L’ESISTENZA UMANA È UN’AMICIZIA INESAURIBILE

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S.E. Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo metropolita di Cagliari e Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana. Introduce Bernhard Scholz, Presidente Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli ETS.

Il Meeting di quest’anno vuole riscoprire l’amicizia, la sua origine, la sua forza creativa, il bene che ne può nascere per tutti. Da sempre l’amicizia è stata considerata come una delle manifestazioni più alte delle relazioni umane, dove la fiducia, il sostegno, l’amore diventano reciproci. Nell’esperienza cristiana la relazione con Dio stesso prende la forma di una “amicizia inesauribile” che ha la vocazione di diventare fermento di relazioni più umane in società sempre più frammentate e di profezia per la pace in un mondo sempre più segnato da violenze e guerre.

Con il sostegno di isybank, TIM e Tracce.

L’ESISTENZA UMANA È UN’AMICIZIA INESAURIBILE

L’ESISTENZA UMANA E’ UN’AMICIZIA INESAURIBILE

 

Lunedì, 21 agosto 2023 ore: 15.00

Auditorium Isybank D3

 

Partecipano:

S.E. Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo metropolita di Cagliari e Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana

 

Modera:

Bernhard Scholz, Presidente Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli ETS.

 

Scholz. Un cordiale Benvenuto ad ognuno di voi e un benvenuto particolare a Sua Eccellenza Monsignor Giuseppe Baturi Acivescovo di Cagliari e Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, e quindi a maggior ragione per i tanti compiti che ha lo ringraziamo per la sua disponibilità a condividere con noi le sue riflessioni sul titolo di questo meeting “L’esistenza umana è un’amicizia inesauribile”. Perché abbiamo scelto questo titolo? Ogni giorno riscontriamo un aumento della solitudine esistenziale di tanti giovani, vediamo un aumento delle conflittualità, una frammentazione delle società civili. La guerra contro l’Ucraina e in tante altre parti del mondo dimostrano un odio, una violenza inaudita, quindi ognuno di noi anche nella sua vita quotidiana, riscontro ogni giorno l’urgenza di relazione vere più durature più capaci di affrontare i problemi della vita e soprattutto più attente al destino dell’altro e al destino proprio. Vogliamo quindi andare alla radice della relazione più nobile, quella dell’amicizia, da dove nasce, che cosa la può generare ri-generare, cosa può renderla forte, appassionata, aperta. E perché possiamo parlare di un’amicizia inesauribile? In certo senso riscopriamo anche l’origine del Meeting che è un’amicizia all’origine ma che si rinnova ad ogni meeting di nuovo. Abbiamo concordato insieme di approfondire tre aspetti di questo titolo, cominciamo con il primo aspetto che riguarda il centro, il verbo essere. In tutte le culture possiamo ritrovare il desiderio dell’amicizia, anche se in forme e accezioni molto diverse, specialmente nelle due grandi culture dell’antichità: quella greca e quella romana. Quanto sia stata alta la stima dell’amicizia lo vediamo in un’affermazione di Aristotele: Nessuno Infatti – dice – sceglierebbe di vivere senza amici anche se avesse tutti gli altri beni. Allo stesso tempo – sottolinea – la volontà dell’amicizia nasce velocemente l’amicizia no. Quindi è un bene altamente desiderabile ma per niente immediato, ragione per la quale l’amicizia viene considerata a una virtù. Dice: Perfetta invece l’amicizia dei buoni e di coloro che sono simili secondo virtù, questi infatti vogliono ugualmente il bene reciproco in quanto buoni e sono buoni per se stessi. E Cicerone, che insieme ad Aristotele ha fatto altre importanti riflessioni sull’amicizia che ci sono arrivate dal mondo antico, ci fa questa affermazione: Mi rendo conto di questo: non può esserci amicizia se non tra virtuosi. Ma il titolo di questo Meeting, che è tratto da un intervento di don Luigi Giussani, dice qualcosa di diverso. L’amicizia non è una relazione che nasce prima di tutto da una nostra virtù radicata nelle nostre capacità ma ci offerta come un dato dell’esistenza stessa. Come è possibile allora dire che la nostra esistenza è un’amicizia?

