l’unica cosa che devo fare è dire “grazie”. Esercizio numero uno. Esercizio numero due, semplicissimo. Attiviamo la nostra spiritualità spesso e volentieri quando abbiamo bisogno di qualcosa. C’è qualcosa che non riusciamo a gestire, c’è un problema e allora diciamo “ti prego, pensaci tu”. Ma io se fossi dall’altra parte direi “sì, ma tu fino a ora, unni si statu si dice in Sicilia, cioè dove sei stato?”. Allora invertiamo il concetto di spiritualità, da una spiritualità occidentale della richiesta a una spiritualità della gratitudine. Ogni sera quando andiamo a letto, prima di tuffarci nel mondo dei sogni, ripercorriamo le nostre giornate e troviamo almeno dieci fermo-immagine della nostra giornata che l’hanno resa una giornata di luce, una giornata bella, ok? Quindi un tramonto, questo nostro incontro qui, aver visto La forma delle parole frutto di mesi di lavoro, il gelato nella nostra, io insisto, gelateria preferita. Alla fine il regista dei sogni si nutre di quegli scampoli che noi lasciamo prima di addormentarci sul tavolo e quindi se questi scampoli saranno scampoli di gratitudine, di gioia, di luce, i nostri sogni saranno migliori e vivremo meglio. Questa è la cosa che voglio affidare a voi e nel concludere questo mio intervento vorrei citare i dodici artisti del catalogo in ordine alfabetico: naturalmente Francesca Cataldi, Maurizio Cattelan, Mario Ceroli, Emilio Isgrò, Mimmo Jodice, Giulia Napoleone, Mimmo Paladino, Michelangelo Pistoletto, Fabrizio Plessi, Arnaldo Pomodoro, Ferdinando Scianna, Guido Strazza; ringrazio Loredana Menta che è la giovane tipografa che ha pazientemente, diciamo, inciso tutte queste parole; ringrazio i partner perché non li chiamerei partner, li chiamerei mecenati. Oggi abbiamo bisogno di mecenati. Viva la bellezza, viva l’arte e grazie a tutti. Scusate, voi potete donare la vostra parola, anzi dovete consegnarci la vostra parola di cambiamento e potete farlo attraverso un’opera che si trova all’interno della mostra, che si chiama Muro del Cambiamento, che è un muro di parole ispirato al muro del pianto, oppure andando sul sito murodelcambiamento.it. Potete farlo anche adesso o andando in mostra, lo faremo dopo insieme, potrete scrivere la vostra parola di cambiamento che entrerà in questo vento di cambiamento e di futuro.

 

Vitez. Allora, siamo alla fine, quasi, anche io vorrei esprimere la mia gratitudine, un grazie a tutti voi da parte mia, da parte di tutto lo staff del Meeting, perché abbiamo lavorato tutto l’anno con passione e tuttora vediamo fiorire nel percorso della mostra questo lavoro, si accende continuamente il desiderio, la domanda, il cuore davanti a questa bellezza che non finisce e quindi grazie. Poi volevo ringraziare anche Livia Ficoroni, che è qui con noi, collaboratrice di Micol, che ci ha accompagnato nell’allestimento della mostra e non è scontato perché forse Livia era per la prima volta al Meeting e si è trovata dentro un vento turbolento.

 

Forti. Ha anche scritto tutte le schede che accompagnano le opere sul catalogo, con grande cura, ed è una giovanissima storica dell’arte, quindi doppiamente complimenti.

 

Caccamo. Lei fa parte della mia squadra.

 

Vitez. Poi, fra poco, ci potremo tutti dirigere alla mostra e visitarla con i nostri ospiti, quindi goderci la mostra. Vorrei ricordarvi che domani, con Giovanni, Micol e alcuni ragazzi protagonisti del progetto di cui si parlava, avremo tre momenti di showcase in mostra con pianoforte, suonando, leggendo parole. Insomma, tre momenti interessantissimi alle ore 12, alle 16 e alle 18.30. Quindi vi invitiamo a questi momenti insieme a noi. Infine, prima di alzarci, Giovanni, io ti chiedo un regalo. Avrei una richiesta precisa, ma voglio che sia tu a decidere che cosa regalarci dopo questo momento di incontro insieme.

 

Caccamo. Allora chiudiamo il cerchio con questa canzone, Il cambiamento, che ha dato il via a tutto questo cammino:

Fidati del vento
Siamo vele in movimento
Anime presenti
Spazi senza tempo
Nuvole nell’aria
Respiri
Passaggi

Culle di speranza fra timori e pentimento
Flussi di coscienza
Fiori nel cemento
La libertà di scegliere il silenzio
Ci salva
Dai luoghi comuni, dalle scuse, dalla sete
Dalla povertà delle illusioni e dalle offese
Hai sentito quanta fame c’è nell’aria?
Di un cambiamento

Dove siamo rimasti?
Cosa abbiamo perduto?
Nella fretta del tempo
Nel potere del nulla
Il valore di un pianto
Il respiro profondo delle piccole cose
Non saremo distanti dai bisogni del mondo
Perché nessuno si salva da solo
È il momento di trovare un equilibrio
Di affrontare con coraggio il cambiamento la mattina dopo (…)

 

Vitez. Grazie a tutti e adesso possiamo andare in mostra e visitarla con i nostri amici. Padiglione Bologna 1, B1.