 

Baturi. Cominciamo da parte mia a dire la gratitudine per essere qui per essere stato invitato, per aver tanta gente disposta ad ascoltarci nel nostro dialogo. Abbiamo scelto la forma dialogata per avvicinarci il più possibile a quello che dovrebbe essere la forma attraverso la quale comprendere un tema così, quello del confronto fra tutti, della condivisione dell’esperienza. Diceva San Bernardo che l’amicizia appartiene all’esperienza, non è un concetto da esplorare semplicemente con le risorse e le evidenze della ragione ma si fonda sull’esperienza, cosicché discutere dell’amicizia ha un senso se riusciamo a leggere in noi la dinamica più profonda della nostra esperienza. Sono qui per una serie di incontri, per delle amicizie, quindi ho incontrato diversi volti amici venendo qui e questo già ci libera dal moralismo cioè dalla tentazione di dettare forme e regole all’amicizia a prescindere dall’esperienza che ne abbiamo. Bisogna invece avere l’umiltà di interrogare l’esperienza e di saperla accogliere, e l’esperienza ci dice che l’amicizia è una di quelle esperienze che tocca le corde più profonde della nostra vita, che dà pace e gioia, ma la delusione nell’amicizia crea un grave turbamento. Possiamo anche dire che possibili contraddizioni e anche la delusione dell’amicizia non mette in discussione il suo ideale, anzi, magari abbiamo accumulato diverse possibili contrarietà e delusioni ma siamo in grado di dire qual è l’ideale di amicizia che ci convince. L’esperienza ci dice che ci sono dei rapporti ci sono delle persone che sporgono rispetto all’orizzonte delle persone che conosciamo, tutti hanno tentato di definire l’amicizia cioè di identificarne l’essenza distinguendola da altre forme di affetto e di amore, perché l’amicizia è una forma di amore, e forse è interessante per noi adesso individuare alcune caratteristiche tipiche che ci permettono di dire lui è un amico, lei è un’amica. Anzitutto l’amica o l’amico ci fa uscire da noi stessi perché ci attrae, ci procura gioia dolcezza pace così che andar verso l’amico uscendo dalla nostra solitudine vincendole già un’esperienza di soddisfazione. Gesù chiama noi amici perché ha condiviso con gli apostoli, e quindi con noi, ciò che sente dal Padre. All’amico si dicono i segreti, cioè si instaura un rapporto di confidenza, per cui si può raccontare di sé senza vergogna, e poi con l’amico si tende ad una comunione di intenti, di affetti volere la stessa cosa e non volere la stessa cosa dicevano già gli antichi. Ma è una comunione che salva l’alterità dell’altro, che non confonde la comunione con l’uniformità, non vuole ridurre l’altro a una mia idea. Nel riconoscere l’alterità – è altro da me – a una sua storia, un suo pensiero siamo amici, tendiamo alla comunione ma non alla unità uniforme. Ma la caratteristica più importante dell’amicizia è che è una forma di amore e di mutua a benevolenza, dicevano gli antichi, cioè la reciprocità, la corrispondenza. Nell’amico l’amore supera la ricerca del proprio interesse e cerca l’interesse dell’altro e così in modo corrispondente. E questa è la grande proposta di Don Giussani che diceva: L’anima segreta di ogni rapporto è amicizia, volere il destino dell’altro, accettare che l’altro voglia il mio destino. Se l’altro riconosce accetta che chi agisce lo fa per il suo destino questo è amicizia. Perché l’amicizia è una reciprocità, una corrispondenza, e questo aiuta a capire perché inesauribile. Dove il contenuto dell’amore, e quindi il fine della risposta non è limitato, non può essere limitato. Se la ragione per cui ci amiamo è limitata non è amicizia, è un interesse, una gratificazione anche emotiva di corrispondenza. Giungeva a dire Don Giussani che la parola amicizia sta vicina alla parola ti adoro, perché davvero adoriamo l’altro, lo amiamo in Dio; e quindi l’amicizia è questo amore compiuto di corrispondenza, di reciprocità. Vorrei chiarire due punti, uno con una citazione di Pavel Florenskij, che aiuta a capire come questa reciprocità aiuta a spalancare il mio affetto a tutti. Ciò che genera l’amicizia è la carità, e la carità fa sì che ogni uomo è prossimo ma non amico. Io devo amare il nemico, Gesù ha perdonato chi lo ha ucciso. Diceva Florenskij: Per vivere tra fratelli bisogna avere un amico, anche lontano. Per poter trattare tutti come se stessi bisogna vedere e sentire sé stessi almeno in uno, bisogna che quest’ultimo percepisca la vittoria già ottenuta sull’autosufficienza e la solitudine. Per poter amare tutti devo avere un punto in cui l’amore diventa corrispondenza, in cui posso leggere la mia vita come un bene, posso sentirmi amato così da desiderare di amare anche l’altro, tutti, come prossimo.

Ma c’è un altro aspetto, e cioè che senza questa tensione a tutti l’amicizia tende a degenerare in ricerca di sé stessi in egoismo, in chiusura. Per amare tutti ho bisogno di vedere il mio vero volto in uno, ma se non amo tutti, se non tendo a generare una realtà più grande, dai confini sconfinati il mio rapporto con quell’uno degenera, degenere in egoismo, in uno specchio narcisistico. Ma perché è inesauribile l’amicizia così come letta da Don Giussani? Perché il fondamento dell’amicizia è la vita in quanto data. Vorrei leggere: se Dio mi dà la vita, se il creatore mi dà l’essere accettare questo e la sostanziale forma dell’amicizia da cui deriva la capacità di stabilire tutti gli altri legami, perché da questo punto di vista tutti gli altri legami sono veri se sono amicizia. La più radicale forme di amicizia è accettare se stessi e la vita come data dal mistero di Dio, se accetto la vita come data da Dio posso perdonarmi posso accogliermi e così desiderare accogliere tutti, invece non accogliersi, rifiutare di accogliere l’esistenza come data dalla mano creatrice di Dio, mi rende rabbioso, rancoroso e alla fine violento. L’amore con il quale uno ama se stesso, diceva San Tommaso, e forme e radice dell’amicizia. Abbiamo Infatti amicizia per gli altri in quanto ci comportiamo con loro come con noi stessi, se accettiamo noi stessi perché i dati da Dio sappiamo offrire questa amicizia a tutti, la possibilità del perdono, la possibilità dell’aiuto, la possibilità del sostegno, di un’intelligenza di cui gli altri possono godere. Allora la vera radice dell’amicizia e accettare sé stessi come dati dal mistero di Dio. Che misericordia! E perché amicizia? Perché Dio chiede solo di essere riconosciuto e accolto, e il primo oggetto da riconoscere e accogliere come segno del suo amore è la mia esistenza. Giussani diceva che da vecchi si impara che vivere è già bene e che l’esistenza è la carità suprema. Chi non riconosce se stesso come fa a non essere violento verso gli altri e pieno di rancore verso tutti? Mi colpisce che in fondo la violenza, questa epidemia, sta avvelenando soprattutto i punti più originali dell’essere uomo, lì dove Impariamo ad essere uomini: la famiglia, il rapporto tra uomo e donna, il rapporto tra madre e figlio e tra padre e figli. Quello che è chiamata ad essere la culla dell’amicizia. in cui impariamo a volerci bene, diventa sempre più luogo di violenza. Perché? Perché c’è come una difficoltà ad accettare la vita come un bene, come data dalla Misericordia di Dio, la prima forma di amicizia.

 

Scholz. Quando abbiamo parlato di questo titolo lei aveva sottolineato molto questo problema nei giovani, che fanno sempre di meno l’esperienza di questo dato della propria vita, con tutte le conseguenze che poi si vedono.

 

Baturi. Siamo esposti ad una tentazione, cioè di pensare che il bene della vita corrisponda alla realizzazione di un progetto che è di là da venire che magari non si realizzerà mai. Oppure dal consenso degli altri, e questa è una forma estrema di alienazione, non riconoscere che la vita è un bene perché data da un mistero, almeno mistero, e cercare la realizzazione di sé o nel consenso degli altri da estorcere in qualche modo, o nella realizzazione di qualche progetto. Questa è un’alienazione perché è come dire che il bene della vita non è adesso non corrisponde col mio esserci, è da realizzare attraverso forme, attraverso progetti, attraverso interessi che possono anche utilizzare gli altri. Quindi questo è un problema, un problema molto grave, ma non si risolve discutendo, si risolve nell’esperienza di un incontro e nel quale come diceva Florenskij io posso leggere me stesso come un bene, e se da questa da questo sguardo buono che mi aiuta a riconoscere la bontà della mia vita nasce un rapporto di mutua benevolenza, un rapporto che ha come contenuto il cammino verso il bene, la verità, quella è amicizia, mi aiuta a scoprire l’amicizia che il segreto contenuto di ogni rapporto.

 

Scholz. Un secondo aspetto che abbiamo condiviso è il fatto che questa esperienza di amicizia trapassa ma su a volta è anche trapassata dalla drammaticità della vita, dai nostri limiti dalle cadute dai tradimenti. I vangeli ci raccontano che i due grandi tradimenti, quello di Giuda e poi quello di San Pietro. Solo che San Pietro, nonostante il suo tradimento o forse a causa di questo tradimento, questa esperienza l’ha portato ad una tale umiltà che è diventato poi custode dell’amicizia di tutti che seguono poi Gesù. E lì l’inesauribilità si dimostra in una maniera umanamente quasi incomprensibile, e quindi l’amicizia ha i suoi momenti di caduta ma rimane inesauribile se fedele a questa origine.

 

Baturi. Le possibili contraddizioni che riscontriamo nell’amicizia, che ci deludono, ci fanno male, e soprattutto nei rapporti più destinati, più dedicati al volersi bene, insomma all’amore. Ma pensiamo al racconto della Genesi. Dio passeggiava come un amico con Adamo, ma quando l’uomo rifiuta Dio si introduce la violenza anche nel rapporto tra uomo e donna, la menzogna e la fatica della violenza. Il punto vero è saper tornare alla sorgente dell’amicizia, ed è il cammino che la Chiesa ci aiuta a fare continuamente. L’amicizia nostra come ultima sorgente e mistero di Dio che in se stesso e amore corrisposto. Diceva Don Giussani che il protagonista del creato e la suprema amicizia, cioè la Trinità. Questo mistero che si riflette nella dinamica della nostra vita e dei nostri affetti, non possiamo non amare, non possiamo non cercare, non desiderare, di essere amati perché siamo tratti, siamo a immagine di Dio, e Dio è questa corrispondenza tra il Padre e il Figlio e nello Spirito. I grandi padri della Chiesa, ricordo Raimondo Lullo che scrive una libro sull’amato e l’amico, dice chiaramente che le amicizie umane sono solo come riflesso dell’amicizia suprema che Dio. L’amicizia è inesauribile perché inesauribile la sua sorgente che il mistero dell’essere come misericordia, che noi non avremmo conosciuto con chiarezza, con certezza, se non si fosse fatto uomo, se non fosse divenuto nostro amico nostro compagno, se Dio non avesse rivelato il suo volto In Gesù di Nazareth. Vorrei leggere questa omelia di Paolo VI per Natale, in un Natale lontano del ’71. Lui, Dio, è venuto in mezzo a noi per farsi conoscere, per farsi afferrare da noi si è fatto nostro fratello, si è fatto uno di noi, si è rivestito di carne umana si è fatto uomo, per venire proprio ad essere nostro amico, nostro collega, nostro compagno per darci confidenza. E’ venuto per offrirci confidenza, la confidenza dell’amicizia. E questa confidenza rende certi che siamo amati, amati al di là del nostro peccato e al di là dei nostri tradimenti. Certo che smarrire questo orizzonte ultimo che è la misericordia di Dio, Il mistero della misericordia di Dio, rende incapaci non di perdonare gli altri ma di perdonare sé stessi, di riconciliare se stessi con la propria storia che è sempre un po’ diversa da come l’avremmo voluta. Ebbene invece Dio in Cristo parla a noi come ad amici, dice concilio, per ammetterci alla comunione con sé. Non è esauribile perché è il volto di Dio, il volto di Cristo che proprio per perdonarci sale in croce. Ecco, l’episodio di Pietro è impressionante, perché come ci ha insegnato Benedetto XVI in una sua udienza sul lago di Tiberiade per due volte chiede a Pietro mi ami, tu usando il verbo agapào, il verbo dell’amore totale, dell’amore di dedizione pronto al sacrificio. E invece le prime due volte Pietro risponde con il verbo philéo, ti voglio bene come ad un amico. Per questo si sente rattristato forse, perché avverte che non può corrispondere a pieno alla richiesta. Con sorpresa però la terza volta e Gesù che cambia il verbo e gli dice: mi vuoi bene? Sì ti voglio bene. E, commentava Benedetto, verrebbe da dire che Gesù sia adeguato a Pietro piuttosto che Pietro a Gesù. Ma questa è l’incarnazione, è Dio che si adegua alla mia possibilità di volergli bene e prende di me tutto ciò che posso. E’ proprio questa adeguamento divino a dare speranza al discepolo che ha conosciuto la sofferenza dell’infedeltà, e da qui nasce una fiducia che lo renderà capace di una sequela fino alla morte. Dando quella confidenza sarà capace di dare la vita. Allora è vero problema è che i nostri fratelli uomini incontrino persone che amino così, che li trattino così, che li possano abbracciare con la stessa Misericordia di Dio, quella Misericordia – diceva Don Giussani – che resta l’ultima parola anche sul tradimento, anche su tutte le brutte possibilità della storia. Noi siamo chiamati ad essere questo abbraccio di misericordia per gli uomini.

 

Scholz. In questo Meeting abbiamo la grande possibilità di ricordarci insieme di persone che hanno vissuto questa amicizia così come da lei descritta. Per esempio Dorothy Day, il beato Hernandez del Venezuela, Takashi Nagai del Giappone, don Puglisi, don Milani, don Giussani stesso. Sono persone che sono diventate per l’amicizia che hanno vissuto fonti di nuova amicizia, che sono allargate. Ma abbiamo anche tante testimonianze di persone che nel presente vivono questa amicizia, e ricordo solo le monache di Azer che sono qui presenti. Abbiamo fatto anche una bellissima mostra che racconta la loro presenza nella Siria distrutta, dove la loro presenza diventa fonte di speranza per tanti. Quindi questa amicizia che si che si allarga che diventa sempre più coinvolgente per tante persone intorno. Qual è l’orizzonte di questa amicizia è inesauribile?

 

Baturi. Il Papà parla di amicizia sociale, un’espressione sorprendente che era stata già usata da Giovanni Paolo II. L’amicizia sociale come tentativo di avvicinare i diversi gruppi sociali per realizzare un’unità a favore degli uomini, per realizzare un bene comune capace soprattutto di includere i più poveri, coloro che più hanno bisogno, che sia dettata da una logica di accoglienza di ospitalità e non di esclusione. Per cui l’amicizia sociale è tesa anche a riconoscere la dignità dell’altro come soggetto di un dialogo, il soggetto di una costruzione sociale. Il punto di partenza è – diceva ancora Florenskij – che in verità l’uomo non sta di fronte alla società come un atomo, come un individuo, diceva Florenskij che l’ultima particella della società non è l’atomo, è la molecola comunitaria, e l’uomo in quanto situato dentro legami di affetto, la famiglia, e padre la madre. Io sono figlio di mio padre di mia madre, fratello dei miei fratelli e poi amico… La società già ci coglie dentro legami di amicizia, Il problema è sviluppare l’amicizia come una forza di produzione, come una capacità di generare un popolo, e questa è la vera sfida, stupenda. Diceva il Papa: serve il desiderio di essere Popolo, serve il desiderio gratuito eppure semplice di essere popolo. Ma cosa fa un popolo? Che cosa costituisce un popolo e fa di un aggregato di persone una realtà unitaria dotata di una sua cultura, di una sua identità per cui diciamo è un popolo? Ecco, durante i mesi del lockdown mi è capitato di incontrare una frase, un’argomentazione molto sviluppata di Sant’Agostino, che dice che ciò che fa di un aggregato di persone un popolo non è né la forza di un ordinamento giuridico né la convergenza degli interessi, che potrebbe anche mancare la convergenza degli interessi, ma è l’esperienza di una associazione nella concorde comunione delle cose che si amano. Ciò che fa un popolo e la concorde comunione delle cose che si amano. Tant’è che, dice Sant’Agostino, la qualità del legame che stringe i consociati dipende dalla qualità di ciò che si ama. E come è possibile che un popolo ami la vita, si prenda cura degli altri, soccorra i poveri se non per una sorta di dilatazione dell’amicizia che lega i familiari, i membri di un’associazione, coloro che si riconoscono membri della Chiesa, di una parrocchia o in una struttura di servizi alla persona? L’amicizia, diceva don Giussani, è sempre capace di generare un popolo, perché da un amore corrisposto nasce sempre qualcosa di umano che è un bene per tutti e che può costituire di questo popolo un saldo fondamento. Ecco, io penso che il vero tema oggi sia questo, rifare l’identità, rinnovare l’identità del nostro popolo, e ciò non è possibile senza una dilatazione di questa concorde comunione delle cose che si amano, che in fondo è l’amicizia. E che permette a noi di dire che amiamo gli uomini che sono nostri fratelli, gli uomini soprattutto più bisognosi, e che per noi cristiani chi è battezzato, anche se viene dall’altra parte del mare, è il nostro fratello. E quello che in fondo auspica il Papa è che la realtà sociale esprima l’anima di un popolo capace di amare così come in una vera amicizia. Questo significa che le nostre amicizie hanno una responsabilità, quella di generare un popolo prendendosi cura del bene di tutti. Come ho visto in Siria, sono stato lì a visitare le comunità cristiane e le opere fatte dall’Avsi e da Pro Terra Sancta dei francescani e ho visto questa dinamica, rapporti di amicizia che diventano casa e dimora per tutti gli uomini che hanno bisogno soprattutto per i più emarginati e più poveri, come una dilatazione della logica di amicizia capace di generare un popolo e un bene per tutti. Questo significa anche politicamente che bisogna fare ogni sforzo perché il popolo, e il popolo italiano, nasca per l’azione concorde di questa esperienza di amicizia. Le parrocchie, le associazioni, le famiglie che insieme mettono su una scuola e le confraternite che si preoccupano del bene e degli infermi o che gestiscono una mensa. Questo fa bene. Giovanni Paolo II parlava della soggettività creativa del cittadino, ecco, l’amicizia sociale può anche significare la volontà di valorizzare al massimo la soggettività creativa delle amicizie che legano gli uomini ad altri uomini e che si assumono responsabilità di far del bene, di creare delle dimore di accoglienza di pensare ad una società in cui l’uomo sia amato, rispettato nella sua dignità. Questa mi sembra una prospettiva bella a cui ci invita il papa, se ho ben compreso il suo intendimento.

 

Scholz. In questa reciprocità c’è anche un aspetto di provocazione dell’altro, perché se io mi rapporto con altri mi fanno conoscere meglio me stesso forse anche i modi che io non mi aspettavo, come io nel rapporto con altro scopo in lui dei beni o dei talenti di cui lui non era neanche cosciente. Quindi questa questo rapporto è un rapporto che ci porta tutti e due alla verità, alla verità della nostra vita.

 

Baturi. Il contenuto vero è inesauribile perché è la ricerca della verità, e la verità non si finirà mai di coglierla, saremo sempre sulla soia e per questo saremo sempre mendicanti. Un’amicizia non vive di un possesso, del possesso dell’altro, del possesso di una immagine della realtà o di una realtà ridotta alla sua immagine, ma continuamente della ricerca della verità e della volontà che l’altro, l’amico, l’amato, cammini verso il suo destino anche a costo un po’ del sacrificio che può essere chiesto ai miei interessi. Ancora una volta inesauribile perché non può essere confinato. Senza questa prospettiva di destino alla fine non è amicizia è convivenza, è ricerca di una corrispondenza così come la cerchiamo guardandoci allo specchio dopo essersi truccati però, e quindi viene riflessa un’immagine già alterata in qualche modo. No, l’amico è un’altra cosa, e questa è un’avventura bella ma, ripeto, non dobbiamo dettare all’amicizia delle regole. Dobbiamo avere la semplicità di ascoltare la nostra esperienza e prendere sul serio la nostra esigenza, e questo può avvenire davvero con ogni uomo. Parlavamo del testamento spirituale di padre Christian, il priore trappista di Tibhirirne che fu ucciso con i suoi frati nel ’96. Dopo il primo avvertimento lui scrisse un testamento, già pensando alla morte dice così: se a Dio piace potrò immergere il mio sguardo in quello del Padre per contemplare con lui i suoi figli dell’Islam così come li vede lui – perché l’amicizia è questo tentativo di guardare gli altri da quell’altro punto di vista – tutti illuminati dalla Gloria del Cristo, frutto della sua passione, investiti del dono dello Spirito la cui gioia segreta sarà sempre di stabilire la comunione giocando con le differenze. E muore dicendo il suo grazie: Di questa vita perduta, totalmente mia e totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per questa gioia. In questo grazie in cui tutto è detto ormai della mia vita includo certamente voi amici di ieri e di oggi e voi amici di qui insieme, a mio padre e a mia madre, e alle mie sorelle ai miei fratelli e al loro centuplo regalato come promesso. E anche a te amico dell’ultimo minuto che non avrai saputo quel che facevi, sì anche per te voglio questo grazie questo addio nel cui volto ti contemplo. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati in Paradiso, se piace a Dio Padre nostro e di tutti. L’amicizia è così comprensiva solo se può dire questo grazie, il grazie di chi riconosce un amore più grande che accoglie tutti e che possa accogliere in me. Senza questa gratitudine non può esserci la gratuità, e quindi non può esserci amicizia.

 

Scholz. Questo testamento è sicuramente una delle testimonianze più belle, drammatiche e belle, dell’amicizia di cui abbiamo parlato, che anche un’amicizia che dà la vita per l’altro. Voglio tornare su un aspetto che emerso in diversi momenti di questo incontro, che la famiglia. In che senso si può dire che la famiglia è anche un luogo di amicizia nel senso di cui abbiamo parlato?

 

Baturi. Nel senso più stretto del termine. San Tommaso distingueva tre o quattro possibilità di amicizie in base al ciò che si condivide, perché l’amicizia è condivisione. Ed enumera anche una amicizia politica nella misura in cui i consociati sanno condividere la costruzione del bene comune. Ma la prima forma è quella della famiglia. Non a caso tra uomo e donna il culmine di gratuità, cioè di corrispondenza, San Tommaso la chiamava amicizia coniugale, in cui il rispetto per l’altro diventa cura, volontà di cura, un prendersi a cuore, un prendersi carico del destino dell’altro. Ed è questa amicizia coniugale il vero grembo in cui nascono i figli, tant’è che lo stesso San Tommaso parlava del rapporto tra marito e moglie come di una sorta di utero spirituale in cui i figli possono crescere. Quindi tutto quello che possiamo dire e trova lì un paradigma fondamentale, ma anche l’amicizia coniugale deve essere salvata dalla percezione di questo mistero che viene sopra, viene continuamente, che il mistero di Dio, il mistero della Trinità che riconosciamo nel volto di Cristo.

 

Scholz. E l’amicizia politica?

 

Baturi. L’amicizia politica è quella che lega i “cives” e quindi i prossimi, non necessariamente quelli uguali ma gli altri, e vive della condivisione del destino della città. E quindi è l’amicizia politica è quella che lega quanti hanno la stessa preoccupazione per i destini della nostra società.

 

Scholz. Il Meeting è nato per l’amicizia fra i popoli e in tutti i suoi 44 anni ci sono stati tanti incontri fra popoli e culture diverse, ma questa diversità spesso viene vissuta come una contraddizione alla verità che ho incontrato, come un ostacolo a vivere quello che più mi sta a cuore. Come è possibile superare questo limite di pensare che la verità mi separa dall’altro e mi rende mi rende difficile incontrarlo, perché io sono già in qualche modo a posto?

 

Baturi. Questa è la violenza, in cui l’io si contrappone al tu. Diceva un grande santo, San Giovanni Crisostomo: Il mio e il tuo, queste fredde parole che introducono nel mondo infinite guerre. E la guerra in fondo nasce dalla contrapposizione tra io e tu, il mio e il tuo, il mio interesse e il tuo, per cui non riconosco dignità a chi non corrisponde ai miei interessi o alla visione che ho del mio interesse. L’amicizia è un’altra cosa, è il desiderio della verità dell’altro e del bene e dell’altro, e questa verità ha come una un test, anzi due. Primo che infinita, non finirò mai di impararla, non finirò mai di coglierne lo splendore; dall’altra parte che è capace di valorizzare ogni frammento di bene che si trova negli altri, e quindi è sempre capace di prossimità e di amicizia perché la verità che desidero è quella verità di un Tu con la t maiuscola, che riguarda me e riguarda l’altro, che splende in me e in qualche modo si lascia intravedere nell’altro. Per questo, questo meeting penso che abbia un grande futuro, perché, in una situazione di guerra come quella che noi conosciamo, la possibilità di un luogo in cui sperimentare un’amicizia che non altera le diversità ma le abbraccia in un’unica volontà di compagnia e di cammino, questa è una pratica di pace di cui abbiamo bisogno, di cui il mondo ha bisogno. Il nostro paradigma ultimo, il nostro esempio ultimo è sulla croce. Cristo è la nostra pace perché ha abbattuto nel suo corpo dato per amore il muro dell’inimicizia. Non dimentichiamo che il muro dell’inimicizia è stato abbattuto nel corpo di Cristo offerto per noi, ecco che l’amicizia è il dono d’amore inesauribile che devo al mio prossimo.

 

Scholz. Quindi il dialogo, l’incontro con culture anche molto diverse, non è qualcosa che si aggiunge faticosamente all’esperienza cristiana ma ne nasce dal di dentro?

 

Baturi. Nella misura in cui ciò che cerco supera ciò che finora conosco e ciò che penso di aver compreso. L’amicizia è possibile solo nella mendicanza o nell’idea del mistero, ciò che è più importante, ciò che ci è più caro e più grande. E sempre più grande ed è sempre da scoprire e ho bisogno degli occhi di tutti, ho bisogno dell’aiuto di tutti, ho bisogno della testimonianza di tutti per poter leggere più in profondità ciò che ho che mi sta a cuore. E tutti diventano importanti, ciascuno secondo ordini diversi e valori diversi, però se non è così c’è qualcosa che non va, è come eliminare il mistero dall’esistenza e dalla vita, e allora ciò che resta è il gioco delle contrapposizioni. Sempre don Giussani diceva che la guerra nasce dall’idolatria, perché l’idolatria assolutizza una parte dell’esperienza e si contrappone all’assolutizzazione che ne fa un altro. E invece ciò che salva da questa idolatria che genera la guerra, che è l’idolatria della razza o del proprio interesse, o della propria volontà di potenza, è il senso religioso come ricerca di un bene comune. Il Papa ad Abu Dhabi ha scritto quel bellissimo manifesto sulla fratellanza umana insieme all’Imam, hanno scritto che l’importanza per la pace è di alimentare il senso religioso tra i giovani, perché solo il senso religioso cioè la mendicanza verso la verità, il mistero, verso un Dio che è tutto e che quindi abbraccia tutti è vero antidoto contro l’estremismo, contro la violenza, contro il potere che sono sempre forme di idolatria, che possono usare la religione ma non ne costituiranno mai l’espressione autentica.

 

Scholz. Rimane sempre difficile comprendere come l’amicizia, che comunque c’è nella società, è vissuta, non è che sia assente, e che esercita una forte attrattiva in tanti, c’è il desiderio di viverla e di incontrarla ma non viene poi lasciata entrare nella nostra vita, viene rifiutata. Come è possibile che una cosa così attraente come l’amicizia, anche la bellezza di una amicizia, possa essere poi rifiutata o manipolata?

 

Baturi. Direi due cose. Innanzitutto perché bisogna poter incontrare un amico la cui attrattiva, il cui fascino, vinca le resistenze mie. Per cui non mi commuove il discorso sull’amicizia ma un amico che mi voglia bene, che si pieghi su di me, Gesù che piange il figlio morto della vedova di Nain, piange l’amico Lazzaro che è morto. Un uomo il cui amore è capace di penetrare nella mia solitudine e aprirla all’altro, perché questo è il vero problema, questa è la vera difficoltà. Rifiutare l’amicizia, costringermi dentro la mia solitudine, mi fa restare al centro dell’attenzione. Sono io al centro, e l’amicizia mi fa uscire da me stesso. E questo non è possibile per un dovere ma solo per una bellezza, che dobbiamo chiedere di poter vivere e di poter offrire ai nostri fratelli.

 

Scholz. Quindi l’attrattiva di una bellezza anche di rapporti che si vivono che si incontrano.

 

Baturi. Nella semplicità di una convivenza, nella semplicità di una fraternità che assuma come contenuto la vita, il lavoro, lo studio, e le vicende familiari, la preoccupazione per i figli. Da una parte questo incontro la cui bellezza mi induce ad aprirmi. dall’altra parte la mia disponibilità a fare qualcosa che non è più naturale, anzi è naturale ma non è spontaneo. Lasciarsi amare. Abbiamo una terribile difficoltà a lasciarci amare e a lasciarci perdonare.

 

Scholz. Perché?

 

Baturi. Perché.

Giuro che solo le prime tre domande erano concordate!

è la difficoltà di Pietro che non vuole lasciarsi lavare i piedi da quel Maestro, che pure l’aveva seguito ma che adesso si piega su di lui e sul suo bisogno. La difficoltà è la tentazione ultima in fondo il peccato ultimo che l’autosufficienza, e cioè è eliminare l’altro e pensare di potersi salvare da sé. Questo resta il mistero della libertà dell’uomo che anche davanti a Dio può dir di no. Ma noi non diciamo di no, raramente lo diciamo, perché solo pochi hanno avuto apparizioni soprannaturali, penso, non so… Lo diciamo a gente che ci vuol bene, che ci vuol davvero bene, che ci vuol lavare i piedi, che chiede un’apertura, una confidenza, una fiducia, che spesso viene negata per paura di perdersi, perché nell’amicizia bisogna un po’ perdersi per ritrovarsi. E quindi accettare di farsi amare. Una volta incontrato una ragazza che diceva che aveva difficoltà a scegliere, non riusciva mai a scegliere perché aveva paura di sbagliare. Chiesi: perché hai paura di sbagliare? Perché non voglio essere perdonata, perché lasciarsi perdonare significa accettare di dipendere da un altro. Invece una buona dipendenza rende più dolce la vita, ed è la verità dell’amicizia: accettare di farsi amare.

 

Scholz. Penso che in questa ultima osservazione siano proprio emerse in profondità tante cose che ci ha detto in questo incontro, e quindi lascerei questa immagine come una sua consegna a noi tutti, e anche vivere l’amicizia come mendicanza mi sembra un suggerimento da prendersi veramente a cuore. Grazie mille.

Ringrazio Sua Eccellenza e ringrazio tutti voi e penso che le sue parole e anche la sua testimonianza siano un grande arricchimento per vivere questo meeting in tutta la ricchezza che vedete, che è nata da tantissime amicizie. Perché il Meeting nasce sempre da tanti amicizie. Grazie e buon Meeting.

 

Data

21 Agosto 2023

Ora

15:00

Edizione

2023

Luogo

Auditorium isybank D3
Categoria
Incontri